Quando si pensa a Piombino si pensa alle acciaierie e ad una brutta città industriale: càpita anche agli stessi abitanti della cittadina costiera. Ma questa è storia recente, risalente a fine Ottocento; ben altra è la storia dei secoli passati. Piombino, infatti, conta ormai 1000 anni tondi tondi, visto che il suo sviluppo è legato alla fondazione del monastero di San Giustiniano, avvenuta nel novembre dell’anno del Signore 1022.
Fondazione di San Giustiniano di Falesia
In un certo senso, Piombino è l’erede di Populonia: il suo stesso nome, secondo l’etimologia più accreditata, nella forma Populinum, significa Piccola Populonia. La famosa città etrusca era già in piena decadenza quando nel 417 Rutilio Namaziano la descrive nel De reditu suo come città morta. Lo scrittore menziona anche il porto di Falesia, nucleo originario di quello che sarà Piombino, nella zona di Portovecchio.
Piombino nascerà dopo che – mille anni or sono -, il 1° novembre 1022, presso il porto di Falesia dove già sorgeva una piccola chiesa, i sei fratelli Ugo, Gherardo, Guido, Tedice II, Rodolfo ed Enrico, figli del conte Tedice o Teodorico della famiglia di origine longobarda che sarà conosciuta a partire dal ’200 come Della Gherardesca, fondarono il monastero di San Giustiniano, intorno al quale nacque e si sviluppò il Castello di Piombino.
Nell’anno 1000 il promontorio di Piombino aveva già perso la sede episcopale trasferita ormai a Massa Marittima, al sicuro dalle razzie saracene. Era però in procinto di acquistare le due abbazie benedettine di San Quirico a Populonia e di San Giustiniano a Falesia, esenti entrambe dall’autorità diocesana, veri e propri feudi con diritti signorili. Dalle due abbazie dipendeva un vasto territorio che arrivava fino a Campiglia, con varie chiese tra cui la pieve di Piombino. Si può anzi dire che il primo nucleo urbano di Piombino sia nato proprio per opera dei monaci di Falesia. Furono loro a proteggerlo e incrementarlo per più di due secoli.
Il monastero di S. Giustiniano fu fondato a Falesia il 22 novembre 1022 presso una chiesa già esistente intitolata a San Giustiniano, concessa a tale scopo dal Papa, «infra comitatum et territorium Popoloniense ubi dicitur Falesia quod est iuxta mare».
La presenza del monastero favorì in zona l’attività di pescatori, marinai e manovali, formanti il germe di quella comunità che sarà Piombino. Tale insediamento fu infatti il vero promotore dell’incastellamento di Piombino (allora, Falesia o Faliegi) e della nascita del centro abitato, la cui prima attestazione storica è datata al 1115.
Ubicazione sconosciuta
Si è persa però ogni memoria dell’esatta ubicazione del monastero. Il documento di fondazione lo dice iuxta mare, vicino al mare; ma per motivi di sicurezza è più probabile che fosse costruito sulla fascia collinare prospiciente la rada, in area poi inglobata dagli stabilimenti siderurgici, nelle vicinanze del Cotone. Era dedicato anch’esso, come la chiesa già esistente, a San Giustiniano; nel XIII secolo gli fu aggiunta la titolatura di San Bartolomeo, e quando vi si trasferirono le Clarisse di Massa di Maremma la titolatura divenne «Santa Maria e San Bartolomeo».
Il castello di Piombino
La formazione del Castello di Piombino, ovvero un centro fortificato che controllava un proprio distretto (al di là della forma edilizia che poteva avere), risale probabilmente ai monaci stessi che vi estendevano i loro diritti signorili. Il nome Piombino è attestato per la prima volta nel documento del 1115 nella forma Plumbinum e questo ha dato origine alla leggenda, priva di fondamento, secondo la quale il nome deriverebbe dal peso in piombo (plumbum) che le navi pagavano come dazio portuale.
Nel 1115 e nel 1135, in due distinti atti, l’abate Uberto cedette cinque sesti del Castello di Piombino (eccetto il monastero): con il primo atto ne cedette tre sesti al giudice Ildebrando procuratore dell’opera pisana della Cattedrale, in cambio di un terreno «prope civitatem Pisanam iuxta ecclesiam et monasterium s. Nicholai» oltre a £ 150 di moneta lucchese. Con il secondo, passò altri due sesti all’arcivescovo di Pisa. Il possesso del castello di Piombino e della sua rocca, «que est sita et posita supra mare, cum turribus et podio, cum casis et edificiis et terris» e soprattutto con il suo porto, rappresentava per la potenza di Pisa un importante scalo marittimo, una base militare strategica e un baluardo per la sicurezza della costa.
Il papa Alessandro III (1159-1181) concesse al monastero la facoltà di battezzare e la cappella di San Lorenzo nel Castello di Piombino divenne pieve. Nel 1215 Innocenzo III confermò al monastero l’esenzione dalla giurisdizione del vescovo di Massa.
Avvicendamenti nel monastero
Ma la vita monastica stava declinando e il monastero si stava svuotando. Dopo varie vicende, il 1° settembre 1256, Alessandro IV fece insediare a San Giustiniano di Falesia le clarisse di Massa Marittima. Vi si trasferirono quindi la badessa e alcune consorelle, che però preferirono risiedere in un possedimento più vicino alla città, la chiesa (“que est prope plumbinum foris portam”) intitolata a Santa Maria. Tra i beni del monastero troviamo anche il traghetto alla foce dello stagno di Piombino, che trasportava homine, mulieres et bestias. Il 23 maggior 1258 Alessandro IV confermò possessi e diritti del benedettini alla clarisse, che il 18 ottobre 1259 ottennero anche i diritti sulle chiese dipendenti del monastero, compresa la pieve di Piombino e la cappella di Sant’Antimo.
A memoria del monastero rimase solo un piccolo oratorio, oggi scomparso, di cui si conserva una foto degli inizi del XX secolo. Restaurato nel 1859 da Giovanni Celati, l’oratorio custodiva un’epigrafe che recitava: Questo oratorio piccolo – col sol nome rammemora – il grande monastero che fu.La chiesetta è stata poi distrutta per far posto alle acciaierie.
Qui le clarisse restarono fino alla definitiva soppressione da parte di papa Sisto IV, essendo rimaste solo in tre. Il 2 marzo 1480, il monastero di S. Giustiniano, S. Maria e Bartolomeo con i suoi beni fu concesso da Sisto IV ai francescani di Piombino il cui convento presso le mura cittadine era stato distrutto nel 1448 per ordine di Rinaldo Orsini, allo scopo di evitare che servisse da quartier generale degli assedianti come era accaduto durante l’assedio del re di Napoli Alfonso d’Aragona. Vi era rimasta la sola chiesa officiata da pochi frati nativi del posto che dimoravano nelle proprie case. I francescani presero ufficialmente possesso del monastero il 14 settembre 1482, anche se vi si erano certamente già trasferiti. Lì resteranno fino al 1558, quando si sposteranno – per l’ultima volta – entro le mura, nell’attuale chiesa della Misericordia, allora intitolata a San Giovanni.
Dalla metà del Cinquecento non si hanno più notizie del monastero di San Giustiniano di Falesia. Nel 1601 viene descritto come un sito sopra il quale si trova la chiesa di S. Bartolomeo “diruta et demolita” (Piombino: Arte e Storia, a cura di M.T. Lazzarini, Pacini, Pisa 2011, p. 53).
E poi…
Ormai la città di Piombino, dal 1399 appannaggio dei signori Appiani e capitale di uno stato (dal 1594, Principato), era divenuto uno dei porti più vitali del Mediterraneo, inserito in un sistema difensivo assai funzionale. Del suo passato più antico rimangono il Torrione (1212), le Fonti di Marina (1248), il castello duecentesco (ristrutturato da Leonardo da Vinci), la Casa delle Bifore (1284 ss.), la chiesa sconsacrata di Sant’Antimo sopra i Canali, la chiesa della Misericordia e la chiesa di Sant’Antimo, tutte del XIII secolo anche se rimaneggiate. Il tutto, sullo sfondo di una vista spettacolare sull’arcipelago toscano, e su una costa bellissima. Non male per una città «solo» industriale, e con l’industria in declino, non è vero?