
Preghiera per la Pace: poche parole, alcuni canti e tanti silenzi, come è giusto che sia. Il silenzio si percepiva carico di aspettativa, quasi che in tutti i presenti si realizzasse la parola del Salmista: Gli occhi di tutti sono rivolti a Te in attesa (144,15). Attesa di aiuto, attesa di pace – la pace che non c’è in molti luoghi della terra, la pace che non c’è, spesso, nel cuore della gente. La prima lettura di questo momento di preghiera ha ripercorso infatti la vicenda di Caino (Gn 4,1-10): e la tentazione di Caino è dentro ognuno di noi. Poche parole, dicevo: un brano della Scrittura, la parola di papa Francesco, che a proposito di Caino ammoniva:
«Dio chiede alla coscienza dell’uomo: “Dov’è Abele tuo fratello?”. E Caino risponde: “Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4,9). Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere.
Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra i fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello» (Veglia per la pace 2013).
Colui che di due ha fatto una cosa sola

Non c’è da sorprendersi che, nello schema di preghiera per la Pace proposto dalla Cei, la lettura seguente fosse tratta dalla lettera agli Efesini (2,13-21):
«Fratelli, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito…».
Dall’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco (n. 261)
«Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace».
C’è speranza?

C’è nel profeta Isaia, nel capitolo 19, un passo pochissimo conosciuto, ma impressionante:
23 In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri. 24 In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. 25 Li benedirà il Signore degli eserciti: «Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità».
È veramente impressionante questo oracolo, sconvolgente persino, perché non si limita a profetizzare una pace generica da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra, ma entra nel vissuto di tre popoli che cordialmente si odiavano e storicamente si combattevano, i due grandi imperi che si spartivano la Fertile Mezzaluna, cioè Egitto e Mesopotamia, e il piccolo stato cuscinetto che era Israele, schiacciato fra i due giganti. Popoli nemici che alla fine, dice Isaia, si troveranno in unità fraterna non a sopportarsi, ma a condividere la medesima benedizione del Signore che li ha creati tutti e che di tutti è Padre. E grava su ognuno di noi, ci ricorda papa Francesco, la responsabilità di essere costruttori di pace per quanto possiamo.
Dalle catechesi di papa Francesco (15 aprile 2020)
«La settima beatitudine è la più attiva, esplicitamente operativa; l’espressione verbale è analoga a quella usata nel primo versetto della Bibbia per la creazione e indica iniziativa e laboriosità. L’amore per sua natura è creativo – l’amore è sempre creativo – e cerca la riconciliazione a qualunque costo. Sono chiamati figli di Dio coloro che hanno appreso l’arte della pace e la esercitano, sanno che non c’è riconciliazione senza dono della propria vita, e che la pace va cercata sempre e comunque. Sempre e comunque: non dimenticare questo! Va cercata così.
Questa non è un’opera autonoma frutto delle proprie capacità, è manifestazione della grazia ricevuta da Cristo, che è nostra pace, che ci ha resi figli di Dio. La vera shalòm e il vero equilibrio interiore sgorgano dalla pace di Cristo, che viene dalla sua Croce e genera un’umanità nuova, incarnata in una infinita schiera di Santi e Sante, inventivi, creativi, che hanno escogitato vie sempre nuove per amare. I Santi, le Sante che costruiscono la pace. Questa vita da figli di Dio, che per il sangue di Cristo cercano e ritrovano i propri fratelli, è la vera felicità. Beati coloro che vanno per questa via».