
Pietro, nei suoi viaggi, si allontana sempre più da Gerusalemme. Adesso Pietro è a Giaffa. La distanza rispetto a Gerusalemme va crescendo. Giaffa la Bella (tanto significa il suo nome), presso l’odierna Tel Aviv, si trova a una sessantina di chilometri dalla Città Santa, sul mare. È il luogo da cui si sarebbe imbarcato il profeta Giona per evitare il suo incarico di predicare la conversione agli stranieri niniviti. Porto di mare, era prevalentemente di popolazione ebraica.
Pietro a Giaffa
Pietro arriva a Giaffa chiamato dalla comunità locale, perché una di loro, una discepola di nome Tabithà, ricca di opere buone e di carità, si è ammalata ed è morta. Tabithà, in greco Dorkàs, significa Gazzella, ma il nome aramaico è assonante con Talithà: vi ricorda niente? In Marco 5,41 questo è l’appellativo che Gesù rivolge alla defunta figlia di Giairo: Fanciulla, io ti dico, alzati!
La scena è simile a quella che Gesù trova nella casa di Giairo: pianti e rimpianti. Pare che Tabithà facesse parte della comunità delle vedove, che piangendo mostrano all’apostolo le vesti che lei aveva fatto. È straziante.
Pietro a Giaffa, come Gesù nella casa di Giaro, fa uscire tutti (Gesù trattenne con sé proprio Pietro, con Giacomo e Giovanni) e prega al capezzale di Tabithà. Nuovamente la frase di Gesù: Tabithà, alzati! Ancora il verbo della resurrezione. Marco aveva riportato la frase in aramaico, Luca può usare solo il greco, ma la frase è la stessa. E lo stesso è quel che segue: le dà la mano e la fa alzare.
Pietro la restituisce viva alla sua comunità: ai “santi”, cioè ai fedeli, e in particolare alle vedove che evidentemente costituiscono già un gruppo di servizio all’interno della Chiesa.
Un crescendo
Se si mette l’episodio in relazione al precedente, quello della guarigione di un paralitico a Lidda, si osserva che sono disposti in crescendo: non solo di distanza da Gerusalemme, ma anche di entità del miracolo. Là si trattava di guarigione da una infermità, qui si tratta di resurrezione dai morti…