
Il Perdono di Assisi è legato storicamente alla chiesetta della Porziuncola, la più amata da San Francesco. Dal 1569, la Basilica di Santa Maria degli Angeli la custodisce come in un immenso, prezioso scrigno.
Di essa il primo biografo di San Francesco, Tommaso da Celano, raccontò:
«Il servo di Dio Francesco, di statura piccola, di mente umile, di professione minore, nel tempo che visse quaggiù, per sé e per la sua fraternità scelse una particella di mondo, per il solo fatto che non gli fu assolutamente possibile servire Cristo altrimenti, che avendo qualche cosa dal mondo.
E non senza una rivelazione e predisposizione divina, già in antico, fu chiamato Porziuncola quel luogo che doveva toccare in sorte a coloro che desideravano di non avere nulla di proprio in questo mondo.
Santa Maria degli Angeli
Vi sorgeva una chiesetta dedicata alla Vergine Madre, la quale per la sua singolare umiltà meritò di essere elevata, dopo il Figlio, alla dignità di capo di tutti gli eletti.
In essa ebbe inizio l’Ordine dei Minori, e come sopra un saldo fondamento, crebbe e si moltiplicò il loro nobile edificio. Il Santo amava questo luogo più di ogni altro, comandò ai frati di venerarlo con rispetto speciale e volle che lo custodissero sempre come specchio di vita religiosa, in umiltà e altissima povertà, riservandone però la proprietà agli altri, e ritenendone per sé e per i suoi soltanto l’uso.
Vi si osservava una rigidissima disciplina in tutto, nel silenzio e nel lavoro e in tutte le altre prescrizioni della regola. Senza tregua, giorno e notte, la fraternità dei Minori di quel luogo era occupata nel lodare Dio e, tutti soffusi di una mirabile fragranza, vi conducevano una vita veramente angelica.
Frate Francesco infatti, pur sapendo che il regno del cielo si può raggiungere ovunque e che la grazia divina non trova difficoltà a scendere sugli eletti ovunque si trovino, tuttavia, si era accorto per propria esperienza che il luogo della chiesa di S. Maria della Porziuncola godeva di una maggiore abbondanza di grazia, ed era frequentemente visitato da spiriti celesti.
Spesso quindi diceva ai frati: “Guardatevi, figli, dall’abbandonare mai questo luogo. Se ve ne cacciassero fuori da una parte, rientratevi dall’altra. Questo luogo infatti è veramente santo e abitato da Dio. Qui il Signore moltiplicò il nostro piccolo numero; qui illuminò i cuori dei suoi poveri con la luce della sua divina sapienza; qui accese le nostre volontà con il fuoco del suo amore; qui, chi avrà pregato con devozione, otterrà quello che chiederà, e chi mancherà sarà punito più gravemente. Perciò, figli ritenete degno di ogni onore il luogo della dimora di Dio, e con tutto il trasporto del vostro cuore rendete in esso lode al Signore”».
Il Perdono di Assisi
Sulla facciata della Porziuncola, G. F. Overbek di Lubecca dipinse nel 1829 – 1830 un affresco raffigurante l’istituzione dell’indulgenza detta Perdono di Assisi. Infatti, proprio alla Porziuncola il Poverello ebbe l’ispirazione di chiedere al Papa l’indulgenza che fu poi detta, appunto, della Porziuncola. Il Diploma di Teobaldo o «Canone teobaldino» è il principale documento storico relativo alla concessione di tale indulgenza da parte di Onorio III nel 1216. Tale documento fu redatto dal frate minore Teobaldo, vescovo di Assisi, nel 1310.
L’indulgenza della Porziuncola
Secondo questa narrazione, S. Francesco, in una notte del luglio 1216, stando in ginocchio nella Porziuncola, vide seduti in trono, circondati da uno stuolo di angeli, Gesù e Maria. Gesù chiese al Santo quale grazia desiderasse per il bene degli uomini. S. Francesco rispose: «Che tutti coloro i quali, pentiti, varcheranno le soglie di questo luogo, abbiano da te o Signore, che vedi i loro tormenti, il perdono delle colpe commesse». Il Signore accolse la sua preghiera purché San Francesco domandasse al Papa di ottenere questa indulgenza.
Francesco allora si recò a Perugia con F. Masseo per incontrare Onorio III e gli espose la richiesta di un’indulgenza senza pagamento di un obolo o compimento di un grande pellegrinaggio penitenziale, e l’indulgenza plenaria fu concessa per il solo giorno del 2 agosto. Una indulgenza di questo tipo era inusitata nel Medioevo, potendo essere accordata solo a chi prendeva la croce per andare a liberare il Santo Sepolcro.
Inizialmente riservata esclusivamente alla Porziuncola, l’indulgenza fu poi estesa a tutte le chiese francescane e infine a tutte le chiese parrocchiali. Ma che cosa significa indulgenza plenaria?
Il Perdono di Assisi e la dottrina delle indulgenze

Cerchiamo di capire che cosa rappresenti l’indulgenza, non certo un commerciale do ut des con cui si possa acquistare un bene spirituale. Lo facciamo citando principalmente il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Il peccato, anche lieve, provoca «un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione»; purificazione che avviene sia in vita (sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere), sia dopo la morte. Tale purificazione libera dalla cosiddetta «pena temporale» del peccato. Questa pena non deve essere concepita come una specie di vendetta che Dio infligge dall’esterno; bensì deriva dalla natura stessa del peccato, che lascia delle conseguenze nella persona e nella comunità. La sua purificazione deve venire da una fervente carità, ma deve essere aiutata dalle opere di misericordia e di carità, come pure dalla preghiera e dalle varie pratiche di penitenza (n. 1472).
In parole molto povere, scomparsa la macchia, rimane l’alone. Ora, anche in questa opera di purificazione dall'”alone” del peccato, il credente non è solo. È accompagnato da tutti gli altri fratelli nella meravigliosa unità del corpo mistico di Cristo che è la comunione dei santi (n. 1474).
La comunione dei santi
«Nella comunione dei santi tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni. In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato» (n. 1475).
Questi beni spirituali della comunione dei santi sono il vero tesoro della Chiesa, fondato sulla redenzione operata da Cristo (n. 1476).
In sostanza, il peccato che pure viene perdonato lascia dietro di sé un’influenza nefasta sulla persona e sulla comunità. Oltre al ricevere il perdono, occorre essere purificati dalle conseguenze del peccato. In questo è di aiuto l’indulgenza.
L’indulgenza: origini
Anzitutto, una precisazione. Lo scopo iniziale dell’indulgenza, nell’antica disciplina penitenziale della Chiesa, era quello di rendere più corto il cammino penitenziale imposto al peccatore pentito. Tale cammino era di solito arduo e gravoso, e l’indulgenza nasce per abbreviarlo: ecco perché si parlava di anni, mesi e giorni di indulgenza. Si trattava effettivamente di tempi che venivano accorciati per poter giungere alla celebrazione della riconciliazione o, nella successiva penitenza tariffata, poter giungere al termine del cammino penitenziale che spesso comportava anni e anni di digiuno e di astinenza o il compimento di pellegrinaggi onerosi o, per chi ne aveva i mezzi, la costruzione di chiese.
Non si deve pensare, invece, che l’indulgenza abbrevi la permanenza del defunto in purgatorio, perché tale permanenza non esiste: il purgatorio, nell’eternità divina, non è un luogo nel quale si debba rimanere per un certo tempo, ma uno stato di purificazione.
L’indulgenza: un aiuto nel cammino di purificazione
La Chiesa, in virtù del potere evangelico di legare e di sciogliere, spinge il cristiano a compiere opere di pietà, penitenza e carità, e gli apre il tesoro dei meriti di Gesù Cristo e dei santi, perché ottenga la remissione delle pene temporali dovute al peccato (CCC. n. 1478). I viventi possono aiutare nello stesso modo anche i defunti nella loro purificazione (n. 1479).
Fino ad un recente passato si concedevano indulgenze in giorni e anni (40 giorni, 100 giorni, un anno ecc…). Quest’uso derivava in particolare dalla prassi della penitenza tariffata (in cui ad ogni peccato corrispondeva una pena precisa secondo una specie di tariffario ad uso dei confessori) dell’alto Medioevo. Paolo VI, con la Costituzione Apostolica Indulgentiarum doctrina del 1° gennaio 1967, ha cancellato questo modo di esprimersi parlando solo di indulgenza plenaria e parziale.
In sintesi: l’indulgenza è un aiuto offerto dalla Chiesa al nostro cammino di purificazione. Non si acquista con offerte in denaro e non si compra eseguendo opere. Si ottiene nella comunione dei Santi aprendoci, mediante un gesto di penitenza, a quel tesoro di Grazia immeritata che è la redenzione operata da Nostro Signore. La concessione dell’indulgenza plenaria ottenuta da San Francesco per tutti i fedeli fu un evento straordinario in pieno Medioevo, quando le indulgenze si contavano in giorni e anni e l’indulgenza plenaria era riservata ai crociati che andavano a liberare il Santo Sepolcro.
Il Perdono di Assisi all’Immacolata di Piombino

Con la festa del Perdono di Assisi si è finalmente aperto uno spiraglio che ha permesso ai fedeli di Piombino di rivedere spalancata la porta della loro chiesa, chiusa da quasi due anni a causa del crollo di parte del tetto, e dei necessari lavori di rifacimento. Due anni molto duri per una comunità privata della propria casa, per di più in regime di norme anti covid che limitavano anche la frequenza dei fedeli nelle altre chiese. Due anni di itineranza qua e là per la celebrazione dei Sacramenti.

Adesso, finalmente, anche se i lavori non sono ancora conclusi, si inizia a intravedere qualcosa. È proprio con la veglia per la festa del Perdono di Assisi che la chiesa dell’Immacolata ha dischiuso un poco i suoi battenti ed ha permesso ai fedeli, raccolti sul sagrato, di gettare uno sguardo e di mettere un piede al suo interno, dove era stato collocato il Crocifisso di San Damiano… appropriatamente, perché fu da questo Crocifisso che San Francesco si sentì dire Ripara la mia chiesa. San Francesco iniziò riparando le chiese di pietra, solo progressivamente comprese che la Chiesa come comunità aveva bisogno di lui e dei suoi frati… Ma anche delle chiese di pietra c’è bisogno, come case della comunità, luoghi di preghiera e d’incontro, centri di carità.
