All’affermazione di Gesù sull’identità messianica che supera quella del semplice discendente di David (QUI), fa seguito una lunga requisitoria contro l’ipocrisia dei maestri che predicano bene dalla cattedra di Mosè e agiscono male (23,1-37), imponendo agli altri pesi che loro non toccano neppure ed ostentando virtù e onore che non possiedono. Gesù non ha dimenticato gli scribi o dottori della Legge, con la loro arroganza e volontà di dominio: vesti sontuose, pubblici ossequi, posti d’onore, ostentazione di pietà… mentre in segreto divorano le case delle povere vedove.
Gesù vieta ai suoi di magnificarsi usando titoli onorifici come rabbi, padre e dottore, perché essi spettano nella loro verità più profonda solo a Dio e al suo Cristo, mentre i discepoli non sono altro che fratelli. Ciò non va interpretato alla lettera come se nessun cristiano potesse rivolgere ad altri l’appellativo padre, o maestro, o dottore; il significato del divieto sta nel non dover considerare nessuno come qualitativamente diverso o superiore agli altri, ma trattare ciascuno in spirito di fraternità
Sette guai
Sette “guai” concludono la sezione, indirizzati
- agli ipocriti che impediscono di appartenere al Regno;
- fanno proselitismo ma inducono il proselito a corrompersi come loro;
- insegnano sofismi per aggirare la legge;
- pagano anche decime non obbligatorie ma trasgrediscono le leggi più grandi;
- purificano l’esterno delle stoviglie e dentro sono pieni di ogni male;
- si mostrano pii e giusti e nascondono l’iniquità;
- erigono monumenti funebri ai profeti dimostrando di essere figli di coloro che li hanno uccisi.
Anch’essi si faranno persecutori dei nuovi inviati, i discepoli di Cristo, assimilando la loro sorte a quella degli antichi profeti e giusti.
Una scena dal Gesù di Nazareth di Zeffirelli:
Lamento su Gerusalemme
Gerusalemme è una città sanguinaria (nel 70 d.C. pagherà le sue colpe con la distruzione) che uccide i profeti e lapida gli inviati di Dio, e tuttavia Gesù ha cercato in tutti i modi di risparmiarla, volendo raccogliere i suoi abitanti come una chioccia fa con i suoi pulcini.
Con questa immagine tenera e materna, Gesù va incontro alla sua passione. Alla fine, anche Gerusalemme tornerà a lui.
Gli scribi
Gli studiosi o dottori della Legge erano chiamati anche scribi. Erano coloro che per scelta personale dedicavano la vita all’interpretazione e osservanza minuziosa della Torah e che allora ed oggi venivano e vengono chiamati anche rabbini. Non erano solo conoscitori della Scrittura, ma anche interpreti delle problematiche teologiche e soprattutto giuridiche ad essa connesse.
A tale categoria sociale non si accedeva per nascita o per censo, ma per capacità, dopo aver compiuto un intenso programma di studio. L’aspirante studente sceglieva quello che fra i maestri della legge voleva seguire. Il maestro veniva accompagnato dai suoi studenti i quali sedevano ai suoi piedi per ascoltarlo e interrogarlo. Era l’aspirante studente che sceglieva il maestro; al termine degli studi, se si era rivelato capace, riceveva da lui l’imposizione delle mani e diveniva maestro a sua volta.
L’obbligo del lavoro
I rabbini potevano essere anche sacerdoti o persone benestanti, ma più spesso erano mercanti e artigiani. Comunque fosse, sempre dovevano svolgere un’attività manuale: che fossero taglialegna, mugnai, falegnami, calzolai, fabbri, calderai, fornai, sarti, tutti dovevano esercitare un mestiere. Lo stesso Gesù era falegname, e San Paolo fabbricante di tende. Il lavoro, infatti, nel mondo ebraico appartiene all’uomo per vocazione originaria e ne rappresenta la dignità (a differenza del mondo greco-romano, dove il lavoro era considerato indegno del vero uomo), tanto che il Talmud obbliga ogni padre ad insegnare un mestiere al proprio figlio: perché, spiega, «chi non insegna un lavoro manuale al proprio figlio è come ne facesse un brigante».
Non tutti i mestieri erano però considerati onesti, né tutti permettevano di osservare scrupolosamente la legge; il mestiere del pastore, per esempio, era tra i più disprezzati, e impuro era quello dei conciatori di pelle. I pregiudizi, del resto, imperavano. R. Judah (150 circa) diceva a nome di Abba Saul:
«Gli asinai sono per lo più birbanti; i cammellieri sono per lo più onesti; i marinai sono per lo più devoti; il migliore dei medici merita l’inferno e il più onesto dei macellai è socio di Amalek» (M. Qiddushin 4,14b).
Il significato dei “Guai”
Vi rricordo che i “Guai”, come i “Beati coloro che…”, non sono imprecazioni o auguri di bene, ma constatazioni: chi vive in tal modo si è già “inguaiato” da solo (oppure è già beato)…