Vediamo gli elementi fondamentali di questo secondo racconto di creazione, il racconto J, a partire dal primo elemento creato: la terra.
La terra (Genesi 2,5-6)
La terra formata dall’azione divina è ancora priva di pioggia, che viene vista come opera di Dio, e di irrigazione e coltivazione, che invece è l’opera dell’uomo. È l’equivalente di quella descrizione della terra come informe e vuota fatta dal racconto Sacerdotale. Non ha ancora le piante campestri, selvatiche, né tanto meno le erbe campestri che saranno quelle piantate dall’uomo. È una terra che aspetta ancora ordine e sviluppo. C’è un parallelo nel poema babilonese di Gilgamesh.
Un antico testo babilonese
«La santa casa degli dèi non era costruita in luogo santo,
la canna non era spuntata, l’albero non era creato…
L’insieme dei paesi era mare,
la sorgente del centro del mare era un tubo zampillante…
Marduk sulla superficie delle acque congegnò una zattera,
egli creò la polvere e con la zattera l’ammonticchiò.
Per sistemare gli dèi in una dimora soddisfacente,
egli creò l’umanità.
La dea Aruru creò con lui la razza degli uomini.
Egli creò sulla terra deserta
delle mandrie selvatiche dotate di vita.
Creò e mise a posto il Tigri e l’Eufrate…,
l’erba e le giuncaie, le canne e le piante,
creò la vegetazione della steppa,
la terraferma, le paludi e i canneti,
la vacca e il suo piccolo, il vitello,
la pecora e il suo piccolo,
i giardini e anche le foreste» (Epopea di Gilgamesh).
Anche nel mito babilonese l’uomo è incaricato di lavorare la terra, ma con pena, per sostituire e servire gli dèi. In Genesi 2, come in Genesi 1, tutti gli elementi mitici sono demitizzati in funzione dell’unico Dio: sono solo un tipo di linguaggio.