La Bibbia dall’ABC. A immagine di Dio: un riflesso della sua regalità nel mondo

Icona basata sui mosaici di Monreale.
La somiglianza “fisica” è solo un simbolo di una somiglianza più profonda

L’adam è un riflesso della regalità di Dio nel mondo. Stabilito che l’immagine (tzelem) è la copia di un originale, e che quindi l’adam (ogni essere umano, l’umanità) è in un qualche senso esemplato da Dio, cerchiamo di capire quale possa essere questo senso; poi ci chiederemo quali ne siano le implicazioni morali.

Le creature scala al Creatore

Foto di homecare119 da Pixabay 

Quel che di Dio è presente nel cosmo in cui vivo, lo intuisco dalla grandezza e bellezza del Creato. È la Rivelazione naturale, il grande libro della natura aperto e offerto a tutti.  Sono le tracce del Creatore, visibili nelle creature, che ci indirizzano a risalire al Creatore di tanta bellezza, potenza e magnificenza. Come scrisse San Bonaventura da Bagnoregio di quell’amante del Creato che fu San Francesco di Assisi:

«Per trarre da ogni cosa incitamento ad amare Dio, esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da quello spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere. Contemplava, nelle cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto. Di tutte le cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile» (Fonti Francescane 1162).

È stupenda l’immagine bonaventuriana delle creature come scala per arrivare al Creatore. Tutto, insomma, rimanda a Dio. L’essere umano ancora di più; perché, ci dice la Bibbia, nell’adam c’è una marcia in più: c’è una relazione speciale che rinvia a Dio. Quale?

Dobbiamo, innanzi tutto, considerare il contesto biblico. In quali passi compare il concetto di adam creato ad immagine di Dio? Non sono molti: Gn 1,26-27; 5,1.3; 9,6; Sal 8; Sir 17,1-3; Sap 2,23. Il contesto è quello della signoria sulle altre creature.

Riflesso della regalità di Dio nel mondo

Foto di Dorothe da Pixabay 

Partiamo dai passi di Genesi. Una lunga tradizione interpretativa individua nei termini in essi presenti, immagine e somiglianza, una qualità costitutiva dell’uomo che lo distingua dagli animali: l’anima, l’anima immortale, la parola, l’intelligenza, la ragione (interpretazione sostanziale od ontologica). Dato il contesto in cui essi vengono usati si tratta, invece, di una connotazione relazionale, e consiste nel modo di stare-nel-mondo: l’essere umano, immagine di Dio, ne riverbera nel cosmo la signoria. Kâbash e râdâh, le azioni dell’adam, assoggettare e dominare, non esprimono solo il mettere qualcuno sotto i piedi, ma anche il prendere pacificamente possesso ed esercitare una guida benevola: l’azione paterna del sovrano dell’antichità verso i sudditi.

In altre parole, Gn 1,26 ss. ci dice che l’essere umano sta nel mondo, alla sommità della lunga scala degli esseri, come lucido specchio, riflesso vivo di Colui che tutti ha creato e che di tutti è il Signore, ma che ha scelto di agire nel mondo per interposta persona.  

Salmo 8:

«Tutto hai posto sotto i suoi piedi»

Infatti, Dio ha attribuito la custodia di questo pacifico e ordinato sviluppo del creato all’adam-umanità, affinché domini «sui pesci del mare / e sugli uccelli del cielo / e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gn 1,28). Sal 8,5-7, come del resto Gn 1,27, completa il quadro, altrimenti un fondamentalista alla rovescia potrebbe dire che il dominio umano non si estende sui mammiferi terrestri:

  «Che cosa è l’enosh perché tu te ne ricordi

e il benadam perché te ne curi?

  Eppure lo hai fatto poco inferiore a elohim,

di gloria e di onore lo hai coronato:

  gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto sotto i suoi piedi;

  tutti i greggi e gli armenti,

tutte le bestie della campagna;

  gli uccelli del cielo e i pesci del mare,

che percorrono le vie del mare».

I vocaboli evidenziati assumono nel contesto un particolare significato. L’essere umano, sulla cui dignità l’autore si interroga e riflette, viene designato con termini che ne sottolineano apertamente la fragilità creaturale: enosh, il mortale, e benadam, il figlio del terreno, poiché adam / umanità è collegato ad adamah / terra. Eppure – questa è la stupita riflessione dell’autore – questo essere mortalmente malato, fatto di terra, è stato costituito di poco inferiore agli angeli, o addirittura a Dio (entrambe le traduzioni sono possibili). Le opere perfette delle mani di Dio sono da Lui poste sotto gli umili piedi dell’uomo. In questo nostro vile mondo fatto di materia, è il più simile e il più vicino a Dio, che lo ha posto a capo delle altre creature che tale mondo compongono, di quella che papa Francesco chiama la Casa comune.

Lo hai fatto poco meno di Dio. Nella gerarchia degli esseri, in questo creato materiale, l’adam è il vertice, di poco inferiore a Dio, a condividere gloria e onore. Le creature appartengono a Dio, ma Egli le ha poste nelle mani dell’adam. All’adam è consegnata la responsabilità di governare e portare a buon fine le altre creature. Come un buon padre di famiglia, non come un tiranno. In questo è creato ad immagine di Dio.

Un animale spirituale

Dio ha costituito dunque, perché fosse a sua immagine, questo splendido ossimoro, un essere fatto-di-terra che riluce della gloria di Dio… Ecco quella che C.S. Lewis, nel suo sofferto Diario di un Dolore, definisce la grande impresa di Dio:

«Fare un organismo che sia anche uno spirito; fare quel terribile ossimoro che è un “animale spirituale”. Prendere un povero primate, una bestia coperta di terminazioni nervose, una creatura con uno stomaco che vuole essere riempito, un animale riproduttivo che ha bisogno di un compagno, e dire: “Avanti, forza! Diventa un dio”» (Diario di un Dolore, Milano 2004, 81 s.).

E questa, nella sua gloria e nella sua bassezza, è la creatura che Dio ha fatto a sua immagine.

Il Siracide e la Sapienza:

«Gli hai dato potere su quanto la terra contiene»

Il Siracide (17,1-11) rincara la dose:

  «Il Signore ha creato l’uomo dalla terra,

e ad essa lo fa di nuovo tornare.

  Gli ha concesso giorni contati e tempo definito,

dandogli potere su quanto essa contiene.

  Li ha rivestiti di forza come se stesso,

li ha fatti secondo la sua immagine.

  Ha posto il timore di lui su ogni carne,

perché egli dominasse le bestie e i volatili.

  Il consiglio, la lingua, gli occhi, gli orecchi e il cuore,

diede loro per ragionare.

  Li riempì con giudizio e intelligenza,

e mostrò loro il bene e il male.

  Pose nei loro cuori il suo timore

per mostrare la grandezza delle sue opere.

  Loderanno il suo santo nome,

per narrare i portenti delle sue opere.

  Ha dato loro l’intelligenza,

li ha dotati con la legge della vita.

  Stabilì con loro un’alleanza eterna

e mostrò loro i suoi giudizi.

  I loro occhi videro lo splendore della sua gloria,

   il loro orecchio udì la meraviglia della sua voce».

Anche qui, come in Genesi, il concetto di immagine è legato ad un contesto di forza e di potere sulle creature. L’adam è creato ad immagine di Dio perché ne rappresenta la regalità nel mondo subumano. Nell’analisi che il Siracide fa del concetto di uomo come immagine di Dio, nel 180 a.C., molti secoli dopo la composizione del racconto di Gn 1 (risalente presumibilmente al VI secolo a.C.), sono evidenziate le qualità connesse al ruolo che solo l’adam / anthropos / homo è chiamato a svolgere nel creato: sensibilità e intelligenza, ragione e giudizio, capacità di riconoscere ed adorare il Creatore e, attraverso lui, di distinguere il bene dal male. Ritorneremo su questo punto.

Sap 9,2-3 afferma, da parte sua, di Dio:

«con la tua sapienza hai formato l’uomo,

perché domini sulle creature che tu hai fatto,

e governi il mondo con santità e giustizia».

Il regno dell’uomo deve riflettere dunque la sovranità di Dio che è santità e giustizia e misericordia; il dominio che il Signore gli affida non è assoluto, ma deve fare riferimento al dominio di Dio che è paternità.

In questo sta il concetto biblico di adam come fatto ad immagine di Dio: nel compito di rappresentare la sovranità di Dio sulla terra. C’è una relazione a Dio ed agli altri che le altre creature non possiedono. Per usare le immagini del midrash, è come se un sovrano avesse affidato il governo ad un viceré, oppure avesse fatto modellare una propria statua perché i sudditi, guardandola, si ricordassero di lui.

Dobbiamo, però, vedere le implicazioni morali di tutto questo.

(Continua)