Viaggio nella Bibbia. Rut: primo atto. Il ritorno

Rut: Primo atto
Noemi e le nuore. Di Henry Nelson O’Neil (1817-1880) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=92141899

A causa di una carestia, la famiglia di Elimelech si era allontanata da Betlemme, “Casa del Pane” (tanto significa questo nome), per avventurarsi in una terra in cui avrebbe trovato solo la sterilità. Adesso è la stagione della mietitura dell’orzo, il pane dei poveri, e Noemi con Rut, due donne vedove e prive di figli, fanno ritorno a Betlemme. O meglio: per Noemi, l’anziana, è un ritorno fisico, perché di là era partita; per Rut è una specie di ritorno spirituale, perché la giovane donna non era mai stata a Betlemme, me è come se fosse la sua casa natale che l’attende per accoglierla tra braccia materne. A Betlemme, infatti, la carestia è finita. Per Rut si apre il primo atto della storia del suo “ritorno”.

Rut: primo atto. Il ritorno

Il primo atto della storia si svolge nella terra di Moab con un dialogo, in cui Noemi parla alle sue due nuore moabite, esortandole donne ed a ricominciare lì la loro vita:

«Tornate ciascuna a casa di sua madre. Il Signore sia benevolo con voi, come voi avete trattato i morti e me! Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare sicurezza nella casa di un marito!» E le baciò per salutarle… (1,8-9).

All’insegna dello chesed di Dio

Da evidenziare la parola chesed che potrebbe essere tradotta anche con “gentilezza” ma significa benevolenza. Questo termine, che contraddistingue gli atti di amorevolezza che Dio compie per Israele e gli Israeliti nel contesto del vincolo di alleanza, si trova abbondantemente nei salmi, e scandisce anche la storia di Davide, il quale diviene capace di benevolenza nei confronti degli uomini perché ha sperimentato la benevolenza nei suoi confronti da parte di Dio. A monte della storia di Davide, la sua trisavola Noemi ha colto questa nota di benevolenza fra Dio e gli uomini e fra l’uomo e gli altri… Non sembra data la drammaticità della situazione, ma al centro di questa storia sta lo chesed di Dio che si manifesta attraverso lo chesed reciproco delle persone.

Orpah cede, bacia Noemi e prosegue per la sua strada, ma Rut si aggrappa a lei.

Un Dio misterioso dietro la storia

Noemi tenta di nuovo di convincere Rut, questa volta invocando il fatto che hanno dèi diversi:

Allora lei disse: «Ecco, tua cognata è tornata al suo popolo e ai suoi dèi. Va’ e segui tua cognata» (1,15).

Il desiderio di Rut di restare con la suocera e di svolgere il ruolo di figlia include l’accettazione della sua patria, della sua gente e, in modo significativo, del suo Dio:

Ma Rut rispose: «Non insistere perché ti lasci, torni indietro e non ti segua. Perché dovunque andrai tu, andrò anch’io; dove alloggerai tu, alloggerò anch’io; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io, e là sarò sepolta. Così e peggio mi faccia YHWH, se altra cosa che la morte mi separerà da te» (1,16-17).

Noemi crede che sarebbe più sicuro per Rut se la lasciasse, dato che apparentemente il Signore ce l’ha con Noemi, mentre Rut insiste di voler assumere YHWH come suo Dio e condividere il destino di Noemi, qualunque esso sia.

Una volta arrivati ​​a Betlemme, i vicini rimangono sconvolti dalla situazione di Noemi, portandola a riflettere con loro sulla sua sfortuna morale e sul ruolo divino in tutto questo.

«Non chiamatemi Noemi [Piacevole]», rispose. «Chiamatemi Mara [“Amara”], perché Shaddai ha reso la mia sorte molto amara. Io me ne sono andata piena, e YHWH mi ha ricondotta vuota. Come potete chiamarmi Noemi, quando YHWH mi ha trattato duramente, quando Shaddai ha portato la sventura su di me?» (1,20-21).

C’è qualche recriminazione implicita contro Dio qui? Forse, ma c’è anche il riconoscimento che se Dio è la fonte di tutte le cose, allora deve in qualche modo essere responsabile delle vicende di Noemi, ma per ragioni che potremmo non essere in grado di comprendere.