Dal Salmo 101 al 110 (e poi dal 139 al 145) abbiamo un’altra piccola collezione interna al Salterio, il Secondo Salterio Davidico, in quanto si tratta di salmi tutti attribuiti al re Davide. Col Salmo 106, però, termina il IV Libro dei Salmi, perciò ci fermeremo qui, facendo lettura del Salmo 104.
Il Salmo 104: un inno cosmico
Questo «Cantico delle creature» francescano ante litteram presenta tali analogie con il libro di Giobbe e con Genesi 1 da suggerirne un’origine post-esilica; molti critici però sostengono una datazione pre-esilica, per la sua connessione anche con l’antica sapienza.
È evidente il simbolismo cosmico, spazio-temporale, seguendo la trama verticale tripartita cielo / terra / abisso e la trama orizzontale rappresentata da tutte le creature terrestri. La cosmologia è quella tipicamente semitica; tutta questa ricchezza è al servizio dell’uomo, con il suo vino, il suo olio, il suo pane che sono il fondamento della vita del contadino palestinese e della sua gioia di vivere.
Gli animali
Anche gli animali selvatici più rari, che vivono ai margini del mondo dell’uomo, sono “ospiti” di Dio, saziati e allietati dalla sua bontà: la cicogna, chiamata in tutta l’antichità avis pia o pietaticultrix per la cura particolare che mostra per i piccoli (Aristotele, Plinio ne parlano; in ebraico il nome della cicogna, chasidah = la pia viene dalla radice chesed = misericordia); i camosci e gli iraci; nel mare il Leviatan, non più mostro mitico ma creatura giocosa.
Dio gioca con il Leviatan
25 Ecco il mare spazioso e vasto:
là rettili e pesci senza numero,
animali piccoli e grandi;
26 lo solcano le navi
e il Leviatàn che tu hai plasmato
per giocare con lui.
Quest’ultima immagine esprime efficacemente come la creazione sia un atto gioioso, un gioco, una danza festosa. R. Jehuda diceva:
«II Signore si consacra a quattro impegni durante la sua giornata:
il primo quarto lo passa contemplando la sua torah;
il secondo quarto a giudicare il mondo;
il terzo quarto a nutrire le sue creature
e il quarto a divertirsi col Leviatan» (Aboda Zara’ 3b).
Lo spirito di Dio
La forza con cui Dio sostiene il creato è la Ruach, lo spirito, il respiro di Dio che dà essere e vita ad ogni cosa.
Dio manda il suo spirito e crea (bara’) gli esseri viventi, se lo ritira essi scompaiono: così rinnova la vita sulla terra.
Questo versetto è stato riferito alla resurrezione finale, ma nella Volgata è divenuto testo dell’azione dello Spirito Santo nei redenti: Emitte Spiritum tuum et creabuntur, et renovabis faciem terrae.
L’ultima strofa infine sposta l’attenzione sulla lode che a Dio viene dall’uomo.