
La più grande festa è la Pasqua. La Pasqua cristiana nasce nel seno del Pesach ebraico come festa della salvezza. Nell’Esodo la salvezza dal popolo che ha ridotto Israele in schiavitù, una liberazione che è paradigma di ogni forma di liberazione. Nel Nuovo Testamento la salvezza dell’umanità dalla schiavitù del peccato. Nel calendario cristiano, qualunque sia la data del Capodanno, tutto ruota intorno alla Pasqua. Il giorno dell’Epifania (prima Pasqua dell’anno) viene solennemente annunciata la data della Pasqua e poi le altre feste che da essa si dipanano: Quaresima, Ascensione, Pentecoste, Avvento, Natale.
È la Pasqua – non il Natale – il centro dell’anno liturgico, anzi, ogni festa è un modo di celebrare la Pasqua. Non so se ricordate di aver sentito dire, nel parlar toscano, Pasqua di rose: la mia nonna lo diceva, ed era la Pentecoste. Il Natale era la Pasqua di Ceppo, e la Pasqua di Resurrezione la Pasqua d’Ova. Spesso, i nostri vecchi ne sapevano più di noi.
La Pasqua cristiana

Nel primo cristianesimo non esisteva ancora la festa della Pasqua annuale: ogni domenica era la Pasqua settimanale quella che si celebrava, il dies dominicus o dominica, il giorno del Signore. Poi è nata la celebrazione pasquale annuale, la prima festa ad essere codificata: il concilio di Nicea ne fissa la data alla prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera. Questo per chiarire il mistero di questa festa mobile: la primavera inizia il 21 marzo, quindi se il plenilunio coincide con il 20 marzo il primo plenilunio di primavera è 28 giorni dopo e si avrà una Pasqua alta (cioè lontana, entro il 25 aprile), mentre se il plenilunio cade dal 21 marzo in poi la Pasqua si avrà subito, la domenica successiva (Pasqua bassa, vicina).
Ma la Pasqua cristiana è strettamente legata alla Pasqua ebraica, anche come data.
La Pasqua ebraica

Il rito pasquale ebraico era una derivazione combinata delle feste di primavera dei pastori nomadi e dei contadini.
Il sacrificio dell’agnello, in questo caso, non ha valore espiatorio. A Israele non si chiede in questa occasione di espiare i propri peccati, ma solo di aver fede e di aspettare la salvezza dal Signore. Ha un valore apotropaico; ossia di allontanamento del male. Il rito derivava da quello dei pastori nomadi. A primavera, prima di levare le tende per condurre le greggi in cerca dei nuovi pascoli, i pastori aspergevano con il sangue di un giovane animale i pali degli attendamenti; in tal modo speravano di scongiurare i pericoli del viaggio, in particolare l’assalto dello Sterminatore, il Distruttore, lo spirito della morte. L’agnello veniva mangiato insieme ad erbe amare, le erbe del deserto.
Presso Israele, questo rito viene fuso con l’altro, esso pure primaverile, degli agricoltori; i quali purificavano le loro case dal lievito vecchio consumando pane azzimo, quello del nuovo raccolto. Israele li assume entrambi e li fonde, ma li storicizza. Mentre i riti originali hanno carattere stagionale, naturalistico, cioè solennizzano solo un passaggio di stagione, ogni anno identico a se stesso, Israele conferisce loro un carattere di passaggio storico, cioè ne fanno lo zikkaron, l’attualizzazione di un evento: quello della liberazione della notte di Pasqua.
Tutti i particolari della celebrazione acquistano un significato storico; il pane è azzimo perché Dio liberò Israele così prontamente che il pane non ebbe il tempo di lievitare; lo charoseth (una specie di marmellata) ricorda la calcina che gli ebrei schiavi dovevano preparare per gli egiziani; le erbe amare ricordano l’amarezza della schiavitù…
Lo Zikkaron
Il senso dell’aspersione col sangue (il sangue rappresenta la vita) era, nel rito dei pastori nomadi, quello della comunione con la Divinità e fra i membri del gruppo; la vita condivisa rafforza i legami del clan e lo salva. Israele però non lega questo rito alla stagione primaverile, ma alla storia; non si celebra la primavera che torna ogni anno, si celebra un unicum della storia, un evento avvenuto una volta per tutte. Il rito della Cena pasquale ebraica lo attualizza per le generazioni presenti.
Per Israele ogni festa è uno zikkaron / memoriale di un evento salvifico di Dio, che non solo ricorda, ma attualizza oggi ciò che è successo nella storia. Nella celebrazione pasquale si dice:
«In ogni generazione ognuno deve considerarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto, perché il Signore stesso non ha liberato soltanto i nostri padri, ma anche noi insieme con loro» (Haggadah di Pesach).
Questo è il fondamento anche della nostra liturgia: il memoriale (zikkaron) che non è una commemorazione storica, un rammentare cioè riportare alla mente quanto accaduto in passato, né una rievocazione emozionale, un ricordare cioè riportare nel cuore, ma è un rivivere, un attualizzare nel presente quanto è avvenuto una volta per tutte ma è efficace per noi. Questo è il senso forte, vitale, del verbo ebraico zakar / ricordare. È così che la liturgia eucaristica «ricorda», «fa memoria»: non ripete il sacrificio di Cristo, ma porta noi nel Cenacolo, sul Calvario, davanti al Risorto, ci mette in comunione con Lui nella sua Pasqua.
La Pentecoste

La Pentecoste cristiana viene 50 giorni dopo la Pasqua, ed anche quella ebraica. Si chiama, infatti, Shavu‘oth o Festa delle Settimane perché si contano sette settimane (una settimana di settimane) a partire dalla Pasqua. Rappresentava inizialmente il ringraziamento per il termine della mietitura in terra d’Israele. In quel giorno si portavano al tempio le primizie del raccolto: frumento, orzo, uva, fichi, melegrane, olive e datteri (Deuteronomio 8,8).
Ma anche in questo caso, il ricordo riguarda la salvezza operata da Dio: «Mio padre era un Arameo errante…» (Deuteronomio 26,5) con quel che segue, la schiavitù in Egitto e la liberazione.
Deuteronomio 26
1 Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio ti darà in eredità e lo possiederai e là ti sarai stabilito, 2 prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il Signore tuo Dio ti darà, le metterai in una cesta e andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo nome.
3 Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: Io dichiaro oggi al Signore tuo Dio che sono entrato nel paese che il Signore ha giurato ai nostri padri di darci.
4 Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore tuo Dio 5 e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio:
«Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. 6 Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. 7 Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; 8 il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, 9 e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele. 10 Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato».
Le deporrai davanti al Signore tuo Dio e ti prostrerai davanti al Signore tuo Dio; 11 gioirai, con il levita e con il forestiero che sarà in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore tuo Dio avrà dato a te e alla tua famiglia.
Dalla natura alla storia
Il rito di Bikkurim (primizie) esprime quindi la gratitudine verso Dio sia per le primizie dei campi sia per averli guidati in tutto il corso della loro storia. In particolare, esprime la gratitudine per il dono della Torah al Sinai. C’è il passaggio da una festa agricola, stagionale, ad una ricorrenza storica.
La Pentecoste cristiana

La Pentecoste cristiana cade nello stesso giorno di Shavu‘oth e ricorda anch’essa un dono: il dono dello Spirito Santo ricevuto dai discepoli 50 giorni dopo la Pasqua. Con il dono della Legge si costituisce il popolo di Dio, Israele. Con il dono dello Spirito si costituisce la Chiesa. Come per la festa di Pasqua, la storicizzazione della festa di Pentecoste è avvenuta a monte, nell’ebraismo. Due feste stagionali, quindi, di primavera e d’estate, divenute memoriali di eventi storici.
Il video integrale della relazione tenuta il 27 marzo QUI. Trovate la parte trattata in questo articolo a partire dal minuto 12.45.