
Giovanni 5 8«Alzati, prendi il tuo giaciglio e cammina». 9E all’istante quell’uomo guarì: prese il suo giaciglio e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. 10Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare il tuo giaciglio». 11Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi il tuo giaciglio e cammina”». 12Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?».
Questa semplice frase, Prendi la tua barella e cammina, è quasi un tormentone in questo brano, in cui ricorre (in pochi versetti) ben cinque volte. Cinque, come i portici della piscina? Cinque, come i libri della Legge di Mosè? È solo un caso?
Nel testo ricorre cinque volte anche la parola “uomo” (anthropos: vv. 5.7.9.12.15), e cinque volte l’aggettivo “sano” (hyghiés: vv. 4.6.11.14.15), che si trova nel IV Vangelo solo qui e in 7,23, sempre però in riferimento a questo brano. Nella traduzione italiana può sfuggire, perché utilizza il verbo guarire invece che la locuzione divenire sano o essere fatto sano. Per la precisione, una volta ricorre il verbo “guarire” (v. 13) e una volta il verbo “curare” (v. 10).
Prendi il tuo giaciglio e cammina!
Quest’uomo, che è solo un anthropos confuso tra gli altri infermi, una persona qualunque, un nessuno della vita, giace senza forze su un lettuccio: è la malattia della vita, di una vita che è segnata dalla morte. la sua malattia è la vita stessa. Nessuno lo può liberare da questa condizione. Né l’acqua della piscina, né il fatidico numero cinque che sembra scandire la sua vita, la Legge. Nessuno, se non il Figlio che compie le azioni del Padre…
La Legge è buona, indica la via, insegna, guida, ma non dà la vita; non dà neppure la forza per aderire alla Vita. Solo Uno può farlo, uno che è più grande anche del Sabato e che fa divenire il Sabato una festa in cui Dio e l’uomo gioiscono insieme. Ma c’è un problema…