Anche le nostre case sono luogo di celebrazione. La prima forma di liturgia cristiana nasce in casa; i credenti della prima comunità, infatti, spezzavano il pane (prima definizione dell’Eucaristia: «Frazione del Pane») nelle case, e nelle case pregavano: nel mondo latino, erano le «Domus Ecclesiae», «Case della comunità». Non è un caso che proprio da questa espressione siano nati i nomi di Duomo e di Chiesa intesa come edificio sacro. Il Vaticano II chiama la famiglia «Ecclesia domestica», Chiesa domestica (LG 11). È perciò bellissimo che la Pasqua proprio nelle nostre case sia vissuta: prima l’attesa, poi la festa stessa.
Qui vediamo una composizione realizzata da Patrizia per l’occasione.
Un Vangelo per un anno
Il Vangelo sul leggio, situato di fronte alla porta d’ingresso, si trova lì dal Natale scorso, quando sovrastava la composizione del piccolo Presepe peruviano. «Nel corso del tempo», spiega Patrizia, «ho seguito il percorso liturgico sfogliando le paginette con il testo dell’evangelista Matteo».
La prima immagine, in alto, è quella dell’Ultima Cena, con l’istituzione dell’Eucaristia. Nella parte inferiore della composizione si vedono le Ceneri, raccolte dai bambini del catechismo. L’ulivo benedetto dice l’Osanna gioioso della Domenica delle Palme.
La seconda foto ritrae invece la pagina della Passione del Signore, dove Gesù porta la croce.
Non si tratta soltanto, quindi, di un modo di vivere Pasqua nelle nostre case. Questa si rivela un’idea che sarebbe da proporre per tutte le case in cui si voglia vivere più pienamente l’anno liturgico seguendo le letture evangeliche.
L’albero… di Pasqua
Questa invece, mandata da Giuliana, è la foto di una composizione che sta entrando nelle nostre case per celebrare la Vita: l’albero, non di Natale, ma di Pasqua.
La tradizione è originaria della Germania ed ha un ovvio significato di base naturalistico in relazione alla Primavera che avanza. L’uovo esprime la vita che nasce e benché non sia un simbolo biblico è stato presto legato alla Pasqua – da qui l’usanza di benedire in chiesa le uova da cui iniziare il pasto pasquale. Parliamo dell’uovo vero, quello naturale, di gallina, magari colorato o decorato. Ma oggi, quando si pensa all’uovo di Pasqua, si pensa piuttosto all’uovo di cioccolato con l’indispensabile sorpresa.
Che origine ha l’uovo di cioccolato?
Il nostro comunissimo uovo di cioccolato ha un’origine… nobile. Nel 1883 il celebre orefice Peter Carl Fabergé ricevette da parte dello zar Alessandro III l’ordine di creare un dono speciale per la zarina Maria. Nacque così il primo uovo Fabergé: un uovo in platino smaltato di bianco e contenente un altro uovo, questa volta d’oro, il quale a sua volta racchiudeva due doni: una piccola corona imperiale e un pulcino d’oro. L’uovo Fabergé divenne famoso e contribuì a diffondere l’idea di inserire un dono all’interno.
Secondo alcuni, la tradizione di nascondere doni nell’uovo di cioccolato era già nata nel Settecento in Piemonte, essendo i piemontesi maestri nell’arte cioccolatiera. Secondo altri, la moda era iniziata addirittura col Re Sole, Luigi XIV, che aveva commissionato al pasticcere di corte uova di cacao per celebrare l’arrivo della primavera. Gli inglesi identificano invece l’inventore delle uova di Pasqua in John Cadbury, che nel 1842 modellò del cioccolato a forma di uovo proponendolo come dolce pasquale. Certo è che il processo di creazione dell’uovo di Pasqua si compì per merito del miglioramento delle tecniche per la lavorazione del cioccolato che resero il cioccolato più manipolabile, combinandolo con il latte.