Padre Giustino Senni a Piombino: l’apostolo di una città operaia

Padre Giustino Senni
Padre Giustino Senni (1880 – 1929)

Il 21 febbraio ricorre l’anniversario della scomparsa di padre Giustino Senni, avvenuta nel 1929. Una figura di apostolo che dedicò tutta la sua vita agli altri. E la città di Piombino non lo dimentica.

Il ritorno del francescanesimo

Le soppressioni napoleoniche del 1806, sotto il governo di Elisa Baciocchi Bonaparte, sembravano aver cancellato il francescanesimo da Piombino; triste situazione, se si pensa che i primi frati si erano stabiliti nel borgo, in un primo convento fuori le mura, fin dal lontano 1260. Dopo la partenza dei conventuali, il convento francescano ubicato presso la chiesa detta oggi della Misericordia non aveva più ripreso vita. Ma con l’inizio del Novecento i seguaci di San Francesco tornano: nel 1902, il 24 giugno, i Frati minori hanno la gioia di veder consacrata la loro nuova chiesa dell’Immacolata.

Una situazione difficile

L'Immacolata di Piombino nel primo ventennio del Novecento
La chiesa prima della costruzione di Via San Francesco

Piombino versava allora in condizioni veramente miserevoli. Per effetto dell’industrializzazione, la città stava vertiginosamente crescendo, passando dai poco più di 4.000 abitanti del censimento del 1881 ai 18.619 del 1911 (arriverà a toccare i 40.000, con un incremento costante, nel 1971).

La numerosa popolazione operaia viveva spesso in situazioni inumane, flagellata dalla povertà e dalle malattie, ed oltre tutto soffriva della perdita delle proprie radici storiche, a causa del massiccio e mal gestito inurbamento. L’anticlericalismo era assai diffuso e, scriveva il P. Paiotti, «minacciò di travolgere anche i Francescani quando nel 1911 si videro costretti a preparare alcune barche fra gli scogli sottostanti al Convento, per salvarsi nel mare in caso di un assalto minacciato e prossimo a divenire realtà» («Eco del Santuario dell’Immacolata» II, giugno 1926, pag. 7). Persino durante i funerali i frati erano costretti a staccare la croce dall’asta che portavano processionalmente per evitare che divenisse bersaglio di sassi o immondizie.

Ostilità

L’ostilità fu dissipata dall’opera del padre Giustino Senni, che grazie alla sua azione sociale e al suo spirito dialogico, uniti ad una forte fede, riuscì a riconciliare la città con la presenza cristiana. Veramente il suo primo approccio non fu esaltante: quando per la prima volta lui e i frati che lo accompagnavano misero piede al Cotone, furono accolti dal grido ripetuto: «Bruciateli! Bruciateli!». Per i frati che ne sentivano parlare, Piombino era una città che faceva paura al solo rammentarla. Questo fu il contesto in cui padre Giustino si trovò a svolgere la sua missione, senza perdersi d’animo.

Padre Giustino era arrivato nel 1917 da Lucca, dopo 13 anni di servizio trascorsi in quel convento in una situazione sociale e religiosa completamente diversa. Si reiventò. Partì da un’azione sociale che era necessaria per stabilire un dialogo, ma era necessaria anche di per sé, per venire incontro alle situazioni di miseria in cui vivevano gli operai e le loro famiglie. Lo fece su vari fronti.

I problemi dell’occupazione

Padre Giustino Senni a Piombino. 11 giugno 1922
Padre Giustino il giorno delle Prime Comunioni, 11 giugno 1922.
Il terzo bambino in basso da destra è Piero Cavicchioli

Uno fu quello dell’occupazione. Nella crisi delle industrie l’Ilva aveva deciso di chiudere lo stabilimento; a novembre del 1921 molte famiglie erano sul lastrico. Gli affamati affollavano il convento, ma la carità spicciola dei frati non riusciva ad alleviare la miseria e la disperazione di tanti. Occorreva una iniziativa.

Scrive il prof. Elvio Natali: «In tale frangente notevole è l’intervento di padre Giustino che fa opera di mediazione tra operai e direzione generale degli alti forni. Un giorno, riferisce la cronaca del convento, padre Giustino raccoglie centinaia di operai disoccupati in chiesa, parla loro, li fa pregare, fa promettere il massimo rispetto, disciplina, moderazione nelle pretese […] Fa la spola tra il convento e gli uffici della direzione, ottiene promesse. Il padre che ha una lista di 500 disoccupati, ci dicono, riesce a collocarli tutti» (Una vita per gli altri, vita e opere di p. Giustino Senni, Tip. Cattolica Fiorentina, Firenze 1979). «Era l’ufficio di collocamento di Piombino», ricordava uno dei testimoni della sua opera, Piero Cavicchioli.

A maggio, dopo sei mesi di disoccupazione, la fabbrica riapre.

Un aiuto fraterno

L'inaugurazione dell'acquedotto di Piombino, 18 ottobre 1925
Padre Giustino il giorno dell’inaugurazione dell’acquedotto

Nessuna adesione di fede era mai chiesta per ricevere un aiuto: bastava che vi fosse una situazione di bisogno. Accadde per esempio, alla processione di venerdì santo del 1920, che il rito religioso, guidato da padre Giustino, fosse disturbato da vari facinorosi, che si fecero sotto la statua della Madonna per rovesciarla; altri lanciarono sassi e si udirono persino colpi di arma da fuoco. I disturbatori furono poi arrestati e condannati. Uno di loro si ridusse in seguito a chiedere vitto dai frati e l’ottenne.

Padre Giustino non dimenticava neppure i detenuti del carcere mandamentale, uomini e donne: andando a visitare i carcerati portava loro vino, frutta, sigarette, vestiario, e si intratteneva anche per fare due chiacchiere, per dare notizie da fuori e per farli sentire ancora parte del mondo.

L’azione, la vita di preghiera e la carità

Giorno e notte, padre Giustino era sempre in moto, sempre in azione. Un mio anziano collega mi raccontò: «Io padre Giustino non l’ho conosciuto, perché sono nato nell’anno in cui è morto. Ma mio padre, che era un accanito anticlericale, mi diceva che quando si vedeva padre Giustino per le strade, era sempre in giro a fare del bene». Padre Giustino soleva dire: «Facciamo noi la nostra parte, e Dio farà il resto. Perché diffidare? Non cala il panierino dal cielo, ma se noi faremo tutto il nostro dovere, penserà Dio a perfezionare e a solidificare l’opera nostra».

Un aspetto forse meno conosciuto, però, è quello della sua vita di preghiera. Non era un contemplativo, ma ogni ritaglio di tempo lo dedicava alla preghiera e alla meditazione, e spesso i confratelli lo trovavano in chiesa a pregare all’alba, dopo una nottata passata presso il capezzale di un malato. Visse in perfetta povertà: tutto quello che aveva, che gli passava per le mani, lo donava ai poveri, persino la camiciola che gli era stata regalata da amici, e che lui a sua volta passava ad uno dei tanti bisognosi che a lui si rivolgevano.

Per le strade

I piombinesi lo vedevano spesso per le vie della città, sempre con la corona del rosario in mano:

«ed ecco il fratino, rivestito appena, nel cuor dell’inverno, girare a piedi scalzi per le vie di Piombino e dei paesi, in mezzo all’acqua, al fango, alla neve e al ghiaccio; eccolo nel cuor della notte correre, sotto l’imperversare della bufera ed il soffiare del vento minaccioso, al letto degli ammalati o dei moribondi; eccolo al tavolino della sua nuda cella o del disordinato archivio, eccolo genuflesso, immobile, irrigidito quasi, sui gradini freddi dell’altare, assorto nella preghiera.[…] Povero visse e povero morì. Quando – subito dopo la sua morte – il confratello volò al convento a prendere il necessario per vestirlo, non trovò nella cella dell’estinto (tranne il letto, il genuflessorio e un nudo tavolo) che una cassa con un paio di mutande … vecchie, rotte, sgualcite»

(Magnani e Gombi, L’apostolo della nuova Piombino, Lucca 1930, p. 134).

P. Bonaventura Valdiserri, ormai molto anziano, lo ricordava in una testimonianza scritta:

«Tutto quello che poteva avere a portata di mano lo donava (ricordo che un giorno dette via perfino il mantello che indossava!) e la sua carità era di una delicatezza e finezza squisitamente cristiana e perciò genuinamente umana: a proposito mi viene in mente quest’episodio: c’era una fanciulla ammalata gravemente (poi morì…) che desiderava avere una bambola; quando padre Giustino lo seppe non ebbe pace finché non riuscì a contentarla, andando a chiedere l’elemosina per lei…» (Archivio del Convento).

Il Laboratorio per le ragazze

Le opere di padre Giustino: la sartoria
Per l’occupazione femminile: la sartoria

I problemi dell’occupazione non erano solo quelli maschili. Nell’industria siderurgica non c’era lavoro per mano d’opera femminile: se veniva a mancare il capofamiglia, le donne non potevano sopperire, non avendo possibilità di lavoro.

La preoccupazione di padre Giustino era di dare lavoro non solo agli operai, ma anche alle ragazze, per dare loro delle possibilità per il futuro. Scuole di cucito e di ricamo esistevano, ma servivano appena a levarle dalle strade per certe ore. L’unico mezzo per mettere al sicuro era dare lavoro.

Questo convinse padre Giustino ad aprire un laboratorio per le ragazze. Nel maggio 1923, con l’aiuto anche delle direzioni degli Stabilimenti, i frati acquistano tre macchine per il nuovo Laboratorio di maglieria e il 13 giugno questo si inaugurò con la prima operaia, Angiolina Innocenti, nei locali del teatrino, per poi trasferirsi nei locali del convento sgomberati dal lazzaretto.

Vi fu anche un tentativo di aprire una fabbrica di cappelli di paglia, per far lavorare anche le detenute del carcere di Piombino,  ma non attecchì: la città era ormai refrattaria ad ogni forma di attività che non fosse legata al mondo dell’industria.

Nel settembre 1923 le prime operaie erano una quindicina, lavoravano le maglie e cucivano vestiti specie per il lavoro degli operai. Chiunque avesse avuto necessità reale di un impiego, bastava che bussasse al convento; alle lavoratrici non era richiesta alcuna professione di fede. Se poi molte di loro hanno chiesto il battesimo, si sono riaccostate ai sacramenti o hanno persino intrapreso la via della consacrazione religiosa nelle Suore Minime, è stato per loro libera scelta. Nel 1926, il laboratorio funzionava con 80 operaie divise in tre reparti: sartoria, maglieria, telai. Non potendo accogliere altre ragazze, Giustino cercava il modo per farle lavorare a casa e farle, così, guadagnare.

L’Orfanotrofio

Le opere di padre Giustino a Piombino: l'orfanotrofio. La prima bambina accolta
Paolina, la prima bambina accolta da padre Giustino

Il giorno di Natale del 1923 all’Ospedale si trova ricoverata una bimba, macilenta e abbandonata dalla famiglia: al momento di dimetterla, non sapendo dove collocarla, le suore ne parlano a padre Giustino. Il Padre senza pensarci risponde subito: «portatela alle vostre consorelle al convento; qualcuno penserà anche a lei». È Paolina, la prima bambina che verrà ospitata in convento, il nucleo del futuro Orfanotrofio. Padre Giustino la chiamerà sempre «la fondatrice». Nel maggio successivo le bimbe sono cinque: Tosca, Egle, Flora, Armanda e Paolina. Sette mesi dopo sono otto. Per quasi cento anni l’orfanotrofio, poi Istituto Senni, verrà incontro alle necessità educative del territorio.

L’educazione dei piccoli

L’asilo del Cotone

Le opere di padre Giustino: asilo del Cotone con suor Loreta
I maschietti del Cotone con suor Loreta

Era già presente in città l’asilo Pro Patria retto dalle suore Giuseppine, ma non bastava a soddisfare l’esigenza di un gran numero di bambini che vivevano nelle condizioni più miserevoli, ambientali e soprattutto morali. Il centro più bisognoso era la borgata del Cotone, priva di assistenza religiosa e di ogni servizio, che allora faceva parte del territorio parrocchiale dell’Immacolata. I frati vi celebravano la Messa in una baracca e cercavano di raccogliere a catechismo i bambini che per il resto erano del tutto abbandonati a se stessi.

Un’opera indispensabile

Fin dal suo primo arrivo al Cotone padre Giustino aveva avuto l’idea di fondarvi una chiesa e un edificio scolastico, ma l’idea poté concretizzarsi solo nel 1923, quando la espose a papa Benedetto XV, ne ebbe un incoraggiamento e un contributo immediato di un milione di lire, e in tempi rapidi riuscì a porre la prima pietra (12 luglio 1923). Giungono da Roma come maestre le suore Giuseppine e l’asilo del Cotone viene inaugurato il 4 novembre 1924. Dopo poco più di un anno, infatti, la parte del fabbricato destinata ad asilo infantile era già finita ed ospitava circa 150 bimbi. Padre Giustino, di fronte all’alternativa di portare a compimento prima l’asilo o prima la chiesa, non ha dubbi: dà la precedenza all’asilo come opera sociale ed educativa indispensabile alla sussistenza e alla dignità delle famiglie operaie.

L’asilo dell’Immacolata

Le opere di padre Giustino: asilo dell'Immacolata
I bambini dell’asilo interno alla parrocchia

Padre Giustino era solito dire che per Piombino sarebbero stati necessari quattro asili, ma per il quarto si doleva di non aver provveduto per tempo. Il terzo (dopo il già esistente Pro Patria e il nuovo asilo del Cotone) viene inaugurato il 4 novembre 1925 nella costruzione eretta accanto alla chiesa dell’Immacolata, a destra della facciata, poi chiamata teatrino: è l’asilo dell’Immacolata. Nel 1926 i bambini iscritti erano 150.

Gli ultimi anni

Benedizione della statuetta di San Francesco nella via omonima a Piombino. 4 novembre 1926
Una folla incredibile alla benedizione della statuetta di San Francesco collocata il 4 novembre 1926 all’inizio della via omonima, da poco inaugurata. L’officiante è padre Giustino

Per raccogliere i finanziamenti necessari per l’opera del Cotone, nel maggio 1927 padre Giustino si reca negli Stati Uniti d’America allo scopo di fare collette presso gli immigrati italiani. Scriveva quotidianamente alle orfanelle, che gli rispondevano chiamandolo «Babbo», e scriveva anche ai bambini dell’asilo. Era consapevole che nei bambini risiedono il futuro e la speranza, soprattutto per una città come Piombino che allora necessitava di un’opera di rieducazione a partire da zero.

Il ritorno dall’America

Nel novembre 1928 padre Giustino tornò dall’America, ma tornò malato. Pochi mesi dopo il suo ritorno a Piombino, nel febbraio del 1929, necessita di essere ricoverato all’Ospedale. Viene mandata a chiamare una lettiga della Pubblica Assistenza, ma i volontari non hanno voglia di muoversi, è tempo di influenza, si sentono poco bene anche loro. Venendo a sapere che il malato che ha bisogno di ricovero è padre Giustino, però, saltano in piedi: «Per padre Giustino si va anche se abbiamo la febbre a 40!». Padre Giustino di fronte a tanto affetto dirà: «Non ho mai fatto un viaggio più bello in vita mia».

Le Cronache del convento registrano, in data 19 febbraio, alcune delle sue ultime parole:

Vorrei aiutare… vorrei consolare tutti i più bisognosi… ma per farlo ci vorrebbero i milioni dell’America… e non mi basterebbero.

Tuttavia il ricovero è inutile e padre Giustino il 21 febbraio muore.

Funerali di padre Giustino Senni
Gli imponenti funerali di padre Giustino. Traslazione nella chiesa dell’Immacolata

Aveva appena 49 anni, ma aveva lasciato un segno profondo nella città. Lo dimostra l’imponenza dei suoi funerali, per i quali tutta la città si fermò a rendergli omaggio: e questo per due volte, la prima il 22 febbraio 1929 e una seconda volta quando il corpo fu traslato nella nuova chiesa del Cotone, che egli non aveva potuto vedere terminata, per essere poi deposto nel sepolcro allestito nella chiesa dell’Immacolata con autorizzazione prefettizia. Lì, ancora, riposa.

Una via cittadina porta il suo nome, e porta il suo nome anche la scuola materna che vi ha sede.

Aiutiamo l’Immacolata per il rifacimento del tetto

La parrocchia tanto amata da padre Giustino è una comunità che sta vivendo in uno stato di itineranza, a causa dell’inagibilità della chiesa verificatasi ormai oltre un anno fa. I lavori di rifacimento del tetto sono ancora in corso, e la somma necessaria a pagarli è notevole.

Cronistoria dell'Immacolata
Cronistoria dell’Immacolata

Su questo piccolo libro potrete trovare molte notizie interessanti sulla sua storia, con le immagini più significative. Acquistarlo è anche un modo per aiutare l’Immacolata a pagare i lavori di rifacimento del tetto. Il libro è reperibile anche presso la cartoleria Jolly di via Fucini: QUI.