Conto alla rovescia: riapre la chiesa dell’Immacolata di Piombino

Consacrazione e apertura della chiesa, 24 giugno 1902

Ancora tre giorni, due, uno… Riapre la chiesa dell’Immacolata di Piombino. Sono passati 120 anni da quando, il 24 giugno 1902, consacrata dal vescovo diocesano mons. Giovanni Borachia, la chiesa francescana aprì i suoi battenti. I frati minori erano stati presenti per quasi sei secoli nella cittadina del Promontorio, ultima collocazione la chiesa della Misericordia. Poi, le soppressioni napoleoniche (il principato di Piombino era stato assegnato alla sorella di Napoleone, Elisa Baciocchi Bonaparte) avevano posto fine, sembrava per sempre, al francescanesimo piombinese.

Soppressi gli istituti religiosi dei frati minori e degli agostiniani, erano rimasti solo, ma per poco tempo, i Fatebenefratelli presso l’ospedale locale. Le Clarisse si erano estinte perché era stato loro vietato di accettare novizie. I beni degli ordini religiosi erano stati espropriati; tanto che quando, nel 1866, si aggiunsero le soppressioni del nuovo Stato italiano, a Piombino non c’era rimasto più nulla da incamerare.

Il ritorno dei francescani

Fu la Provvidenza, a quanto pare, ad orientare le scelte della provincia francescana toscana di San Bonaventura a privilegiare Piombino per fondarvi una nuova comunità, proprio sul mare. Infatti, il nuovo convento doveva servire soprattutto a permettere le cure marine ai frati che ne avessero avuto la necessità. Così, sul colle Santa Maria, nacque il convento dell’Immacolata, e la bella chiesa neogotica spalancò le sue porte ad accogliere tutti. Accoglieva quelli che cercavano la preghiera nella gratitudine o nello sconforto, ma anche chiunque, credente o non credente, avesse bisogno di un aiuto per vivere.

Venne la Grande Guerra, con la sua ondata di soldati feriti e di profughi, e l’Immacolata li accolse. Sopravvennero gravi problematiche occupazionali, e la chiesa dell’Immacolata, nella persona di padre Giustino Senni, provvide anche a quelle.

Padre Giustino e gli operai

Nel novembre del 1921 l’Ilva aveva deciso di chiudere lo stabilimento. In poco tempo centinaia di operai si erano trovati alla fame, privi di qualunque genere di sussistenza. Gli affamati affollavano il convento, che non riusciva con la sua carità ad alleviare la situazione di miseria e disperazione di tante famiglie. Padre Giustino andò a monte del problema. Si dette da fare presso la direzione dell’Ilva insistendo per ottenere qualche risultato, e presso gli operai per invitarli alla moderazione. Ne radunò qualche centinaio in chiesa, li esortò a confidare in Dio. Raccolse le loro firme, le presentò all’Ilva. Nella primavera del 1922 ottenne che si riattivassero gli alti forni (sul padre Giustino Senni, potete leggere QUI).

Gli anni passarono. Venne la seconda guerra mondiale e l’Immacolata si trovò sulla linea del fuoco, ma non chiuse mai le sue porte. Le dovette chiudere per la prima volta, tristemente, un giorno di settembre di due anni fa, quando un crollo del tetto della navata destra rivelò l’esistenza di problemi che ne fecero dichiarare l’inagibilità.

L’itineranza

Lavori al termine…

Cominciò, così, un periodo di itineranza che ha pesato dolorosamente sulla comunità. Le norme anti covid infatti ponevano limiti numerici alla capienza delle chiese. La chiesa della Misericordia, generosamente messa a disposizione da don Mario Magni, non bastava a contenere, per esempio, la Messa per i bambini del catechismo. Dire che la comunità dell’Immacolata, in quei due anni, ha fatto il giro delle Sette chiese, forse è un po’ esagerato, ma non più di tanto. Sono sei, infatti, gli edifici sacri cittadini che hanno ospitato in quel periodo la comunità per matrimoni, battesimi, funerali, prime comunioni, cresime, oltre che le Messe ordinarie… Senza contare, nel periodo estivo, il giardino a fianco della chiesa, che ha permesso di celebrare la Messa “in casa” offrendo anche rifugio dalla calura.

Una vera e propria instabilitas loci, insomma, in perfetta linea con la spiritualità francescana dell’itineranza. Una comunità senza casa… Mi viene allora in mente l’esperienza di padre Giustino Senni nel quartiere operaio del Cotone.

Quando non c’è una chiesa…

Si racconta nella prima biografia di padre Giustino (leggiamo tutto questo in Magnani e Gombi, L’apostolo della nuova Piombino, 1930, pp. 212 – 219) che quando il frate mise piede per la prima volta al Cotone con alcuni confratelli, l’accoglienza fu una sola: il grido «Bruciateli, bruciateli, bruciateli!». Questo era l’ambiente umano; ma mancavano anche le strutture. Padre Giustino costruì un altare, con poche tavole, in aperta campagna. La folla, incuriosita, corse a vedere di cosa si trattava.

Un altare di tavole all’aperto

Si arrivò così al primo giorno di celebrazioni al Cotone, lunedì 2 ottobre 1922. Dall’altare da lui improvvisato, padre Giustino rivolge parole semplici ai fedeli – e agli infedeli, che erano molti di più. Parla di Dio, della sua provvidenza e bontà, dell’esistenza dell’anima, del paradiso che aspetta i buoni. Chiude invitando alla Comunione quelli che sentivano la coscienza pura. Molti si stringono intorno all’altare per comunicarsi, ma per la maggior parte non avevano nemmeno ricevuto il battesimo, o non si erano mai confessati né avevano fatto la prima Comunione; altri non si erano sposati in chiesa. Si devono perciò tenere indietro a viva forza. Mentre un frate, dietro un pagliaio, confessa i più volenterosi, che poi vengono comunicati, altri padri calmano la restante parte della folla che non poteva ricevere la Comunione.

Messa in una stalla

La domenica successiva, 8 ottobre 1922, piove, e padre Giustino deve rifugiarsi in una stalla, trasportarvi l’altare e compiervi la celebrazione. Riesce poi ad avere gratuitamente, dal direttore dell’Ilva, una baracca di legno, in cui costruisce da sé l’altare e un confessionale.

La nuova chiesa, se così può chiamarsi, viene benedetta, e il 4 novembre 1922 vi viene celebrata la prima Messa dal padre Giustino. Ma non è finita qui. In questa povera baracca, il popolo, che aveva capito che quel povero frate non lo ingannava e che gli voleva realmente bene, si sfogava in dimostrazioni di affetto e di cordialità decisamente troppo vivaci. Quando viene impartita la benedizione col SS. Sacramento, la folla fa talmente ressa intorno all’altare che padre Giustino, per frenarla, non trova altro mezzo che prendere una lunga canna, e con quella allontanare i più ardimentosi…

Ma ormai il rapporto è stabilito. I piombinesi vedono tutti i giorni il padre Giustino, nonostante i disagi, vento e pioggia, andare a piedi da Piombino al Cotone, vi istruisce questi nuovi fedeli che considera come figli, amministra loro il battesimo. Una volta, in un’ora, vengono battezzati 25 adulti! Poi fonderà due asili, un orfanotrofio, laboratori per il lavoro femminile, una nuova chiesa… ma i suoi tempi sono stati veramente eroici.

Un’esperienza da non sprecare

Il programma per la riapertura. Siamo tutti invitati!

Benché a quell’epoca l’Immacolata fosse una chiesa nuova e solida, le avventure di padre Giustino al Cotone mi ricordano un poco quella che è stata la vita dei frati e nostra con una chiesa inagibile. Due anni abbiamo trascorso in queste condizioni… senza doverci rifugiare in una stalla o in una baracca ma, con la buona stagione, celebrando la Messa all’aperto, e in caso di pioggia, quando le norme anti covid si sono ammorbidite, riparandoci nella Sala Senni.

Bene, adesso questa parentesi di due anni è quasi passata, aperta e chiusa, e fra tre giorni possiamo tornare nell’abbraccio confortevole della bella chiesa ripulita e lustrata per l’occasione. Con un po’ di nostalgia per l’instabilitas ormai archiviata, che ha presentato però dei vantaggi, insegnandoci ad apprezzare meglio quello che normalmente si dà per scontato, ed a puntare più sulla Chiesa fatta di persone che sulla chiesa fatta di muri. In questo senso è stato un tempo di grazia, da non sprecare.

In anteprima, un’immagine rubata alla Mostra fotografica

Sabato 24 settembre alle 16.30, dopo i riti di apertura, Mauro Carrara parlerà del valore storico e artistico della chiesa dell’Immacolata, mentre l’architetto che ha curato i lavori di restauro illustrerà quanto fatto. Una mostra fotografica allestita nei corridoi del convento permetterà di visualizzare, attraverso foto d’archivio, cento anni di vita dell’Immacolata di Piombino. Molti potranno riconoscersi nelle foto degli ultimi decenni. Non mancate!