Lettura continua della Bibbia. Salmo 68: Il Canto della Montagna (vv. 12-19)

Salmo 68: il Canto della Montagna
Foto di Brigitte Werner da Pixabay

La seconda parte del Salmo 68 è incentrata sulla montagna immaginata come Dimora di Dio: è il Canto della Montagna.

Salmo 68, seconda scena: Il Canto della Montagna (vv. 12-19)

12 Il Signore annuncia una notizia,
grande schiera sono le messaggere di vittoria:
13 «Fuggono, fuggono i re degli eserciti!
Nel campo, presso la casa, ci si divide la preda.
14 Non restate a dormire nei recinti!
Splendono d’argento le ali della colomba,
di riflessi d’oro le sue piume».
15 Quando l’Onnipotente là disperdeva i re,
allora nevicava sul Salmon.
16 Montagna eccelsa è il monte di Basan,
montagna dalle alte cime è il monte di Basan.
17 Perché invidiate, montagne dalle alte cime,
la montagna che Dio ha desiderato per sua dimora?
Il Signore l’abiterà per sempre.
18 I carri di Dio sono miriadi, migliaia gli arcieri:
il Signore è tra loro, sul Sinai, in santità.
19 Sei salito in alto e hai fatto prigionieri –
dagli uomini hai ricevuto tributi
e anche dai ribelli –,
perché là tu dimori, Signore Dio!

Salmo 68: Il Canto della Montagna

Questo difficile brano inizia con un oracolo di speranza: numeroso è l’esercito di Dio, i nemici fuggono e le donne si dividono la preda.

Il v. 14 è uno dei più misteriosi di tutto il salterio, se pur pittoresco: i riflessi splendidi della colomba simboleggiano la vittoria di Israele, non ostante la defezione  di  coloro che sono rimasti nei loro accampamenti (la tribù di Ruben, al tempo di Deborah, non aveva partecipato alla guerra: cfr. Giudici 5,16).

Il passo prosegue con immagini di monti, piuttosto oscure. Lo Zalmon è etimologicamente il “Monte Nero”, quindi un monte che suggerisce un’impressione cupa, su cui spicca la neve. È stata proposta l’identificazione con il Garizim, con il Sion, con l’Ebal, con un monte del Nord dato che tutta l’azione è ambientata in Galilea (vittoria di Deborah). La tempesta teofanica lo rende bianco di neve; maestoso è anche il monte Bashan, nella Transgiordania settentrionale, ma Dio ha scelto un monte più modesto come suo santuario. Questo santuario secondo Ravasi è il monte Tabor, di appena 582 m., caro alla memoria di Deborah e sede di antichissimo culto cananeo.

Nella sua redazione attuale però questo monte è Sion, preferito da Dio ad altri monti più nobili ed elevati per dimorarvi (shekinah = presenza divina) per sempre.

A questo santuario Dio sale (il termine è il verbo tipico del pellegrinaggio a Sion) conducendo prigionieri e portando con sé tributi. Efesini 4,3-10 riferisce questo passo al Cristo e alla sua ascensione, parallela alla sua precedente discesa nell’incarnazione:

«Per questo sta scritto:

Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri,

ha distribuito doni agli uomini.

Ma che significa la parola ascese,

se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?

Colui che discese è lo stesso che anche ascese

al di sopra di tutti i cieli,

per riempire tutte le cose».

Questa citazione paolina corregge il TM e i LXX (“ha ricevuto doni“) in “ha distribuito doni“, forse sulla base di una tradizione manoscritta a noi ignota, forse autonomamente.