Lettura continua della Bibbia. Suppliche comunitarie: Salmo 60

Salmo 60
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Secondo molti critici il Salmo 60 è un’opera composita, costituita da diversi strati:

* l’oracolo su Edom dei vv. 8-10

* la lamentazione dei vv. 3-7 e 11-14, forse di origine unitaria, forse eterogenea, in questo caso composta di due brani, uno del genere della lamentazione nazionale ed uno nato come canto per la riconquista di Edom;  vv. 8-14 sono ripetuti in Sal 108,8-14

* la redazione finale.

I riferimenti storici sarebbero abbastanza precisi: l’accerchiamento di Gerusalemme nella guerra siro-efraimita (734 a.C.), l’assedio di Sennacherib (701 a.C.); la pressione babilonese nei secoli VII.VI a.C., sopratutto l’assedio di Nabucodonosor, che un nucleo ebraico era riuscito a superare per rifugiarsi in Idumea.

Si tratta comunque di un documento pre-esilico, che potrebbe non avere una collocazione storica precisa ma rappresentare un testo liturgico da repertorio per una giornata penitenziale dopo la disfatta. L’oracolo divino, che è il cuore antico del salmo e la sua base teologica, è incastonato al centro della lamentazione. La simbologia militare pervade l’intero salmo.

Salmo 60: Lamentazione (vv. 3-7)

3 Dio, tu ci hai respinti, ci hai messi in rotta,
ti sei sdegnato: ritorna a noi.
4 Hai fatto tremare la terra, l’hai squarciata:
risana le sue crepe, perché essa vacilla.
5 Hai messo a dura prova il tuo popolo,
ci hai fatto bere vino che stordisce.
6 Hai dato un segnale a quelli che ti temono,
perché fuggano lontano dagli archi.
7 Perché siano liberati i tuoi amici,
salvaci con la tua destra e rispondici!

La catastrofe nazionale (la distruzione di Samaria nel 722 a.C., oppure la caduta di Gerusalemme nel 586 a.C., quando era ancora viva l’animosità contro gli edomiti) è descritta come uno sconvolgimento cosmico quasi apocalittico (vv. 4-6). Però oggetto di  questa scena sono i fedeli della comunità di Israele, “chi teme Dio”, i suoi amici (jadid, vv. 6 s.).

Perciò si prega Dio perché li liberi: sono usati tre verbi tipici di liberazione :

  • chalaz = liberare (dall’oppressione)
  • jasha‛ = salvare (dai nemici)
  • ‘anah = rispondere, esaudire.

Salmo 60: l’oracolo su Edom (vv. 8-10)

8 Dio ha parlato nel suo santuario:
«Esulto e divido Sichem,
spartisco la valle di Succot.
9 Mio è Gàlaad, mio è Manasse,
Èfraim è l’elmo del mio capo,
Giuda lo scettro del mio comando.
10 Moab è il catino per lavarmi,
su Edom getterò i miei sandali,
il mio grido di vittoria sulla Filistea!».

Dio parla dal santuario, pronunciando un oracolo che evoca i tempi dell’antica monarchia davidica che dominava sull’intera Palestina e sugli stati vassalli meridionali (Edom, Moab, filistei).

La mappa geografica descrive di fatto le conquiste di Davide, prima il suo dominio su Giuda e Israele e poi le sue vittorie esterne; ma alla base c’è anche il riferimento alla ripartizione della terra di Canaan fra le varie tribù così come è descritta da Giosuè 13-21: Dio stesso divide la terra di Canaan. Le tradizioni antiche di liste di città incoraggiano anche per il futuro.

Dei nove nomi, sei sono israelitici e tre sono stranieri. Sichem è l’antico santuario nel territorio di Efraim, posto fra i due monti della benedizione (Garizim) e della maledizione (Ebal). Sukkot nella Transgiordania apparteneva alla tribù di Gad; Galaad, anch’essa in Transgiordania, era nel territorio di metà della tribù di Manasse. Efraim e Giuda rappresentano il centro e il Nord della Cisgiordania, in quanto tribù-guida del popolo di Israele. Moab (ad oriente del Mar Morto) ed Edom (a sud-ovest del  Mar  Morto) sono i tradizionali nemici, poi vassalli, di Israele, come pure la Filistea, la pianura costiera del Mediterraneo che ha dato il nome alla “Palestina”.

Però questa mappa è movimentata da dettagli pittoreschi: Efraim (v. 9) è cantato come elmo di Dio, cioè suo principale sostegno fra il popolo; Giuda, tribù regale, è lo scettro del comando (mechoqeq: questo termine raro si trova anche nella benedizione di Giacobbe in Gen 49,10). Moab, il vassallo sottomesso, è il bacino in cui il Vincitore si lava i piedi prima del banchetto: l’immagine è forse suggerita dalla ubicazione sul litorale del Mar Morto. Il gettare i sandali sull’altro, nemico sconfitto, sigla il suo atto di sottomissione (equivalente al lasciarsi calpestare dal trionfatore). Il grido di vittoria ‘alaz conclude questo oracolo bellico.

Salmo 60: Supplica (vv. 11-14)

11 Chi mi condurrà alla città fortificata,
chi potrà guidarmi fino al paese di Edom,
12 se non tu, o Dio, che ci hai respinti
e più non esci, o Dio, con le nostre schiere?
13 Nell’oppressione vieni in nostro aiuto,
perché vana è la salvezza dell’uomo.
14 Con Dio noi faremo prodezze,
egli calpesterà i nostri nemici.

Riprende poi la lamentazione, in chiave di speranza: la meta da raggiungere è Edom, una non meglio identificata città for-tificata (’jr mazor). “Vanità è la salvezza dell’uomo“: shaw’, vanità, è la parola usata nel decalogo (Es 20,7; Dt 5,11) per indicare i falsi dei, gli idoli, così come nei profeti (Os 12,12; Ger 18,15; Gioele 2,9). La speranza è da porre solo nel Dio vivente, e non nei surrogati che l’uomo si fabbrica.