Giornata mondiale del Latino

Parliamo latino
Carpe diem! Foto di Faby Green da Pixabay 

In mare irato, in subita procella, invoco Te, nostra benigna Stella. Sembra italiano? E invece è latino, con lo stesso identico significato. Visto che oggi ricorre la Giornata mondiale del latino, vi ricordo che parliamo latino anche senza accorgercene, non solo facendo citazioni (come Mutatis mutandis, In illo tempore, o Quousque tandem…), ma anche usando inconsapevolmente termini che sono passati nella lingua italiana – e questo è paradossale – attraverso l’inglese.

Parole come tutor, sponsor, campus, focus, exit, bonus, sono termini latini entrati in italiano non direttamente dal latino che è la sua lingua madre ma attraverso l’inglese che ce li ha passati. Altri esempi sono data (dati del computer), status, media.

Parliamo latino: scherzi letterari

Tra latino e italiano c’è, naturalmente, molta differenza, ma anche una vicinanza che non possiamo dimenticare. Ce la ricordano tra l’altro i divertentissimi falsi amici, frasi latine che in italiano suonano tali e quali ma con tutt’altro significato: la più famosa è, forse, I vitelli dei romani sono belli, frase italianissima (anche se alquanto insulsa) che in latino, tale e quale, significa però Va’, o Vitellio, al suono di guerra del dio romano. Vate, lustrales carpe (Vate, raccogli le acque lustrali) diviene, letto in italiano, Vate, lustra le scarpe.

E ci sono gli scherzi cattivi: Magis ter meus asinus est si traduce Il mio asino mangia più di tre volte, ma se si legge unendo le due prime parole (Magis + ter = Magister) si ottiene Il mio maestro è un asino. D’altra parte, gli studenti in qualche modo si devono sfogare.

Si sfogavano anche con i giochi di parole: l’incomprensibile Mala mala mala sunt bona vuol dire semplicemente Le mele (mala, nominativo neutro plurale) fanno bene (bona sunt) per la guancia (ablativo di mala-ae) dolorante (mala, aggettivo), oppure anche Le mele marce (mala = cattive) fanno bene per la guancia. E così via…

Ma che lingua è?

L’iscrizione parla da sé. Autor: Redlands597198 – https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2366112

Salve Regina ! Te saluto, o pia,
nostra tutela in tenebrosa via, 
in sinistra terrifica procella
benigna stella.
Quando te non saluto, o nostra vita, 
gemo in amaritudine infinita;
in tranquilla quiete, te invocata, 
vivo, o beata.
Saluto te, Regina gloriosa, 
arca divina, intemerata rosa; 
te, bella oliva, Iris serena, pura, 
nivea figura.
Quando miser vacillo in vento infido, 
Regina generosa, in te confido; 
in te confido in fausta, in dura sorte, 
in vita, in morte.

Questa composizione del sacerdote linguista Anacleto Bendazzi (1883-1982), ve lo assicuro, è in perfetto latino. Anacleto Bendazzi resta forse il più celebre degli enigmisti italiani; specialista in tutti i giochi enigmistici, compose persino una Vita di Cristo in 666 esametri (non potevano essere uno di meno, né uno di più), e riuscì addirittura a morire a 99 anni (numero palindromo) in una data palindroma: 28.2.82.

Un altro esempio è una composizione scolastica del Settecento, un Elogio a Venezia che gli studenti dovevano comporre in latino. Quando Mattia Butturini consegnò il compito al professore, la sua composizione suonava così:

Te saluto, alma dea, dea generosa, 
O gloria nostra, o veneta regina; 
In procelloso turbine funesto 
Tu regnasti secura: mille membra 
Intrepida prostrasti in pugna acerba. 
Per te miser non fui, per te non gemo, 
Vivo in pace per te: Regna o beata, 
Regna in prospera sorte, in pompa augusta, 
In perpetuo splendore, in aurea sede! 
Tu severa, tu placida, tu pia, 
Tu benigna, me salva, ama, conserva.

Giustamente, il professore si spazientì obiettando: «La poesia doveva essere in latino!». E altrettanto giustamente lo studente ribatté: «Ma è in latino, professore!». Infatti.

Conclusione? Studiamo il latino, ragazzi. Non perdiamo le nostre radici, e al tempo stesso non manchiamo di approfittare di una utilissima palestra mentale…