
Buona Pasqua a tutti!
Se il Natale porta la speranza in un mondo gelido e chiuso, la Pasqua parla di pace nel risveglio della natura. Inverno e Primavera stanno fra loro come il vischio e la pratolina, come il silenzio della notte e il trionfo dell’aurora, come una tana tiepida e nascosta ed un nido pieno di pigolii, aperto al bacio del sole. Le poesie di Pasqua dicono rinascita, pace, chiare albe di Resurrezione. Lo dice persino D’Annunzio… o, almeno, sembra dirlo in questa poesia che gli viene attribuita.
Resurrezione (Gabriele D’Annunzio)

Suono di campane,
voce che trasvola sul mondo,
canto che piove dal cielo sulla terra,
nella città sorda e irrequieta,
e nel silenzio dei colli
ove, nel pallore argenteo,
le bacche d’olivo maturano il dono di pace.
Suono che viene a te,
quale alleluia pasquale,
a offrirti la gioia di ogni primavera,
a chiamarti alla rinascita;
a dirti che la terra rifiorisce
se il tuo cuore si aprirà come un boccio,
che ripete un gesto d’amore e di speranza,
levando il mite ramoscello
in questa chiara alba di Risurrezione!
Parla Simone il Cireneo (Countee Cullen)

I tre Vangeli sinottici ricordano un uomo, Simone di Cirene, che fu costretto dai soldati a portare la croce di Gesù. Era un’angheria in senso letterale, cioè una prestazione forzata che le autorità (in questo caso militari) avevano diritto di imporre alla gente comune. La prestazione oltre che forzata era incresciosa, ma è lecito pensare che il Cireneo abbia potuto provare compassione per l’uomo che era costretto ad aiutare? Countee Cullen (1903-1946), uno dei maggiori poeti afroamericani, ritiene di sì.
Egli non mi disse una parola,
Eppure mi chiamò per nome;
Egli non mi fece neppure un cenno,
Eppure io capii e venni.
Dapprima dissi: «Non voglio portare
La sua croce sulla mia schiena;
Egli vuole caricarmela addosso
Solo perché la mia pelle è nera».
Ma Egli moriva per un sogno
Ed era molto mite,
E nei suoi occhi splendeva una luce
Che gli uomini fanno molta strada per trovare,
Fu Lui a conquistare la mia pietà;
lo feci solamente per Cristo
Ciò che tutta Roma non avrebbe potuto ottenere
Coprendomi di lividi, a frustate, a sassate.
Cristo, pensoso palpito di Giuseppe Ungaretti

Ungaretti scrisse queste parole durante la tragedia dell’occupazione nazista di Roma e delle deportazioni dell’8 ottobre del 1943. Una tragedia di cui gli uomini, evidentemente, non sono ancora sazi…
Fa piaga nel Tuo cuore
La somma del dolore
Che va spargendo sulla terra l’uomo;
Il Tuo cuore è la sede appassionata
Dell’amore non vano.
Cristo, pensoso palpito,
Astro incarnato nell’umane tenebre,
Fratello che t’immoli
Perennemente per riedificare
Umanamente l’uomo,
Santo, Santo che soffri,
Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli,
Santo, Santo che soffri
Per liberare dalla morte i morti
E sorreggere noi infelici vivi,
D’un pianto solo mio non piango più,
Ecco, Ti chiamo, Santo,
Santo, Santo che soffri.
Elegia Pasquale di Andrea Zanzotto

Anche un poeta laico può sentire, come una vaga profezia, l’attesa della Pasqua e della Resurrezione che tuttavia non sembrano trovare compimento nel cuore dell’uomo. I riferimenti biblici sono evidenti: gli orti che rimandano al Gethsemani, l’agnello flagellato, il pane purissimo che è desiderio di Eucaristia…
Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
con tutto il tuo pallore disperato,
dov’è il crudo preludio del sole?
e la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmo
ecco l’agnello flagellato
a brucare scarsa primavera
e illumina i mali dei morti
pasqua ventosa che i mali fa più acuti.
E se è vero che oppresso mi composero
a questo tempo vuoto
per l’esaltazione del domani,
ho tanto desiderato
questa ghirlanda di vento e di sale
queste pendici che lenirono
il mio corpo ferita di cristallo;
ho consumato purissimo pane…
Primavera 1938 di Bertolt Brecht

In una metafora di Bertolt Brecht, l’incubo di una guerra che è sempre attuale…
Oggi, domenica di Pasqua, presto
Un’improvvisa tempesta di neve
si è abbattuta sull’isola.
Tra i cespugli verdeggianti c’era neve. Il mio ragazzo
mi ha portato verso un piccolo albicocco attaccato alla casa
strappandomi ad un verso in cui puntavo il dito contro coloro
che stanno preparando una guerra che
può cancellare
il continente, quest’isola, il mio popolo,
la mia famiglia e me stesso. In silenzio
abbiamo messo un sacco
sopra all’albero tremante di freddo.
Uccellino venuto dal bosco (Stefania Plona)

Una poesia concepita per i bambini, che attraverso gli occhi di un uccellino possono con compassione e meraviglia assistere all’evento della Pasqua; ma anche gli adulti possono rivisitare questa compassione e questa meraviglia. Una poesia semplice ma non semplicistica…
Uccellino venuto dal bosco,
che piangendo fuggivi,
cos’hai visto laggiù?
Ho veduto di sotto gli ulivi,
sanguinare Gesù.
Uccellino venuto dal monte,
che scappavi veloce,
cos’hai visto lassù?
Ho veduto tre uomini in croce,
ed in mezzo Gesù.
Uccellino venuto dal piano,
che cinguetti nel volo,
cos’hai visto laggiù?
Ho veduto dal bianco lenzuolo,
risvegliarsi Gesù.
O notte beata
(Preconio pasquale, Liturgia della Veglia di Pasqua)

Anche la liturgia ha la sua poesia, basata sulla profondità e delicatezza dei contenuti. Nel cuore della notte di Pasqua, la Madre di tutte le feste, il diacono canta – o dovrebbe cantare – il Preconio, annunzio e lode della Resurrezione di Cristo (praeco – praeconis era il banditore, l’araldo): una meravigliosa lirica che canta le stupende opera di Dio. Questa ne è una piccolissima parte.
O vere beata nox,
quae sola meruit scire tempus et horam,
in qua Christus ab inferis resurrexit!
Haec nox est, de qua scriptum est:
Et nox sicut dies illuminabitur:
et nox illuminatio mea in deliciis meis.
O notte veramente beata,
tu che, sola, hai meritato di conoscere il tempo e l’ora
in cui il Cristo è risorto dagli inferi!
Questa è la notte di cui è stato scritto:
« E la notte splenderà come il giorno;
la notte sarà fonte di luce per la mia delizia».