
Mentre Apollo è a Corinto, Paolo giunge a Efeso. Vi trova alcuni che sono già discepoli del Signore, quindi fanno parte di una comunità che è già stata fondata in una prima evangelizzazione. Ma Paolo ha una sorpresa quando chiede loro: «“Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?”. Gli risposero: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo”».
In realtà, hanno ricevuto solo il battesimo di Giovanni, che è un battesimo di penitenza, un simbolo della volontà di conversione che il battezzato esprime, ma, privo dell’efficacia del sacramento, non conferisce la Grazia, non fa entrare nella sfera vitale del rapporto con il Dio Uno e Trino. È un Vangelo quello con cui sono stati evangelizzati questi uomini, ma un Vangelo monco.
Ciò si spiega perché siamo appena all’inizio della storia dell’evangelizzazione; ma la situazione di manchevolezza, di parzialità dell’annuncio si può riproporre, per altri motivi, nei nostri tempi i relativizzazione dei valori, in cui si tende a scegliere dal Vangelo (considerandolo anche in quanto S. Scrittura) come da un menu quel che più ci piace scartando il resto.
La Pentecoste ovunque
Paolo corregge il tiro annunciando Gesù:
«Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano».
Adesso sì, c’è l’esperienza dello Spirito, c’è la gioia del Risorto. È una nuova Pentecoste, la terza, quella delle persone di buona volontà che non avevano avuto la possibilità di accedere all’intero Bene che cercavano senza conoscerlo… Queste persone di buona volontà che finalmente hanno Colui che desiderano sono dodici, come se in piccolo riproducessero il collegio apostolico, quei primi discepoli scelti da Gesù in persona. La Pentecoste, cioè, ormai sarà sempre e ovunque.