«Dicci, padre Brown, che cos’è la vita…»

Renato Rascel interprete di Padre Brown.
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Potete trovare in libreria, nelle edizioni San Paolo, una nutrita serie di racconti imperniati su Padre Brown, il prete detective inventato da G.K. Chesterton (1874-1936). Il grande scrittore inglese, ancora prima di convertirsi, nel 1922, al cattolicesimo, si ispirò alla figura dell’amico padre John O’Connor per ideare oltre 50 racconti gialli il cui protagonista, un piccolo trasandato, impacciato, insignificante prete di campagna risolve i misteri più complicati con la forza della ragione e il supporto della fede e dell’esperienza del confessionale, il tutto insaporito da una buona dose di humour. Raccomando in particolare L’innocenza di Padre Brown e La saggezza di Padre Brown.

L’autore, G.K. Chesterton, fu uno dei più prestigiosi scrittori della prima parte del Novecento, e questo non benché fosse uomo di fede, ma proprio perché uomo di fede. Nelle sue opere non ebbe timore di testimoniarla, e fu il suo saggio L’uomo eterno a contribuire alla conversione di C.S. Lewis al cristianesimo.

La storia gialla più importante del mondo

Con il suo abituale acume e il suo impeccabile humour britannico, Chesterton riuscì a dare una definizione geniale della vita di Cristo: «Tutta la scienza, anche la scienza divina, è una sublime storia gialla. Solo che non è impostata per rivelare perché un uomo sia morto, ma il segreto più oscuro del perché egli viva» (Gilbert Keith Chesterton, La mia fede).

Non perché qualcuno è morto, ma perché Qualcuno è vivo… Un giallo alla rovescia, dunque, il cui mistero è ancora da risolvere appieno. Ed anche la letteratura gialla si prestava, secondo Chesterton, a suscitare domande ed a parlare di fede. Il suo personaggio principale, Padre Brown, è rimasto memorabile.

Quando Chesterton morì, Pio XI inviò al Primate inglese un telegramma in cui piangeva la morte di questo «difensore ricco di doti della fede cattolica». Dato che l’espressione suonava in latino defensor fidei, titolo che solo un’altra volta nella storia un papa aveva dato ad un inglese (ad Enrico VIII prima dello scisma), i giornali laici non vollero pubblicare per intero il telegramma, che attribuiva ad un suddito il titolo che sarebbe spettato al re d’Inghilterra.

Padre Brown

Per l’uso brillante del metodo deduttivo, Padre Brown potrebbe essere avvicinato a Sherlock Holmes, ma questi segue solo il razionalismo della scienza e a parte questo non gli rimane che rifugiarsi nella droga, mentre per il sacerdote la vita è il servizio al Corpo di Cristo che è il suo prossimo, perciò egli è vicino alla gente, la conosce in profondità, ed è proprio questa conoscenza che lo porta alla soluzione del caso: non per il gusto dell’indagine, ma per la salvezza del criminale.

Padre Brown, scriveva Antonio Gramsci,

«è un cattolico che prende in giro il modo di pensare meccanico dei protestanti e il libro è fondamentalmente un’apologia della Chiesa Romana contro la Chiesa Anglicana. Sherlock Holmes è il poliziotto “protestante” che trova il bandolo di una matassa criminale partendo dall’esterno, basandosi sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull’induzione. Padre Brown è il prete cattolico, che attraverso le raffinate esperienze psicologiche date dalla confessione e dal lavorio di casistica morale dei padri, pur senza trascurare la scienza e l’esperienza, ma basandosi specialmente sulla deduzione e sull’introspezione, batte Sherlock Holmes in pieno, lo fa apparire un ragazzetto pretenzioso, ne mostra l’angustia e la meschinità. D’altra parte Chesterton è grande artista, mentre Conan Doyle era un mediocre scrittore, anche se fatto baronetto per meriti letterari; perciò in Chesterton c’è un distacco stilistico tra il contenuto, l’intrigo poliziesco e la forma, quindi una sottile ironia verso la materia trattata che rende più gustosi i racconti» (Antonio Gramsci, Lettere dal carcere).

Non voglio affatto accentuare l’aspetto di deprezzamento della Chiesa anglicana, che non è esplicito nei racconti browniani. D’altra parte, Oscar Wilde, in uno dei suoi mordaci aforismi, scrisse che «la Chiesa cattolica è per i santi e per i peccatori, per i gentlemen è sufficiente la Chiesa anglicana».

Padre Brown = Renato Rascel

Il personaggio di Padre Brown continua oggi a vivere, oltre che nei numerosi racconti, anche nei film e nei telefilm che seguitano ad essere prodotti. Padre Brown (Father Brown) è una serie televisiva britannica della BBC, trasmessa dal 2013 ed ancora in produzione. Si basa sul personaggio creato da Chesterton e ripropone nuove storie in un’epoca successiva a quella in cui sono ambientati i romanzi (anni Cinquanta). Perde completamente alcuni degli aspetti fondamentali del piccolo prete chestertoniano, anche se è gradevole come poliziesco.

Memorabile resta invece la serie tv I racconti di padre Brown (1970-71) magistralmente interpretata da Renato Rascel in abito talare, un «padre Brown» anche fisicamente perfetto, e da Arnoldo Foà nei panni del ladrone pentito Flambeau: il più famoso e inafferrabile ladro del mondo, maestro dei camuffamenti, smascherato e convertito dalla forza della fede e della ragione, oltre che della conoscenza della natura umana, del piccolo prete dell’Essex. Ecco come padre Brown è in grado di comprendere che quello che gli siede accanto è in realtà un falso sacerdote, il criminale Flaumbeau travestito da prete: «Voi parlaste male della ragione – gli dice. – Questa è cattiva teologia». Come il suo autore, padre Brown è un campione della ragionevolezza della fede.

Trovate la serie completa QUI.

La sigla QUI.

Lo spirito di Chesterton fu bene espresso dalla canzonetta che Rascel cantava nella sigla dello sceneggiato televisivo, mentre scorrevano le immagini in cui si scalmanava con i ragazzi in una partitella di calcio, la talare rimboccata alla vita:

«Ho la sottana celebre, / e sono un prete celibe

che si interessa al crimine / solo per salvar l’anima

d’un povero ladron.

Il vero crimine è il pessimismo / di chi non crede nella vita.

Si sbaglia per sfiducia, / si sbaglia per pigrizia,

si sbaglia per rancore o per invidia.

Rit.: Giusto, padre Brown! / Giusto, padre Brown!

Ma la vita è molto spesso faticosa

Dicci, padre Brown,/ che cos’è la vita.

Spesso ruba la gente / perché non ha niente,

così crede la gente / d’esser nullatenente.

Ma se ciò che hai / fosse solo quello che ti resta

da un naufragio / sopra un’isola deserta…

Grideresti di gioia …

sapessi che bellezza, / sapessi che ricchezza,

sapessi che allegria e così sia.

Rit.: Giusto, padre Brown! / giusto, padre Brown,

questa vita è una cosa favolosa!

Grazie, padre Brown! / Grazie, padre Brown!

Ora noi sappiamo la Verità!».

Si può notare come anche noi abbiamo ancora molto da imparare…. Abbiamo tutto e ci si arrovella perché non ce ne rendiamo conto.

Chi era Rascel?

Rascel (Renato Ranucci) era nato a Torino nel 1912 durante una tournée della compagnia d’arte in cui lavoravano il padre, cantante di operetta, e la madre, ballerina classica. Fu battezzato nella basilica di San Pietro in Vaticano per desiderio del padre, romano da sette generazioni, e crebbe a Roma, nel rione di Borgo. Frequentò la Scuola Pontificia Pio IX, gestita dai Fratelli di Nostra Signora della Misericordia, i quali organizzavano anche corsi di canto, musica e recitazione. A dieci anni fu ammesso a far parte del Coro delle Voci Bianche della Cappella Sistina, allora diretto dal maestro don Lorenzo Perosi. A 13 anni, con la sua versatilità, entra a far parte del mondo dello spettacolo ed a giocare a calcio come ala destra. Sul palcoscenico inventa personaggi dall’aria candida, impacciati e disarmanti.

Questi sono gli ingredienti. Miscelate tutto ben bene… ed ecco che il «Piccoletto» è divenuto un perfetto Padre Brown.

Padre Brown (1954) e la conversione di Alec Guinness

Father Brown (1954) interpretato da Alec Guinness.
Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=56421361

Se Rascel era stato addirittura battezzato sotto er Cupolone, Alec Guinness, che interpretò Padre Brown prima di Rascel, ne era stato ben lontano; eppure «varcò il Tevere». Riporto quanto scritto in proposito sul sito dell’associazione Chestertoniana italiana:

«Una delle interpretazioni più memorabili di Guinness fu quella di questo prete umile e abile a risolvere delitti.

Il film veniva girato in uno sperduto villaggio francese. Una sera Guinness, ancora in costume di scena, stava tornando al suo alloggio. Un bambino, scambiandolo per un vero sacerdote, lo prese per mano e fiduciosamente accompagnò quel “prete”.

Quel fatto colpì Guinness. “Continuando a camminare”, disse, “Riflettei che una Chiesa che poteva ispirare una tale fiducia in un bambino rendendo i preti, anche sconosciuti, così facilmente avvicinabili, non poteva essere così “malvagia” o “inquietante” come spesso mi immaginavo. Cominciai a liberarmi dei miei vecchi, inveterati pregiudizi”.

Poco più tardi il figlio undicenne di Guinness, Matthew, si ammalò di poliomielite e fu paralizzato dalla vita in giù. Il futuro del ragazzo era incerto e, alla fine di ogni giorno di lavoro sul set, Guinness cominciò a frequentare una piccola chiesa cattolica posta sulla via di casa. Decise di fare un patto con Dio: se Dio avesse fatto guarire Matthew, Guinness non avrebbe ostacolato il figlio se avesse desiderato diventare cattolico.

Fortunatamente Matthew si riprese completamente, e Guinness e sua moglie lo iscrissero a un’accademia gesuita. A quindici anni Matthew annunciò che desiderava diventare cattolico. Guinness rispettò il suo patto con Dio: accettò la conversione di buon grado.

Ma Dio voleva molto di più. Guinness si mise a studiare il cattolicesimo. Ebbe lunghi colloqui con un prete cattolico. Fece un ritiro in un’abbazia trappista. Andò addirittura a Messa con Grace Kelly mentre lavorava a un film a Los Angeles. Le dottrine dell’indulgenza e dell’infallibilità papale lo rallentarono un po’, ma la sua descrizione di come finalmente entrò nella Chiesa è eloquente: “non c’era stato nessuno sconvolgimento emotivo, nessuna grande intuizione, certamente nessuna vera comprensione di materie teologiche; solo un senso di storia e di congruenza delle cose.”

Guinness fu accolto nella Chiesa cattolica dal vescovo di Portsmouth, e mentre era in Sri Lanka per girare Il ponte sul fiume Kwai sua moglie lo sorprese convertendosi anch’ella. Come nel caso di altri neoconvertiti, sentì periodi di pace profonda intervallati da piacere fisico. Narrò di aver corso una volta come un matto per visitare il Santissimo Sacramento in una chiesetta anonima. Riflettendo su quell’episodio scrisse: “Se la religione aveva un significato, questo era che l’uomo intero pregava, mente e corpo insieme . . . Ne ebbi una conferma quando scoprii che il buon, intelligente, e perfettamente sano Ronald Knox [sacerdote anglicano, figlio di un vescovo, si convertì al cattolicesimo grazie a Chesterton] si era trovato a correre, in più di un’occasione, per visitare il Santissimo”».

Fonte: http://uomovivo.blogspot.com/2010/10/ecco-come-padre-brown-condusse-guinness.html