Per un piatto di lenticchie si giocherà il futuro di un popolo!
Fin dal principio del racconto della loro vita familiare, o meglio fin dalla nascita dei figli (perché Rebecca, come tutte le future mamme di personaggi biblici carismatici, è sterile), le figure di Isacco e di Rebecca sono collegate a quelle dei due figli gemelli, Esaù e Giacobbe. Così diversi nelle caratteristiche fisiche e nell’indole, e così conflittuali fin dal seno materno, Esaù e Giacobbe rappresentano, oltre che un dissidio tra fratelli, il contrasto fra due mondi, due diversi orientamenti nella vita.
Due fratelli, due mondi
Esaù, che ama la caccia, e si presenta quasi come un troglodita tutto coperto di pelo rossiccio (Esaù significa Peloso), un regresso rispetto alla vita pastorale, è il simbolo della vita materiale. Emblema della vita spirituale è invece Giacobbe, l’uomo posato, tranquillo, precisino, che se ne sta nella tenda e piace tanto alla mamma. Ma intanto, questo bambino tanto corretto è nato tenendo in pugno il calcagno del gemello, quasi a tirarlo indietro per nascere prima lui… Il suo nome, infatti, sarà Giacobbe, Colui che tiene il calcagno, ovverossia il Soppiantatore.
Se ne sta anche a cucinare, Giacobbe, ma si serve di questa sua abilità per sfruttare la debolezza del fratello: Esaù tornando esausto dalla caccia gli chiede quella minestra rossa che forse pensa sia una zuppa di sangue. Mal gliene incoglie: il fratello gli strappa in cambio la promessa di cedergli la sua primogenitura, e in effetti non sembra che Esaù l’abbia apprezzata e voluta più di tanto. Viene da chiedersi: il vero primogenito, erede dei beni e del nome della famiglia, è colui che semplicemente è nato per primo, oppure è colui che è in grado di portare avanti il suo compito? L’emozionalità atavica di Esaù (detto Edom sarcasticamente, cioè Rosso, per la minestra che gli era costata la primogenitura), rozzo e viscerale, non sembra predisporlo nel giusto modo all’esercizio di una funzione di guida della casata.
Un detto proverbiale: Vendersi per un piatto di lenticchie
L’atteggiamento di Esaù, espresso nel celebre episodio della vendita della primogenitura per un piatto di lenticchie, è rimasto a significare la svendita di se stessi o di un bene prezioso per ottenere un vantaggio immediato ma irrisorio e non apprezzabile nel futuro. Infatti Esaù, per placare la propria fame immediata, pregiudica il suo futuro rinunciando a ciò che sarebbe stato più importante per lui, l’eredità di Isacco.
Vendersi per un piatto di lenticchie vuol dire dunque darsi via per poco, in cambio di un compenso bassissimo rispetto al valore di quello cui si rinuncia.