
La giustizia, nel libro di Rut, viene ottenuta andando oltre i confini della norma. In un certo senso, si potrebbe dire che quello di Rut è un libro “sovversivo”. Rut ottiene la giustizia che cerca compiendo una mossa azzardata, avvicinandosi furtivamente a Booz di notte e sdraiandosi accanto a lui, in modo comunque provocante.
Inizialmente, l’interesse di Boaz è limitato ad aiutare Rut a spigolare e ad assicurarsi che non sia molestata (2,14-16). Solo quando Ruth fa la sua mossa dotata di sfumature erotiche si fa veramente attento alla sorte di Rut e Noemi. La sua inerzia viene a cessare solo dopo l’azione spinta di Rut.
Il libro di Rut trascende i confini di statuti e costumi per orientare la giustizia come dovrebbe essere attuata. L’attenzione è rivolta non all’osservanza di una norma ma alle parti realmente sofferenti e alla giustizia riparatrice che deve portare loro sollievo.
Oltre la legge per attuare la legge
Le leggi codificano i casi della vita, ma non possono contenerla né esprimerla tutta. La legge cerca di calare la molteplicità delle azioni umane in un insieme delimitato di tipologie. Cerca di organizzare il comportamento umano elaborando risultati prevedibili. Riduce quindi la complessità delle azioni umane adattandole a modelli e principi. La legge aspira al prevedibile, agli esiti attesi, ai casi noti. Le narrazioni, come quella del libro di Rut, invece, svelano il lato disordinato e inatteso della vita, le emozioni che lo accompagnano e le reali problematiche morali, cercando di aprire prospettive più ampie e complesse sulla natura umana.
Per questa sua natura, la narrazione può offrire un diverso modello di giustizia distinto dal paradigma di giustizia offerto dal diritto formale. Può andare oltre i percorsi prefissati della legge per trovare un rimedio migliore a un problema legale. La narrazione permette una rappresentazione della giustizia come dovrebbe essere, andando oltre quella che è realmente.
Rut: un libro sovversivo
Il libro di Ruth ci consegna una serie di messaggi che appaiono sovversivi, con il ribaltamento o l’inversione di diversi importanti insegnamenti biblici. Il più ovvio appare in Deuteronomio 23,4-7:
«Nessun Ammonita o Moabita sarà ammesso nella congregazione di YHWH; nessuno dei loro discendenti, neppure alla decima generazione, sarà mai ammesso nella congregazione di YHWH, perché non vi sono venuti incontro con cibo e acqua durante il vostro viaggio dopo che avete lasciato l’Egitto, . . . Non ti preoccuperai mai del loro benessere o del loro beneficio finché vivi».
Eppure, nonostante questo divieto, il giudeo Booz sposa la moabita Rut e insieme danno alla luce colui che sarà il nonno del re Davide (Rut 4,18-22).
I tentativi testuali talmudici di eliminare la contraddizione interpretando la proscrizione del Deuteronomio come applicabile esclusivamente ai maschi (vedere Ruth Rabbah 2.9; Pesikta de Rav Kahana, Nachamu 16.1) risultano impossibili da accettare.
Altri testi cercano di trovare una soluzione considerando Rut una convertita, risolvendo il problema dei matrimoni misti, ma mascherano la sua ineleggibilità come sposa a causa delle sue origini moabite.
Levirato o non levirato?
Booz introduce la sua proposta di matrimonio con un linguaggio che riecheggia le leggi del Levirato ma che non è giustificabile dalle norme in materia, essendo egli non il fratello ma un semplice parente di Rut; oltre tutto, il figlio di Booz e Rut è considerato figlio di Booz, e non del defunto che secondo la legge sul levirato avrebbe dovuto avere una discendenza proprio da colui che sposa la sua vedova. L’allusione alla situazione del levirato è probabilmente solo un espediente letterario per giustificare, per motivi umanitari, una rottura con la tradizione, una particolare legge della Torah in questo caso.