Lettura continua della Bibbia. Giosuè 2: L’esplorazione di Gerico e Rachab

Rachab
Rachab e gli esploratori (1734) di Johann Georg Lederer – Fotografia autoprodotta, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19415158

La prima parte del libro di Giosuè (1-12) è dedicata alla conquista della terra.  

Il libro si apre con la designazione divina di Giosuè come continuatore della missione di Mosè per l’ingresso del popolo nella terra (cap. 1: Prologo).

Seguono episodi considerati dall’agiografo significativi di questa presa di possesso: a partire da una prima esplorazione di Gerico.

Cap. 2: Rachab e l’esplorazione di Gerico

Invio di due esploratori ebrei per saggiare la resistenza dei nemici; essi ricevono l’aiuto di una prostituta, Rachab. Attraverso la voce di Rachab (donna, prostituta sacra, straniera, idolatra) il narratore dà la chiave di lettura teologica degli eventi passati e futuri di Israele:

“So che il Signore vi ha assegnato il paese… perché abbiamo sentito che il Signore ha asciugato le acque del Mar Rosso davanti a voi, alla vostra uscita dall’Egitto… perché il Signore vostro Dio è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra”.

Il racconto probabilmente è legato all’esistenza di un clan di Rachab presso Gerico, un clan di origine cananea che si era stabilito in mezzo a Israele, e ne spiega la permanenza al di là della legge dello Cherem. Questa professione di fede cancella tutti gli stereotipi.

Mt 1,5 include Rachab nella sua genealogia quale progenitrice del Messia, moglie di Salmon della tribù di Giuda (tutte le donne menzionate nella genealogia matteana di Gesù rappresentano “incidenti” storici, segno di una storia reale di peccato ma aperta alla speranza:

 · Tamar nell’incesto,

· Rachab nella prostituzione,

· Rut nell’estrema indigenza,

· la moglie di Uria nell’adulterio, tutte fatte via di salvezza per la grazia di Dio).

Ebrei 11,31 propone Rachab a modello di fede, Giacomo 2,25 di rimando la presenta come modello di carità operosa; Dante la incontrerà nel terzo cielo, quello di Venere, il cielo degli spiriti amanti (Paradiso, IX, 112-126), perché, segnata profondamente da una passione di amore, non si chiuse in essa, ma si fece strumento di salvezza del popolo di Dio.

I Padri della Chiesa hanno visto nella cordicella color porpora, che diviene segno di salvezza per la casa che da essa viene contraddistinta, la figura del sangue di Cristo.

Rachab: un donna indipendente

Rachab è vista da molti interpreti come un’umile emarginata, relegata ai margini della società di Gerico con la sua professione disdicevole. Ma il testo biblico non contiene alcun giudizio di valore, anzi il racconto la presenta costantemente in una luce positiva.

Il re le dà ordini, ma lei si mostra indipendente e si fa notare per la prontezza di spirito come una donna intelligente e coraggiosa.

Il nome di Rachab è correlato alla radice verbale, ר ח ב, che significa “essere ampio”, “spazioso” o “ampio”, fortemente allusivo alla sua professione. La narrazione la definisce זוֹנָה (zonah), participio singolare femminile del verbo “prostituirsi”, anche se qualche antico interprete come  Giuseppe Flavio (37 – ca. 100 d.C.) o il Targum Jonathan (inizio-metà del I secolo d.C.), ed anche altri recenti, rendono zonah come “locandiera”; il che non esclude l’esercizio simultaneo dell’altra professione.

La prostituzione potrebbe essere stata una delle poche, se non l’unica, opportunità che una donna che viveva da sola avesse di guadagnarsi da vivere. Rachab appare essere l’unico sostegno della sua famiglia, padre, madre, fratelli, sorelle.

L’unica ad avere un nome

È anche l’unico personaggio della storia ad avere un nome. Tutti gli altri, le spie israelite, il re di Gerico e i messaggeri reali, sono senza nome e sono maschi. Il suo nome quindi si trova ad avere una grande importanza. La stessa radice del suo nome ר.ח.ב si trova diverse volte nella Torah per descrivere la terra che il Signore promette al suo popolo (Gen 13,17; Es 3,8; 34,24). In questo contesto, il nome di Rachab rappresenta la terra di Israele, e le spie che entrano nella casa di Rachab rappresenterebbero simbolicamente l’ingresso nella terra che si è aperta per loro.

Il narratore rafforza questo collegamento quando Rahab dichiara apertamente che Dio ha dato le terre cananee agli Israeliti:

«Io so che il Signore vi ha dato il paese, perché il terrore di voi è piombato su di noi e tutti gli abitanti del paese tremano davanti a voi» (Giosuè 2,9).

Secondo questa interpretazione, la fedeltà a Jhwh di Rachab, una donna cananea, rappresenterebbe l’imminente occupazione di Canaan da parte di Israele. Il libro di Giosuè, però, descrive la conquista del paese come violenta. Ne scamperebbero, in contrasto con quanto affermato altrove, coloro che si convertono al Signore?