La solennità del Sacro Cuore chiude di fatto il ciclo delle feste mobili legate alla Pasqua.
La liturgia ha offerto, nelle domeniche precedenti, le solennità della SS. Trinità, fonte di ogni essere e di ogni vita, del Corpus Domini, fonte e culmine della vita cristiana; e adesso, nel venerdì successivo, una solennità che non è festa di precetto ma che è ugualmente importante.
Anche la liturgia, in qualche modo, si aggiorna e si arricchisce rispondendo alle sensibilità del tempo: tanto che questa devozione è relativamente recente nella storia del cristianesimo, risalendo appena al 1673, alla rivelazione ricevuta da S. Maria Margherita Alacoque, da cui nacque anche la pratica, diffusissima ai miei tempi, dei primi 9 venerdì del mese, giorni in cui si faceva la comunione – quando comunicarsi era raro, persino la domenica: potevano esservi Messe festive molto frequentate in cui nessuno si accostava alla balaustra per fare la comunione, e l’unico che si comunicava era il sacerdote celebrante.
Era invece diffusa la pratica di fare la comunione il primo venerdì del mese. Ricordo che dovetti interrompere tale pratica il primo venerdì di febbraio del 1956, quando una nevicata favolosa (era la prima volta che vedevo la neve) bloccò Livorno per una settimana, si diffuse in tutta Italia. La morsa del gelo durò fino al 20 febbraio, con temperature di – 22 a Torino, – 11 a Firenze e – 6 a Roma. Ma sto divagando.
Fu Pio IX ad universalizzare la festa del Sacro Cuore nel 1856, e la devozione si sviluppò e prese campo in tutta la Chiesa. Le rivelazioni private non accrescono il depositum fidei, possono solo aiutare a meglio comprenderlo ed incarnarlo nella vita. Siamo di fronte ad uno di questi casi: incentrare l’attenzione sul Sacro Cuore del Signore risponde ad un’esigenza di misericordia che i tempi, ormai maturi per una progressiva scristianizzazione, esprimevano chiaramente. Oggi penso che questa funzione possa essere svolta dall’immagine di Gesù misericordioso basata sulla rivelazione a Santa Faustina Kowalska, e soprattutto dall’insistenza di papa Francesco sul tema della Misericordia.
Ovviamente, queste forme di devozione, buone e sante, non possono sostituire la frequentazione della S. Scrittura e dei Sacramenti. Come scrisse Dante, «Avete il nuovo e ’l vecchio testamento e ’l pastor della chiesa che vi guida. Questo vi basti a vostro salvamento» (Paradiso V, 76 ss.). Tuttavia, anche l’esperienza del popolo di Dio e la S. Scrittura ci fanno per prime toccare con mano «quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità» del «conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,18-19), e, ancor prima, la tenerezza delle viscere di misericordia (rachamim) del Dio di Israele.
San Bonaventura
San Bonaventura, teologo e mistico, scriveva a proposito del Cuore del Trafitto (Opusc. 3, Il legno della vita, 29-30.47):
Sorgi, dunque, o anima amica di Cristo. Sii come colomba «che pone il suo nido nelle pareti di una gola profonda» (Ger 48, 28). Come «il passero che ha trovato la sua dimora» (Sal 83, 4), non cessare di vegliare in questo santuario. Ivi, come tortora, nascondi i tuoi piccoli, nati da un casto amore. Ivi accosta la bocca per attingere le acque dalle sorgenti del Salvatore (cfr. Is 12, 3).
Da qui infatti scaturisce la sorgente che scende dal centro del paradiso, la quale, divisa in quattro fiumi (cfr. Gn 2, 10) e, infine, diffusa nei cuori che ardono di amore, feconda ed irriga tutta la terra. Corri a questa fonte di vita e di luce con vivo desiderio, chiunque tu sia, o anima consacrata a Dio, e con l’intima forza del cuore grida a lui:
«O ineffabile bellezza del Dio eccelso, o splendore purissimo di luce eterna! Tu sei vita che vivifica ogni vita, luce che illumina ogni luce e che conserva nell’eterno splendore i multiformi luminari che brillano davanti al trono della tua divinità fin dalla prima aurora. O eterno e inaccessibile, splendido e dolce fluire di fonte nascosta agli occhi di tutti i mortali! La tua profondità è senza fine, la tua altezza senza termine, la tua ampiezza è infinita, la tua purezza imperturbabile! Da te scaturisce il fiume “che rallegra la città di Dio” (Sal 45, 5), perché “in mezzo ai canti di una moltitudine in festa” (Sal 41, 5) possiamo cantare cantici di lode, dimostrando, con la testimonianza dell’esperienza, che “in te è la sorgente della vita e alla tua luce vediamo la luce” (Sal 35, 10)».
La devozione al Sacro Cuore di Gesù
I primi impulsi alla devozione del Sacro Cuore di Gesù vengono dalla mistica tedesca tardo medievale, ma la grande fioritura della devozione si ebbe nel XVII secolo, prima ad opera di Giovanni Eudes (1601- 1680), poi per le rivelazioni private di Margherita Maria Alacoque (1647-1690), divulgate da Claude La Colombière e dai suoi confratelli della Compagnia di Gesù.
La B. Maria del Divin Cuore, contessa Droste zu Vischering, dotata di doni mistici, ispirò il Papa Leone XIII a promulgare l’enciclica Annum Sacrum, con cui si effettuava la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù. Importanti encicliche nello sviluppo della devozione al Sacro Cuore sono inoltre Miserentissimus Redemptor (Pio XI) e Haurietis Aquas (Pio XII).
Legata alla devozione al Sacro Cuore è la pratica dei «Primi nove venerdì del mese», nata in seguito alla promessa di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque di assicurare la perseveranza finale per chi si fosse comunicato, in stato di grazia, il primo venerdì di nove mesi consecutivi, in riparazione dei peccati commessi contro il Sacro Cuore di Gesù. La festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia nel 1672 e divenne universale per tutta la Chiesa cattolica solo nel 1856; se il Corpus Domini si festeggia di domenica, la solennità del Sacro Cuore è fissata al primo venerdì immediatamente successivo ad essa.
Sono oltre 100 le principali congregazioni maschili e femminili ispirate al culto del Sacro Cuore; tra queste, le Minime Suore del S. Cuore.
La Fondatrice delle Minime del S. Cuore Madre Margherita Caiani
Maria Anna Rosa Caiani, detta Marianna, nacque il 2 novembre 1863 a Poggio a Caiano, terza di cinque fratelli. Il fratello più piccolo, Gustavo, rimase infermo in seguito alla frattura di un’anca e fu proprio Marianna a consolarlo ed accudirlo fino alla morte che avvenne quando Gustavo aveva solo 11 anni. Marianna, allora sedicenne, da quel momento iniziò a occuparsi dei malati del paese. Qualche anno dopo, nel 1884, la morte improvvisa del babbo Jacopo spinse Marianna ad aiutare il fratello Osea in una bottega di tabacchi. Appena sei anni dopo morì anche la mamma Luisa e Marianna si ritrovò sola perché i fratelli erano già tutti sposati.
Proprio in questa improvvisa solitudine, Marianna iniziò un lungo cammino che la portò a donarsi completamente a Dio e agli altri. Un’esperienza nel Monastero delle Benedettine di Pistoia le permise di scoprire di non essere fatta per la clausura. Tornò quindi a Poggio a Caiano e con due giovani iniziò a condurre vita comune e a dedicarsi in parrocchia a diverse opere di carità (istruzione dei bambini, visita ai malati): il suo posto era in mezzo alla gente tra i più piccoli e poveri. Tale era la sua concretezza, che quando in paese i barrocciai dovevano affrontare la salita del Poggio, Marianna usciva e li aiutava a spingere il barroccio. Il 15 dicembre del 1902 a Marianna si erano associate cinque ragazze e insieme decisero di vestire l’abito religioso. Da allora Marianna divenne Suor Maria Margherita del Sacro Cuore e fondò l’Istituto delle Minime Suore del Sacro Cuore.
Madre Caiani morì a 58 anni, l’8 agosto del 1921, a Firenze, ma il suo ricordo e i suoi insegnamenti vivono ancora oggi. È stata beatificata da Giovanni Paolo II nel 1989.