Quando è nato Gesù?

Quando è nato Gesù? Sandro Botticeli, Natività, 1501
Sandro Botticelli, Natività, 1501

Cerchiamo qui di essere utili a coloro che si sentono messi sotto assedio dalla propaganda di cosiddetti «studenti della Bibbia», i quali tentano di distruggere tutto ciò che è connesso con la tradizione cristiana, dall’immagine del Crocifisso alla donazione del sangue alla celebrazione del Natale. Cominciamo da quest’ultima.

   Vi diranno: «La Chiesa vi ha ingannato, Gesù non è nato il 25 dicembre. La Bibbia non dice niente al riguardo. È anzi escluso che la sua nascita sia avvenuta in inverno, quando non è possibile che i pastori rimanessero all’aperto con le greggi».

   Risposta: ma chi ha mai detto che il 25 dicembre sia la data storica della nascita di Gesù? Non ne sappiamo nemmeno l’anno esatto, come non conosciamo neppure la data precisa della sua Pasqua…

Una data convenzionale

Il 25 dicembre è solamente una data convenzionale scelta per festeggiare la nascita del Salvatore dopo che per tre secoli si era celebrata solo la Pasqua, madre di tutte le feste. È in epoca costantiniana che il cristianesimo esce dalla clandestinità per divenire religio licita ovvero religione autorizzata. Si iniziano allora a fissare date per altre celebrazioni. In particolare fu demitizzata e riferita a Cristo, vero Sole dell’umanità per i cristiani, la festa pagana del Sol Invictus, cioè del Sole vittorioso che, dopo l’affermarsi dell’impero delle tenebre rappresentato dal solstizio d’inverno, torna a prolungare le ore di luce vincendo quelle della notte. La data è solo convenzionale e simbolica: come se qualcuno, avendo adottato un bambino  e non conoscendone la data effettiva di nascita, scegliesse un qualche giorno per non mancare di festeggiarne il compleanno.

   Quindi, chi obietta che Gesù non è nato il 25 dicembre non fa altro che sfondare una porta aperta. La fede non sta qui, si tratta solo di un problema di ricostruzione storica. Anzi, è sfalsato anche il computo degli anni effettuato nel VI secolo, a partire dalla cronologia biblica, dal monaco Dionigi il Piccolo. Egli calcolò che Gesù fosse nato nel 753 ab Urbe condita cioè dalla fondazione di Roma. Sbagliò tuttavia di alcuni anni, perché Erode il Grande era morto già nel 4 a.C., quindi la nascita di Gesù era avvenuta… avanti Cristo, fra il 7 e il 4 a.C., probabilmente il 6. Tutto questo però non è materia di fede, ma di cronaca.

La grotta, il bue e l’asinello

   Vi diranno: «Gesù non è nato in una grotta, l’asino e il bue non c’erano, ecc., ecc…».

   Che nel vangelo di Luca si parli di un ricovero per animali è indubitabile, visto che vi si trova una mangiatoia; inoltre, nella zona di Betlemme, erano le grotte naturali ad essere utilizzate a tale scopo. Perciò è sensato che si collochi la Natività in una grotta che funge anche da stalla.

Ovviamente, asino e bue non sono menzionati nei vangeli canonici. Tuttavia la loro presenza è plausibile, ed è entrata a buon diritto nei nostri presepi, insieme a quella di pecore, pastori ed angeli. Questa menzione viene evocata indirettamente da Is 1,3:

«Il bue conosce il proprietario / e l’asino la greppia del padrone».

Il testo è molto forte, perché in ebraico “conoscere” non significa tanto “sapere con la mente”, quanto “essere in relazione profonda”, quindi “amare”. Rifiutato dal benpensante mondo degli uomini, il Bambino è accolto dall’ingenuo cuore delle bestie. È adorato dagli angeli e riconosciuto dagli ultimi fra il popolo, i disprezzati pastori che vivevano ai margini della legge.

Che la presenza di asino e bue accanto al Bambino figuri già nelle prime icone orientali si spiega anche con la strana traduzione di un versetto del profeta Abakuk (3,2) che gli iconografi leggevano nella Bibbia greca detta dei Settanta: l’ebraico “in questi anni manifestala [la tua opera]” è reso con “Tu sarai conosciuto in mezzo a due animali“.

I MAGI HANNO ADORATO GESÙ?

Giotto, Adorazione dei Magi. Cappella degli Scrovegni, Padova
Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova

   Vi diranno: «Cristo non è Dio»; intanto sottolineiamo che, nel vangelo secondo Matteo, i Magi adorano il Bambino offrendogli, tra gli altri doni, l’incenso che evoca il culto divino. Per evitare di suggerire anche indirettamente l’idea della divinità, la traduzione usata da questi “studenti” rende così il passo di Mt 2,11: «Gli astrologi… prostratisi, gli resero omaggio. E aperti i loro tesori, gli offrirono doni, oro, olibano e mirra». Innanzi tutto notiamo che qui i Magi sono diventati astrologi. Il termine Màgoi, di origine persiana, designa sacerdoti e sapienti, certamente versati anche in astronomia che all’epoca non si distingueva dall’astrologia: ma restringere il significato a quello di astrologi significa attribuire loro una connotazione negativa, quasi da stregoni. Infatti la stella che li guida, secondo l’interpretazione data dalla sètta, non sarebbe altro che «un maligno stratagemma di Satana», il quale voleva aiutare Erode a cercare di uccidere Gesù.

Così squalificati, i Magi che cosa fanno? Si prostrano davanti a Gesù e lo adorano.  Vi diranno: «I Magi non hanno adorato Gesù, si sono solo prostrati».

Scusate la pignoleria, ma l’adorazione è espressa con il verbo proskynéo. In Oriente questo verbo designa dapprima una forma di saluto rispettoso, ma nel mondo greco viene ad indicare un atto riservato al culto agli dèi; tanto che neppure Alessandro Magno riuscì ad imporlo nei suoi confronti ai propri sudditi occidentali. È vero che la prosternazione potrebbe riferirsi ad un generico atto di rispetto; ma in questo caso se i due verbi, pesontes prosekynesan, avessero soltanto lo stesso significato di prostrarsi davanti a qualcuno, «caduti a terra si prostrarono», non avrebbero molto senso.

   Al di là di quella che può essere stata l’intenzione dei Magi, quella dell’evangelista è chiara. L’insistenza sul verbo proskynéo (che compare tre volte in soli nove versetti) ci dice che non si tratta di un omaggio banale, tanto più che è accompagnato da ricchi doni tra cui l’incenso.

   L’incenso richiama subito l’idea della divinità; nella traduzione cui ci riferiamo viene infatti reso con olibano, parola che nell’italiano letterario esiste e significa «incenso», ma che, totalmente desueta (la usava Gabriele D’Annunzio, figuriamoci!), risulta oggi incomprensibile e non evoca più alcunché.

   Naturalmente, un elemento da solo non basta ad affermare o negare un’idea, occorre esaminare l’intero contesto; e il contesto della visita dei Magi è, chiaramente, quello di una adorazione, coerentemente con quanto i vangeli ci diranno in seguito. Sfrondiamo pure la Scrittura dagli elementi immaginifici di cui la sua lettura si è arricchita nel tempo, ma riconosciamo alle parole il loro giusto valore.

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