
Ma quando avverrà tutto questo? Quel giorno nessuno lo sa…
La fine di Gerusalemme è facilmente prevedibile, come dai germogli di fico si comprende che l’estate è alle porte (13,28-31). Dell’ora della fine dei tempi, invece, non è dato sapere. E Gesù, anzi, fa un’affermazione sorprendente per i cristiani: non lo sa neppure lui…
Quel giorno nessuno lo sa…
13 32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.
33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Vigilate!
Con la parabola dell’uomo che parte per un viaggio, il discorso escatologico si avvia alla conclusione, accentuando l’esortazione alla vigilanza. Tre volte in questi pochi versetti (13,33-37), all’inizio, al centro e alla fine, si ripete l’invito: Vigilate.
L’insistenza sulla vigilanza, a causa dell’incertezza circa la venuta del Signore, dà una prospettiva pratica a tutto il discorso escatologico. Le parole di Gesù non intendono fornire informazioni circa la fine e i segni della fine, ma infondere nei credenti un atteggiamento di vigile responsabilità.
Infatti, la vigile responsabilità esclude sia il fanatismo apocalittico, che progetta il futuro almanaccando su un fantastico calendario del mondo, sia la narcosi o alienazione mondana, che perde di vista il compito e la meta di un progetto storico confortevole. In altri termini la tensione escatologica della comunità cristiana, che attende il Signore, è una forza critica sia nei confronti della fuga nell’utopia sia nei confronti di un congelamento della situazione presente.
Quel giorno nessuno lo sa… neppure il Figlio
Paradossalmente, neppure il Figlio ne è a conoscenza. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre…
Qui ci scontriamo con una vera difficoltà teologica. Il Figlio non sa quello che sa il Padre? Eppure il vangelo di Giovanni proclama che il Figlio è il Logos di Dio, non solo la sua Parola ma anche il suo Pensiero, la sua Sapienza.
Il Nuovo Testamento professa chiaramente, pur senza usare questo termine, la consustanzialità del Figlio con il Padre; in Gesù di Nazareth natura umana e natura divina si uniscono. Allora perché Marco sembra voler dire il contrario?
Quello che il Figlio ignora
Il versetto è sicuramente piaciuto ad Ario che negava la divinità di Cristo, come pure alle moderne sette che fanno altrettanto. Perciò è fondamentale cercare di capirlo.
Già lo spiegarono i Padri della Chiesa. Secondo S. Gerolamo, il Figlio, del quale Gv 1,3 dice che «ogni cosa fu fatta per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto», non ignora alcunché, neppure i tempi del giudizio finale, ma non ritiene che tale conoscenza sia utile agli apostoli – ed a noi con loro -, che devono vivere come se ogni giorno fosse l’ultimo.
S. Agostino conferma: «Ciò che dunque dice: non sa, va inteso nel senso che non lo fa sapere; cioè che non lo sapeva così da indicarlo in quel momento ai discepoli». E S. Giovanni Crisostomo completa: «Affinché poi tu apprenda che se tace sul giorno e sull’ora del giudizio non è per sua ignoranza, adduce un altro segno, quando aggiunge: Come poi avvenne nei giorni di Noè…, così avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo; ora, dice ciò mostrando che verrà repentinamente e inopinatamente».
Ritorniamo, a questo punto, al nostro contesto. Gesù non sta facendo un pronostico della fine del mondo, stuzzicando la curiosità dei discepoli, i quali sono già troppo interessati per conto loro ai dettagli («Dicci, quando accadrà questo?»). Gesù anzi li disillude («Nessuno v’inganni… non allarmatevi… state attenti…»).
Il ritorno del Signore nella sua casa
Il suo intento è darci questo avvertimento:
«State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!» (Mc 13,33-37).
Di fronte alla necessità della vigilanza, l’umiltà del Figlio si schermisce col professare una ignoranza dell’ora che non appartiene alla natura divina del Verbo ma che appartiene alla missione umana del Cristo Gesù: egli non è stato mandato a soddisfare la curiosità degli uomini, ma a salvarli, quindi il pronostico sulla fine del mondo non fa parte della conoscenza che il Padre affida alla sua missione di Salvatore.
Non aggiungiamo rivelazione a Rivelazione!
È dunque vano, anzi presuntuoso e pericoloso, cercare di predire il momento della fine, che tanto solletica non solo la curiosità, ma anche le paure e i bisogni di sicurezza umana di molti. Non ci si può preparare umanamente alla venuta gloriosa del Cristo, ci si può preparare solo con la santità quotidiana che ci è richiesta ad occhi chiusi, con fiducia e speranza. Diffidiamo delle persone che aggiungono rivelazione a Rivelazione, fornendo particolari non necessari per la nostra salvezza.
La testimonianza di S. Giovanni della Croce
Come scrisse un grande mistico e depositario di rivelazioni intime, San Giovanni della Croce, «donandoci il Figlio suo, ch’è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da rivelare… Dio è diventato in un certo senso muto, non avendo più nulla da dire, perché quello che un giorno diceva parzialmente per mezzo dei profeti, l’ha detto ora pienamente dandoci tutto nel Figlio suo. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità» (Salita al Monte Carmelo, 2,22).
Sapere una “data” non fa parte della Rivelazione
Dunque il Figlio dell’uomo non sa quando verrà la fine dei tempi, nel senso che saperlo non fa parte della rivelazione all’umanità che il Padre gli ha affidato. In quanto Dio il Figlio conosce tutto quello che conosce il Padre, in quanto uomo sa quello che il Padre gli affida affinché lo riveli; ed agli uomini non è dato conoscere il momento in cui il Signore verrà per loro.
Il Padre (v. 32), il Figlio (v. 32) e lo Spirito Santo (v. 11) sono l’anima di questo scenario, che rivela il Volto trinitario di Dio: il Padre, principio e fine di ogni cosa, il Figlio salvatore degli eletti, lo Spirito consolatore dei credenti.