Lettura continua della Bibbia. Requisitoria contro l’ipocrisia (Mt 23)

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti… Di James Tissot – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10904550

All’affermazione di Gesù sull’identità messianica che supera quella del semplice discendente di David (QUI), fa seguito una lunga requisitoria contro l’ipocrisia dei maestri che predicano bene dalla cattedra di Mosè e agiscono male (23,1-37), imponendo agli altri pesi che loro non toccano neppure ed ostentando virtù e onore che non possiedono. Gesù non ha dimenticato gli scribi o dottori della Legge, con la loro arroganza e volontà di dominio: vesti sontuose, pubblici ossequi, posti d’onore, ostentazione di pietà… mentre in segreto divorano le case delle povere vedove.

Gesù vieta ai suoi di magnificarsi usando titoli onorifici come rabbi, padre e dottore, perché essi spettano nella loro verità più profonda solo a Dio e al suo Cristo, mentre i discepoli non sono altro che fratelli. Ciò non va interpretato alla lettera come se nessun cristiano potesse rivolgere ad altri l’appellativo padre, o maestro, o dottore; il significato del divieto sta nel non dover considerare nessuno come qualitativamente diverso o superiore agli altri, ma trattare ciascuno in spirito di fraternità

Sette guai

Sette “guai” concludono la sezione, indirizzati

  • agli ipocriti che impediscono di appartenere al Regno;
  • fanno proselitismo ma inducono il proselito a corrompersi come loro;
  • insegnano sofismi per aggirare la legge;
  • pagano anche decime non obbligatorie ma trasgrediscono le leggi più grandi;
  • purificano l’esterno delle stoviglie e dentro sono pieni di ogni male;
  • si mostrano pii e giusti e nascondono l’iniquità;
  • erigono monumenti funebri ai profeti dimostrando di essere figli di coloro che li hanno uccisi.

Anch’essi si faranno persecutori dei nuovi inviati, i discepoli di Cristo, assimilando la loro sorte a quella degli antichi profeti e giusti.

Una scena dal Gesù di Nazareth di Zeffirelli:

Lamento su Gerusalemme

Sir Charles Lock Eastlake (1793 – 1865), Lamento di Gesù su Gerusalemme, 1846

Gerusalemme è una città sanguinaria (nel 70 d.C. pagherà le sue colpe con la distruzione) che uccide i profeti e lapida gli inviati di Dio, e tuttavia Gesù ha cercato in tutti i modi di risparmiarla, volendo raccogliere i suoi abitanti come una chioccia fa con i suoi pulcini.

Con questa immagine tenera e materna, Gesù va incontro alla sua passione. Alla fine, anche Gerusalemme tornerà a lui.

Gli scribi

Gesù, i farisei e gli scribi, miniatura del XV secolo dal codice De Predis. Biblioteca reale di Torino.

Gli studiosi o dottori della Legge erano chiamati anche scribi. Erano coloro che per scelta personale dedicavano la vita all’interpretazione e osservanza minuziosa della Torah e che allora ed oggi venivano e vengono chiamati anche rabbini. Non erano solo conoscitori della Scrittura, ma anche interpreti delle problematiche teologiche e soprattutto giuridiche ad essa connesse.

A tale categoria sociale non si accedeva per nascita o per censo, ma per capacità, dopo aver compiuto un intenso programma di studio. L’aspirante studente sceglieva quello che fra i maestri della legge voleva seguire. Il maestro veniva accompagnato dai suoi studenti i quali sedevano ai suoi piedi per ascoltarlo e interrogarlo. Era l’aspirante studente che sceglieva il maestro; al termine degli studi, se si era rivelato capace, riceveva da lui l’imposizione delle mani e diveniva maestro a sua volta.

L’obbligo del lavoro

I rabbini potevano essere anche sacerdoti o persone benestanti, ma più spesso erano mercanti e artigiani. Comunque fosse, sempre dovevano svolgere un’attività manuale: che fossero taglialegna, mugnai, falegnami, calzolai, fabbri, calderai, fornai, sarti, tutti dovevano esercitare un mestiere. Lo stesso Gesù era falegname, e San Paolo fabbricante di tende. Il lavoro, infatti, nel mondo ebraico appartiene all’uomo per vocazione originaria e ne rappresenta la dignità (a differenza del mondo greco-romano, dove il lavoro era considerato indegno del vero uomo), tanto che il Talmud obbliga ogni padre ad insegnare un mestiere al proprio figlio: perché, spiega, «chi non insegna un lavoro manuale al proprio figlio è come ne facesse un brigante».

Non tutti i mestieri erano però considerati onesti, né tutti permettevano di osservare scrupolosamente la legge; il mestiere del pastore, per esempio, era tra i più disprezzati, e impuro era quello dei conciatori di pelle. I pregiudizi, del resto, imperavano. R. Judah (150 circa) diceva a nome di Abba Saul:

«Gli asinai sono per lo più birbanti; i cammellieri sono per lo più onesti; i marinai sono per lo più devoti; il migliore dei medici merita l’inferno e il più onesto dei macellai è socio di Amalek» (M. Qiddushin 4,14b).

Il significato dei “Guai”

Vi rricordo che i “Guai”, come i “Beati coloro che…”, non sono imprecazioni o auguri di bene, ma constatazioni: chi vive in tal modo si è già “inguaiato” da solo (oppure è già beato)…