Calendi chiari mesi scuri

Nei secoli passati, quando non esisteva il servizio meteo, si osservavano vari segni naturali per trarre pronostici sull’andamento futuro delle stagioni. Queste previsioni meteo popolari erano particolarmente importanti per la maggior parte della gente, che coltivava la terra.
Uno di questi metodi consiste in quello che la mia nonna chiamava «i calendi», sì, al maschile, da non confondersi con le calende che erano, nel calendario (appunto, calendario deriva da calenda), il primo giorno di ogni mese. Dal nome delle calende è nata nelle lingue romanze, come italiano, francese e spagnolo, l’espressione ironica «rimandare alle calende greche». Le calende greche sono un giorno che non verrà mai, perché nel calendario greco le calende… non esistevano proprio.
I calendi, invece, sono i primi 12 giorni di gennaio, ognuno corrispondente ad un mese dell’anno, in ordine cronologico. Secondo le varie zone della Toscana ma anche le varie parti d’Italia, le condizioni meteo osservate nel giorno 1 rappresenterebbero il tempo che dovremmo attenderci per il mese di gennaio, mentre quelle osservate nel 2 gennaio sintetizzerebbero quelle del mese di febbraio e così via, fino ad arrivare al 12 che corrisponde al mese di dicembre.
Due versioni diverse e opposte
La questione si complica perché, in talune versioni dello stratagemma, si deve considerare il tempo osservato come esatto pronostico del mese corrispondente, mentre in altre versioni lo si deve considerare l’opposto di quello che dovrebbe accadere nel mese. Io mi attengo a quest’ultima versione, che era quella seguita dalla mia nonna Livia, classe 1880. Naturalmente, posso basarmi solo sulle condizioni meteo che ho osservato a Piombino, zona dal clima mite dove piove pochissimo.
In linea generale, l’andamento è stato il seguente: caldo anomalo per i primi 5 giorni, poi sempre più freddo fino al giorno 8 in cui la temperatura si è fatta rigida e tale è rimasta; molto freddo l’11, un po’ meno il 12.
Se ne ricava, col metodo inverso «calendi scuri mesi chiari, calendi chiari mesi scuri», che il freddo invernale dovrebbe durare fino a maggio per poi stemperarsi progressivamente ed assicurarci un’estate calda e lunga, con un novembre insolitamente tiepido fino ad arrivare al freddo invernale di dicembre. Piogge a marzo e aprile, ma anche estate e autunno piovosi.
Uscita di sicurezza
Se poi non sarà vero, c’è l’uscita di sicurezza: un altro proverbio afferma «dei calendi non mi curo, se San Paolo non è scuro». La giornata del 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo, è stata bella, a smentire tutte le previsioni dei calendi. Quindi, fate voi…
I Giorni della Merla

Gli ultimi giorni di gennaio sono chiamati popolarmente «I giorni della Merla». Sono anche considerati i giorni più freddi dell’anno, ma sono forse pochi quelli che si ricordano il perché. Rinfreschiamo la memoria.
Un tempo, il mese di gennaio aveva solo 29 giorni ed era, naturalmente, molto freddo. Alla fine del mese una merla, che si era accuratamente riparata coi suoi piccoli per tutta la durata di un mese così rigido, pensando di essere ormai al sicuro uscì dal suo rifugio; ma Gennaio, dispettoso, si fece prestare qualche giorno da Febbraio e se ne servì per scatenare una tremenda bufera di neve. La merla allora si nascose al caldo dentro un comignolo con la sua nidiata. Ma quando finalmente ne uscì scoprì di essere diventata tutta nera per la fuliggine, lei che in origine era candida. Nella versione maremmana, i merli sono due, maschio e femmina.
Anche Dante conosceva la storia del merlo…
Dante stesso allude a una simile leggenda, quando, nel canto XIII del Purgatorio (v. 123), paragona l’insipienza dell’invidiosa senese Sapia, esultante per la sconfitta dei suoi concittadini, all’illusione del merlo davanti ad un breve periodo di sole, «Come fe’ ’l merlo per poca bonaccia».
In realtà, la merla, femmina, non è né bianca né nera, è bruna; è il maschio che è nero. Si può supporre che la parola al femminile non indichi la femmina della specie ma la specie stessa. Viene infatti dal femminile latino merula, come accade anche al gatto dei proverbi, che è femminile in latino (feles), e nei detti popolari è sempre una gatta…
Pensate dunque a quanto sono tenaci e a come vengono da lontano le tradizioni popolari: prima della riforma giuliana del calendario, avvenuta nel 46 a.C., il mese di Ianuarius contava effettivamente 29 giorni.
Inoltre, secondo la tradizione contadina, i giorni della merla sarebbero indicativi per pronosticare l’avvento della primavera. La buona stagione sarebbe prossima se il freddo è forte, sarebbe lontana se il clima è buono. Ma per questo conta, piuttosto, la Candelora….
2 febbraio, la Candelora: Presentazione di Gesù al tempio

La festa religiosa
“Per la Candelora, se piove o se gragnola, dell’inverno siamo fora, ma se è sole o solicello siamo a mezzo dell’inverno”.
Il tempo buono della Candelora di quest’anno, dunque, non ci farebbe sperare in una primavera anticipata. Ma perché le tradizioni popolari legano tale giorno alle previsioni meteo?
Il motivo è che la festa liturgica della Presentazione di Gesù al tempio e della Purificazione di Maria (che sono una unica ricorrenza) cade a mezzo inverno, in una data che i contadini avevano considerato importante per trarne pronostici per la stagione seguente.
Come in altre occasioni, anche questa festa cristiana veniva a sostituire a metà febbraio, nell’antico calendario del V secolo, una festa pagana, quella, molto popolare, dei Lupercali, abolita sotto papa Gelasio I: anch’essa, alla maniera dei pagani, una festa di purificazione e di luce. Fu poi l’imperatore Giustiniano a trasferire al due febbraio la festa della Presentazione, detta Candelora. Il nome è la deformazione di «festum candelarum», a causa del simbolo di Cristo «luce per illuminare le genti» rappresentato dalle candele benedette.
Il fatto che la credenza, anche sotto altro nome, sia diffusa in molte parti del globo va a favore di una sua qualche validità. L’usanza di trarre pronostici meteorologici il due di febbraio è richiamata anche da un detto scozzese, «If Candlemas Day is bright and clear, there’ll be two winters in the year», ovvero «se per la Candelora il cielo è limpido, ci saranno due inverni nell’anno». Ovvero, alla prima parte dell’inverno, che va dal solstizio di dicembre al due febbraio, ne seguirà un’altra, altrettanto lunga.
Dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti e nel Canada, la festa del due di febbraio, debitamente decristianizzata, sopravvive per l’aspetto meteorologico come «Giorno della Marmotta», in inglese «Groundhog Day».
Il Giorno della Marmotta

Di questa festa si ha notizia fin dal 1886, in Pennsylvania: si osserva la tana di una marmotta. Se questa, uscendo dalla tana, non vede la propria ombra perché il cielo è coperto e quindi resta fuori, significa che l’inverno è quasi finito; se invece il tempo è sereno e la marmotta, uscendo, vede la propria ombra, si spaventa e torna nella tana, l’inverno continuerà per altre sei settimane. La marmotta simbolo è Punxsutawney Phil, che anche quest’anno ha pronosticato altre sei settimane di freddo. E lì il clima non scherza….
Per il filmato della cerimonia, QUI.
E se pensate che sia da stupidi ritrovarsi in diecimila in venerazione di una marmotta, riflettete a cosa è oggi il Festival di Sanremo… Per leggere il comunicato del vescovo di Sanremo, QUI.
Un giorno e un film
L’usanza americana si è già ripetuta 136 volte, una volta all’anno a partire dal 1886, in un giorno che per noi è la Candelora ma che per gli statunitensi è il Giorno della Marmotta.
Aspetti religiosi a parte, il significato meteorologico è lo stesso: in questa giornata si trarranno i pronostici per l’arrivo, o meno, della primavera. Una giornata di mezzo inverno, appunto. Ma nel film omonimo, Il Giorno della Marmotta (1993), in italiano Ricomincio da capo, il giornalista (Bill Murray) che si reca in Pennsylvania a fare un servizio televisivo su Punxsutawney Phil, la marmotta che predice il tempo, rimane intrappolato in un loop temporale e ogni mattina si ritrova a rivivere la medesima giornata senza riuscire a liberarsi.
È stato calcolato che nel film il personaggio di Murray trascorra oltre 12 mila giornate nel loop, l’equivalente di 34 anni. Non si danno spiegazioni di questo fatto, e ciò vale ad accrescere l’alone di mistero e di interesse del film facendone una vicenda esemplare per chiunque.
Il fulcro del racconto, e forse anche il motivo del suo successo e della sua significatività, non consiste nel solo intrappolamento nell’anello temporale in sé e nella ricerca della soluzione per uscirne, ma nel cambiamento interiore e di comportamenti che ne deriva. Infatti, l’antipatico protagonista uscirà dal circolo vizioso che lo intrappola solo quando avrà imparato che non può cambiare la sua situazione ma può migliorare quella degli altri.
Una curiosità: l’attore Bill Murray venne morsicato due volte dalla marmotta con cui girava le scene e dovette fare l’antirabbica.