
Adesso Farè si attacca ad un altro elemento per contestare la validità dell’elezione di papa Francesco: Papa dubius Papa nullus. Scende così ulteriormente non solo nell’inconsistenza delle argomentazioni ma anche nel ridicolo. Sentiamo cosa dice.
Papa dubius Papa nullus secondo Farè
«Esiste un ulteriore elemento proveniente dalla tradizione canonistica da prendere in considerazione: si tratta del criterio Papa dubius Papa nullus (Papa dubbio Papa nullo), che parafrasato vuol dire che se esiste il dubbio che un papa non sia stato canonicamente eletto allora questi non è Papa. Scrive il cardinale Gianfranco Ghirlanda, professore emerito di diritto canonico alla Pontificia università Gregoriana: “Esiste il caso di Papa dubbio. Se si tratta di un dubbio positivo e insolubile circa la legittimità dell’elezione, la dottrina afferma che il papa dubbio è Papa Nullo. Infatti questi non ha mai ricevuto la potestà in quanto per natura sua la giurisdizione postula dei sudditi che devono obbedire, ma nessuno è tenuto ad obbedire un superiore incerto. Se avrebbe un papa senza sudditi”.
Si tratta di un criterio che si applica in generale a tutti i superiori ecclesiastici: se esiste anche solo un dubbio, non una certezza, che il superiore non abbia effettivamente la carica che dice di avere, non gli si deve obbedienza. Questo per ovvio motivo teologico: il Vangelo di Gesù è un Vangelo di libertà e l’obbedienza in senso cristiano trova la sua ragione solo nella misura in cui l’autorità rappresenta e veicola la volontà di Dio. Un usurpatore non potrà mai farlo.
Ritorno su Papa dubius Papa nullus: ho illustrato le motivazioni che provano l’invalida elezione del Cardinale Bergoglio. Da diversi altri (sacerdoti, teologi, canonisti, avvocati, intellettuali in genere) ne sono state sollevate di analoghe e di diverse e quindi un dato di fatto è che l’elezione del Cardinale Bergoglio è stata messa in dubbio da più parti e ciascuna di queste ipotesi non ha avuto smentite ufficiali da parte della Santa Sede. Non c’è stata alcuna confutazione delle copiose argomentazioni presentate in tutti questi anni e neppure una semplice presa di distanza da esse.
Anche nel caso di sacerdoti scomunicati per aver affermato non valida l’elezione di Papa Francesco è stata dichiarata la scomunica latae sententiae per scisma ma non mi risulta che sia stata dimostrata l’infondatezza delle loro argomentazioni Questo è un problema, perché papa Francesco è certamente un papa dubbio. Molti hanno messo in dubbio la sua elezione, pertanto non dovrebbe essere considerato Papa.
Anche secondo il criterio Papa dubius Papa nullus a maggior ragione non possono essere scomunicati per scisma coloro che dubitando della sua elezione si rifiutano di obbedirgli. Infatti numerosi fonti di diverse epoche concordano nel dire che non compie delitto di scisma chi rifiuta di obbedire un papa dubbio. Il gesuita tedesco Franz Xaver Wernz che è stato un importante canonista e rettore della Pontificia Università Gregoriana ha scritto: “Non possono essere considerati scismatici coloro che rifiutano di obbedire al romano Pontefice perché sospettano della sua persona o ritengono che sia stato eletto in modo dubbio a causa di voci diffuse come accadde dopo l’elezione di Urbano VI”,
Il cardinale Tommaso de Vio, teologo e filosofo che fu anche Preposito Generale dei domenicani, scrisse: “Se qualcuno per un motivo ragionevole sospetta della persona del papa e rifiuta la sua presenza e persino la sua giurisdizione, non commette il diritto di scisma né alcun altro, purché sia pronto ad accettare il Papa se non fosse sospettato”.
Il gesuita Cardinale Juan de Lugo, considerato uno dei più grandi teologi del suo tempo, scrisse: “Non sarà scismatico chi negherà la sottomissione al Papa perché dubita probabilmente della sua legittima elezione o della sua autorità”.
Padre Ignacius Szal, autore di un’opera di diritto canonico incentrata sul rapporto con gli scismatici, analizzava: “Non c’è nemmeno scisma se si rifiuta l’obbedienza in quanto si sospetta della persona del Papa o della validità della sua lezione o se si resiste a lui come capo civile di uno Stato”».
La risposta: Papa dubius? Ma dove è il dubium?
Questa argomentazione è ancora più ridicola delle precedenti. È inutile che il Farè accumuli citazioni su citazioni di illustri canonisti per dimostrare… che ha sfondato una porta aperta! È inutile che si affanni a dimostrare un principio giuridico già riconosciuto valido, presumibilmente per far vedere quanto siano serie le sue ricerche. Nessuno nega il principio giuridico Papa dubius, Papa nullus. Il problema sta altrove, nella legittimità della sua applicazione. Il problema sta infatti nella natura del dubium che alcuni accampano, del tutto inconsistente. Sta anche nel fatto che costoro sono una sparuta quanto fragorosa minoranza che non può produrre un fondamento serio delle proprie asserzioni. Infatti finora non ha dimostrato proprio nulla, neppure la serietà del dubbio. Ma lascio ancora una volta la parola ai giuristi.
Papa dubius, papa nullus secondo gli esperti Boni – Ganarin
Al termine della “parte giuridica” del lavoro reso di pubblico dominio da Giorgio Maria Faré, l’autore rievoca il principio, «proveniente dalla tradizione canonistica» (p. 11), secondo cui in caso di dubbio sull’elezione il papa deve necessariamente ritenersi nullo (papa dubius, papa nullus).
Nonostante si richiami un contributo di Gianfranco Ghirlanda, pubblicato nel 2013 ne La Civiltà Cattolica (cfr. Cessazione dell’ufficio di Romano Pontefice, in La Civiltà Cattolica, CLXIII [2013], I, pp. 445-462) e nel quale il noto canonista sostiene che tale principio valga solo in presenza di un «dubbio positivo e insolubile», Faré si discosta dalle consolidate acquisizioni della canonistica rilevando che «se esiste anche un solo dubbio (non una certezza!) che il superiore non abbia effettivamente la carica che dice di avere, non gli si deve obbedienza» (p. 11, il corsivo è aggiunto).
Sarebbe perciò sufficiente che nella Chiesa qualcuno nutrisse sospetti, più o meno fondati, sulla legittimità dell’elezione papale per “spezzare” il vincolo di comunione che unisce il popolo di Dio alla gerarchia (cfr. can. 205 CIC); anzi, costituirebbe «un dato di fatto che l’elezione del Card. Bergoglio è stata messa in discussione da più parti e ciascuna di queste ipotesi non ha avuto smentite ufficiali», non avendo la Santa Sede replicato alle «copiose argomentazioni avanzate in tutti questi anni».
Di conseguenza, «Papa Francesco è certamente un Papa dubbio» (p. 11), e addirittura per «Bergoglio e almeno parte del Collegio cardinalizio […] non si può neppure presumere la buona fede» perché «sono sempre stati consapevoli dell’invalidità dell’elezione» (p. 13).
Si tratta di considerazioni del tutto peregrine. Può indubbiamente insorgere un dubium sulla validità di un’elezione, inclusa quella del vescovo di Roma: ma esso dovrebbe anzitutto contraddistinguersi per alcune caratteristiche pregnanti che delineano i contorni di uno stato oggettivo di incertezza, eventualmente propagatosi in una parte consistente della comunità dei christifideles sparsi per il mondo (sebbene il grado di diffusione di un dubbio non costituisca un “indice” rivelatore del suo fondamento obiettivo).
All’opposto, le teorie rilanciate da Faré non integrano gli estremi di un dubbio oggettivo, positivo e probabile, facendo leva su asserzioni apodittiche e preconcette, non sostenute da un impianto argomentativo robusto, tale cioè da porsi quale alternativa attendibile rispetto a ciò che viene sbrigativamente etichettato come la “vulgata”, cioè la versione ufficiale falsamente veicolata dai mass media (sui tipi di dubbio rilevanti nell’ordinamento canonico cfr., per tutti, Eduardo Baura, Parte generale del diritto canonico. Diritto e sistema normativo, cit., pp. 369- 370).
In sostanza, il livello di credibilità delle tesi propalate appare visibilmente inconsistente: e poco o nulla serve lamentare la presunta malafede dei cardinali o intentare iniziative malaccorte e controproducenti come l’istanza al Tribunale di prima istanza dello Stato della Città del Vaticano, presentata per richiedere «il riconoscimento della nullità dell’abdicazione di Papa Benedetto XVI» (p. 24).
Al riguardo, si attende ancora oggi che i soggetti promotori delucidino quali sarebbero i fondamenti giuridici della petitio, inoltrata all’organo di giustizia operante nel minuscolo Stato d’Oltretevere, che non ha però nessuna competenza per trattare di problematiche del genere, afferenti per loro natura alla Santa Sede e perciò all’ordinamento canonico, e non certo a quello vaticano: ordinamenti distinti, pur essendo tra loro peculiarmente correlati.
Sintetizzo: Papa dubius Papa nullus… sì, ma non in questo caso
Qui, Farè si affatica a sfondare una porta aperta, probabilmente per far vedere quanto siano forti i suoi argomenti. Ma sul principio Papa dubius Papa nullus non c’è niente da eccepire: è così. Ancora una volta si confonde artatamente la forma con la sostanza: quale deve essere la natura del dubium che giustifichi la nullità dell’elezione pontificia? Il parere di qualche giornalista? Di qualche avvocatucolo non competente in materia?
- Deve trattarsi, invece, di un dubium positivo, quindi oggettivo, non arbitrario, e insolubile, cui non è possibile dare risposta. Ma questo non è, perché alle argomentazioni di Farè e di quelli della sua parte è possibilissimo dare riposta dimostrandone l’infondatezza.
- Deve essere un dubbio diffuso, al contrario di quanto asserisce Farè, secondo il quale basta anche “un solo dubbio” o “qualcuno” che nutra un dubbio. Ma vogliamo scherzare? Siamo nel regno del puro arbitrio?
- La Santa Sede non risponde? Cioè, non risponde ad asserzioni del livello di “Il bianco è nero e il nero invece è bianco”? Deve dimostrare che viviamo respirando aria, bevendo acqua e mangiando cibo? Questo si pretende?
- Quale confusione sovrana regni in queste menti si dimostra ampiamente con un fatto esilarante. Il team di Cionci ha depositato una istanza che chiede di riconoscere la nullità dell’abdicazione di Benedetto XVI. Però lo ha depositato presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Si discende sempre più nell’abisso della ridicolaggine. Ma questo lo riservo per la prossima volta. Anticipo soltanto che è se come uno ricorresse al Tar perché il suo parroco canta in italiano invece che in latino…