Le parabole di Gesù, lungi dall’essere raccontini facili, sono spesso narrazioni difficili e provocatorie, persino paradossali. Si distinguono dalle fiabe perché al contrario di queste descrivono situazioni realistiche o almeno plausibili, scorci di vita cui potrebbe anche corrispondere la realtà. Oggi la lettura evangelica propone la parabola degli operai dell’ultima ora, che stupisce i lettori provocando una domanda: è giusto dare a tutti la stessa retribuzione?
Molti commenti si potrebbero fare e molti sono stati fatti su questa parabola degli operai dell’ultima ora, ma qui voglio presentare l’interessante e originale interpretazione del francescano padre Ivano Nasini che, essendo stato missionario in Bolivia per 27 anni, ha potuto osservare da vicino la pratica del bracciantato.
«Questa interpretazione – condivido pienamente le parole di padre Ivano – oltre al messaggio centrale della misericordia e generosità di Dio, mette in evidenza che Dio chiede a ciascuno quello che ciascuno può dare, dimostrando non solo di essere generoso ma anche gentile, rispettoso e attento a ciascuno di noi. Inoltre in questo modo si capisce meglio che la generosità di Dio è anche una denuncia alla nostra grettezza e insensibilità. E questa è una grossa critica al sistema economico che spesso (anche oggi) condanna i meno fortunati a una vita miserabile».
Leggiamola con attenzione.
Gli operari della vigna (padre Ivano Nasini)
La mia interpretazione di questa parabola si basa su una esperienza personale, poiché nei miei 27 anni di missione in Bolivia ho potuto conoscere molto bene come funziona il sistema del bracciantato, che ha caratteristiche simili in tutto il mondo.
I braccianti sono persone che non hanno un mestiere e neanche terra propria da lavorare. Per sopravvivere hanno da offrire solo la forza delle loro braccia. Nei paesi abbastanza grandi o nelle città, la mattina presto queste persone si riuniscono in certi luoghi (normalmente in una piazza o nelle vicinanze del mercato) e aspettano coloro che cercano mano d’opera per quel giorno. La paga che ricevono i braccianti corrisponde alla spesa da fare per dar da mangiare a una famiglia di 4 o 5 persone.
Tra i braccianti c’è la tendenza a formare dei piccoli gruppi di sei-otto persone, che sono parenti o amici tra di loro. C’è naturalmente un caposquadra che prende il comando di questa piccola truppa e fa da rappresentante. Colui che nella parabola protesta contro il padrone è appunto uno di questi caposquadra.
I gruppetti organizzati sono i primi a trovare lavoro, perché offrono maggiori garanzie: si conoscono, hanno un responsabile, collaborano, e quindi sono più efficienti. Poi trovano lavoro quelli che sono giovani e forti, dall’aspetto sano. Poi vengono quelli meno prestanti, poi i mingherlini e infine i mezzo-vecchi e i malaticci che nessuno prende.
Concentriamoci ora sul padrone. È uno che ha un grosso podere e quindi oltre alle viti avrà certamente anche olivi e alberi da frutto; forse alleverà anche alcuni animali. Il che vuol dire che questo padrone quasi ogni giorno ha bisogno di braccianti: conosce alla perfezione come funziona la faccenda e gli basta un’occhiata per rendersi conto chi tra i braccianti offre garanzie o no.
Sorge la domanda cruciale: Perché questo padrone va a cercare operai per ben cinque volte?
Avrà fatto male i calcoli e ha bisogno di più operai di quanto pensasse? È generoso e vuole ingaggiare qualcuno di più oltre il necessario? Non sa gestire la situazione e commette degli errori? NO. Tutte queste possibilità risultano false per vari motivi.
Per rispondere alla domanda, bisogna prima rispondere ad un’altra:
Cosa succedeva a quei braccianti che nessuno ingaggiava?
Succedeva un disastro: il bracciante doveva tornare a casa senza niente; affrontare con vergogna la moglie e i figli che già lo stanno aspettando, pieni di speranza, e che al vederlo capiscono subito cosa è successo, e sanno anche cosa succederà: un altro giorno senza cena, senza niente. Può succedere qualcosa di peggio a un padre di famiglia?
E TUTTO QUESTO IL PADRONE DELLA VIGNA LO SA MOLTO BENE!!!!!! (E lo sapevano anche coloro che ascoltavano la parabola).
Ed è questo pensiero che non lascia in pace il padrone. Tutto il tempo sta pensando a quei braccianti che ancora aspettano, magari invano….
È quindi la COMPASSIONE quello che lo spinge a tornare al luogo di ritrovo per ingaggiare altri operai.
Ma perché non prende tutti in una volta?
Perché a lui basta un’occhiata per capire in che condizioni si ritrova ogni bracciante. Mentre li guarda, riflette e dice tra sé: “Questo potrà lavorare due ore o poco più: lo chiamerò verso le tre; questo a malapena sta in piedi: lo chiamerò verso le cinque”. Cioè: il padrone chiama a diverse ore i braccianti, perché sa quanto tempo ognuno di loro può resistere, d’accordo alle sue condizioni fisiche. Se li chiamasse a lavorare prima, non ce la farebbero e i loro compagni se ne accorgerebbero, la notizia si diffonderebbe…. Allora sì che non avrebbero più trovato lavoro!
E perché non dà una elemosina a quelli che non possono lavorare e non li manda subito a casa?
Perché non li vuole umiliare. Se quelli lavorano, anche poco, ma lavorano, riceveranno con gratitudine il salario, ma non si sentiranno umiliati. Con quel cibo che potranno comprare, domani avranno più forza e quindi sarà più facile trovare un ingaggio… Rinasce la speranza.
In quanto al dialogo con il capoccia che protesta, il padrone prima di tutto dimostra di aver agito secondo l’accordo, ma poi rivolge un rimprovero, tacito ma facilmente intuibile. È come se gli dicesse: “Ringrazia Dio che tu sei giovane e forte e puoi guadagnarti il pane senza problemi. Ma non vedi in che condizioni sono alcuni dei tuoi colleghi? Non sai forse cosa succederà, se arrivano a casa senza nulla? Come fai ad essere così duro di cuore? E, oltre tutto, hai anche il coraggio di protestare?”.
A questo punto tutto è chiaro: LA PARABOLA È UN INNO DI LODE A DIO, CHE È COSÌ BUONO E GENEROSO. LUI DÀ A CIASCUNO IL LAVORO CHE PUÒ FARE, SENZA PRETENDERE DI PIÙ E RIPAGA I DEBOLI OLTRE OGNI ASPETTATIVA. È LA LOGICA DELL’AMORE.