Lettura continua della Bibbia. Salmi di fiducia: salmo 16

Salmo 16
Foto di 鹈鹂 夏 da Pixabay

Il salmo 16 è uno tra i più bei salmi di fiducia.

Oltre alle aperture di senso messianico ed escatologico, una grande ragione di interesse per questo salmo è la sua dimensione mistica, che presenta l’amicizia con il Signore e la comunione con lui come la vita stessa dell’uomo.

L’atteggiamento di fiducia pervade tutti i salmi, in alcuni poi diviene tematico: sono i salmi di fiducia e di gratitudine.

1) Salmi di fiducia

In essi predomina l’atteggiamento dell’orante che non chiede un bene partico­lare, ma esprime la semplice fiducia in Dio fonte della sua gioia: salmi 4, 11, 16, 23, 27, 46, 62, 125.

2) Salmi di ringraziamento

I salmi di ringraziamento esprimono la riconoscenza specifica per un dono ricevuto. Sono:

a) Salmi di ringraziamento nazionale: 65 (dopo una siccità), 66, 67 (per il dono delle messi), 118, 124 (per la restaurazione nazionale), 129.

b) Salmi di ringraziamento personale: 9-10, 18, 30 (dopo una malattia) 32, 34, 40, 41 (per la guarigione), 52. 107, 116, 138.

Il salmo 16 è indubbiamente un salmo di fiducia. I critici fanno risalire questo salmo non all’epoca davidica, come indica il titolo, ma all’epoca deuteronomica (VII-VI secolo a.C.) o persino maccabaica (II sec. A.C.: corrente dei chasidìm) oppure alla spiritualità levitica.

Salmo 16: la simbologia

È senza dubbio una preghiera di fiducia. La simbologia che prevale è quella spaziale: il fedele che segue il Signore giunge dalla fossa della morte al sentiero della vita, alla gioia piena che è la comunione con Dio. L’eredità (nachalah) del fedele, come per i leviti (Num 18,20 + Dt 18,1 s.), non è una porzione di terra, ma il Signore stesso (Gios 14,3):  questa è la sua sorte (gôral = ciottolo).

No all’idolatria

I primi quattro versetti sono piuttosto oscuri e frutto di ricostru­zioni testuali, comunque il senso generale è chiaro. Il salmo inizia con una professione di fede:

JHWH, Signore, sei tu il mio bene,

sopra di te non c’è nessuno !” (v. 2)

e con un NO all’idolatria (vv. 3-4), all’invocazione dei nome degli dei, ai sacrifici umani cruenti. Per avere un’idea del ruolo che questi avevano nelle religioni cananee, si pensi che a Sulcis = S. Antioco, antica colonia punica (i cananei, come i cartaginesi, erano di etnia fenicia), sono state trovate ben 4.000 urne cinerarie di  bambini immolati al dio Molok. È Dio invece l’eredità del credente, lo consiglia e lo guida, lo sorregge, lo fa esultare in sicurezza (vv. 5-9).

La vittoria della vita

L’apice del salmo è la certezza che l’essere dell’uomo, la nefesh, non cadrà nelle fauci della morte, ma imboccherà il sentiero della vita, godrà davanti al volto di Dio, starà alla Sua destra. Secondo l’interpretazione più restrittiva, tutto questo è una metafora per indicare l’allontanamento del pericolo di morte da cui il fedele è scampato: sullo sfondo vi si legge comunque la fiducia in una comunione piena con Dio, in un futuro di cui non si vede la fine (“per sempre”, v. 11).

Secondo una lettura “immortalista” e messianica, radicata nei LXX che hanno tradotto shachat = fossa con diaphtorà = corruzione,  la fede del salmista è volta alla liberazione dalla corruzione della morte, quindi alla resurrezione. Atti 2,22-35 e 13,14-23 presentano la predicazione di Pietro e di Paolo basate sull’applicazione di Sal 16,10 alla resurrezione di Gesù di  Nazareth. 

Tuttavia,  il giudaismo  non  ha  mai  interpretato  queste  parole  applicandole  al Messia, ma solo al credente che spera in Dio. Originariamente vi è solo un’intuizione mistica di attesa della vita piena come comunione con Dio, intuizione che attende altri momenti storici, altre pagine bibliche per prendere contorni precisi.