
Nel libro di Ruth entrano in gioco tre istituzioni legali: eredità, riscatto e levirato. La narrazione rimodella queste istituzioni perché il suo obiettivo finale è la giustizia come dovrebbe essere, la protezione e il riscatto di due vedove.
Rut e la giustizia: L’eredità femminile
Noemi è presentata come avente un titolo limitato sulla terra del marito (Rut 4,3), e questo non è contestato da nessuno. Ciò contraddice la legge di Numeri 27,8-11, che stabilisce che il parente maschio più prossimo erediti e implica che la vedova venga esclusa. È possibile che la narrazione del libro di Rut rifletta dei cambiamenti nelle leggi sull’eredità, per cui una vedova non ne sarebbe stata esclusa e avrebbe ricevuto almeno una parte del patrimonio del marito.
Ulteriori prove dell’eredità delle vedove si trovano nel libro di Giuditta, la cui protagonista, una giovane vedova, è descritta come molto ricca. Inoltre, l’archivio legale di Babatha contiene documenti risalenti al 93 -132 d.C. in cui una donna ebrea benestante residente ad En Gedi presenta molte cause legali per il controllo del patrimonio del marito. Si tratta di una raccolta di 35 papiri contenenti atti giudiziari e contratti in greco, nabateo ed aramaico.
Poiché la narrazione presenta Noemi come avente un pur limitato titolo sulla terra, ella può usarlo per ottenere sicurezza finanziaria sfruttando l’istituto del riscatto, di esercitare il quale Booz e il parente più prossimo (Go’el) si contendono il diritto. Occorre, infatti, un go’el perché la vedova possa ottenere giustizia.
Riscatto: la proprietà spetta alla vedova
L’istituzione del riscatto prevedeva che il parente maschio più prossimo agisse per conto di una persona che si trovava in circostanze economiche sventurate. Aveva la responsabilità di reclamare la terra venduta da un membro della sua famiglia (Lev 25,25; Ger 32,7-8) e di riscattare la libertà di un parente venduto come schiavo (Lev 25,47-49). In entrambi i casi, non otteneva lui la proprietà della terra, ma era il parente per conto del quale operava ad ottenerla.
Se il racconto del libro di Ruth avesse seguito la legge di Numeri 27, il parente più prossimo o Booz avrebbe ereditato la proprietà (perché la vedova non la avrebbe ereditata). Tuttavia, secondo il modello di giustizia offerto dalla narrazione, il parente più prossimo o Booz deve fungere da ricattatore o go’el, non da erede. La proprietà non apparterrà loro. Un passo avanti rispetto alle convenzioni sociali precedenti. Del resto, il diritto femminile all’eredità era già stato legiferato nel libro dei Numeri (QUI e QUI).
La legge del Levirato (Yibbum)
La narrazione cerca anche di rimodellare la legge dello yibbum o matrimonio per levirato (dal latino levir , che significa “fratello del marito”), che stabilisce che il fratello del marito morto senza figli, secondo Deuteronomio 25,5-10 (o in modo del tutto anomalo persino il padre del defunto, secondo Genesi 38), ne sposi la vedova, suscitandogli legalmente una discendenza. Se nel libro di Rut il levirato avesse seguito queste regole, Rut e Noemi non avrebbero avuto un avvenire, non avendo cognati in vita. Ma la narrazione interconnette le istituzioni di eredità, riscatto e levirato in modo che una vedova (Noemi) detenga il titolo della terra e un go’el riscatti la terra per lei e sposi la vedova in età fertile (Rut).
La narrazione ha creato una situazione in cui il levirato non si applica a norma di legge, ma in cui secondo giustizia dovrebbe applicarsi. Nel caso di una vedova senza cognati in vita, il matrimonio per levirato dovrebbe avvenire con parenti più lontani perché il levirato è la soluzione che meglio fornisce sicurezza alle vedove. Anche se a quanto pare, nella realtà, gli uomini sono esitanti e vedono solo il danno che ciò causerà alle loro proprietà che dovranno spartire con l’erede del parente defunto.
L’unico uomo che fa eccezione non è il parente più prossimo di Noemi, di cui non si viene a conoscere neppure il nome, bensì il parente più lontano, Booz. Tra l’altro, mentre la ragione addotta per il levirato è “per perpetuare il nome di un uomo”, la linea di discendenza in 4,18-22 menziona Booz, non il defunto marito di Rut, Maclon.
Giustizia è fatta
Il libro si conclude con il completo riscatto di Noemi, che viene riportata alla posizione di cui godeva all’inizio della narrazione: è ritratta come la madre, anche se è la nonna. Il coro di donne che aveva deplorato la sua posizione tragica ora conferma la sua nuova buona sorte. Le donne celebrano la nascita e, insolitamente, danno loro un nome al bambino (Rut 4,14-17). Noemi ha perso i suoi figli, ma le donne proclamano che Rut è per lei meglio di sette figli. Il nipote stesso è definito un redentore (4,14), la persona che Noemi stava cercando per tutta la storia, ed è chiamato משיב נפש, “colui che riporta in vita” (4,15).