Oltre Giobbe

Oltre Giobbe. Gesù di Nazareth di Zeffirelli
Gesù di Nazareth di Zeffirelli

Nel testo biblico, si può andare oltre Giobbe, e trovare significati più compiuti della sofferenza del giusto?

Si può andare oltre Giobbe?

Oltre Giobbe. Crocifissione di Salvador Dalì
Salvador Dalì, Crocifissione

Articolo precedente QUI.

Il libro di Giobbe, forte dell’esperienza di Dio che il protagonista ha fatto nel silenzio della natura, giunge a proporre come modello un atteggiamento: la sospensione del giudizio e l’affidamento nelle mani dell’Onnipotente.

Il credente supera anche la risposta parziale data da Giobbe se giunge a leggere il cap. 53 del libro di Isaia, vertice della rivelazione veterotestamentaria. Qui la sofferenza acquista un senso completamente nuovo per l’Antico Testamento. È preludio della teologia della Croce – la sofferenza dell’innocente diviene espiazione per i peccati della moltitudine –  e ci proietta già nella dimensione della lettera ai Colossesi: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a vantaggio del suo corpo che è la Chiesa» (1,24). La sofferenza di Uno offerta per il bene dei Molti.

In sostanza, nessuna spiegazione su questa terra può dire perché (congiunzione causale, per quale motivo) si soffra; quello che si può trovare è invece il perché (congiunzione finale, affinché) di una sofferenza, l’offerta della sofferenza propria per il bene degli altri. e questo si può fare perché la morte non è l’ultima parola sulla vita.

Il midrash

Il midrash (plurale midrashim) è un racconto rabbinico, di fantasia, che cerca di cogliere i significati di un testo biblico. Il verbo darash, infatti, significa cercare. Il genere letterario del midrash si sviluppa a partire dal primo secolo dell’era cristiana; le lettere di San Paolo mostrano come al tempo dell’apostolo i racconti midrashici fossero già diffusi (ad esempio, il particolare della Pietra che seguiva Israele nel deserto in 1Cor 10,4).

Midrashim su Giobbe

La lettura rabbinica, attraverso il midrash, arricchisce la figura di Giobbe di un significato che nel testo biblico essa non contiene. Secondo il midrash, Giobbe, il più saggio dei figli di oriente, è un consigliere del faraone al tempo della schiavitù di Israele in Egitto, insieme ai pagani Balaam e Ietro. Quando il faraone li interpellò riguardo all’uccisione dei neonati ebrei, Balaam la caldeggiò (e fece poi una brutta fine), Ietro disapprovò (e fu premiato perché, fuggito in terra di Madian, divenne suocero di Mosè ed entrò a far parte del popolo dei salvati) e Giobbe si mantenne neutrale: la sua sofferenza fu la conseguenza della sua acquiescenza, della quale poi si dovette pentire. Ma questa è una spiegazione razionalizzante della sua sofferenza, come quella che ne forniscono gli amici. Qui la sofferenza è punizione e purificazione da un peccato.

Sempre nel midrash si fa un paragone fra la carità di Giobbe e quella di Abramo: entrambi erano accoglienti verso gli stranieri, tanto che avevano praticato quattro aperture nella propria casa o tenda, una per ogni punto cardinale, in modo che, da qualunque parte provenisse uno sconosciuto viandante, non sfuggisse alla loro ospitalità. Però Abramo usciva di persona a cercare gli stranieri per poterli accogliere, mentre Giobbe si limitava ad accogliere quelli che si presentavano alla sua porta. Questa sua imperfezione, da purificare, fu la causa della sua sofferenza. Sembrerebbe di aver colto la lezione di Elihu.

Il pastore, il lupo e il montone

Il midrash paragona Giobbe ad un montone che ingaggia la lotta con il lupo mentre il gregge guada in sicurezza il torrente
Il montone è capace di ingaggiare la lotta contro il lupo.
Immagine di pubblico dominio

Ma il midrash più significativo è relativo al passaggio del Mar Rosso. Sammael, un angelo accusatore analogo al satana del libro di Giobbe, perseguitava Israele per farlo cadere in disgrazia, anche nel momento più critico. Allora Dio si comportò come si deve comportare un pastore quando deve far guadare un torrente al proprio gregge mentre è sotto la minaccia di un lupo. Prende un montone robusto, delle cui forze è certo, e lo abbandona al furore del lupo, sicuro che lo saprà ingaggiare in combattimento per lungo tempo, in modo da far passare il torrente alle pecore in tutta tranquillità. Quando il gregge è ormai in salvo, il pastore torna e recupera il montone mettendo in salvo anche lui (L. Ginzberg, Le leggende degli ebrei IV, Adelphi 2003, p. 145).

È solo una parabola e le analogie non sono precise: come si può pensare che Dio non sia capace di provvedere simultaneamente a salvare Israele ed a tenere a bada il satana di turno? Appunto, è una parabola e va colta nel suo significato fondamentale: la sofferenza del giusto va a favore degli altri.

Questo significato è assente nell’Antico Testamento. Ve ne è un barlume nel Secondo libro dei Maccabei, nel cui cap. 7 (v. 38) il più giovane dei sette fratelli martiri dice al tiranno: «Con me e con i miei fratelli possa arrestarsi l’ira dell’Onnipotente, giustamente attirata su tutta la nostra stirpe».

Oltre Giobbe: la risposta di Cristo

Un credente non può considerare la vita terrena come l’ultimo traguardo dell’essere umano: «Io sono la resurrezione e la vita», dice il Signore Gesù, è lui l’ultima risposta, in cui ogni lacrima sarà asciugata e ogni cosa sarà rinnovata nella gioia.

Ma c’è un’altra parola ancora più forte nella rivelazione neotestamentaria: il Verbo incarnato ha preso il dolore dell’uomo. In Lui, Dio non ha eliminato il dolore dell’uomo, non ne ha data una spiegazione filosofica o teologica: Dio il dolore dell’uomo lo ha abbracciato, lo ha sposato, lo ha fatto suo fino alla morte e alla morte di croce. Ha assunto il dolore dell’uomo fino a morirne, ha bevuto fino all’ultima goccia il calice che tocca all’uomo, e da questo dolore, dal cuore aperto sulla croce, ha fatto sgorgare la Chiesa (acqua e sangue, i due sacramenti primordiali del battesimo e dell’eucaristia che fondano la Chiesa), e con essa la vita.

Allora, se Dio ha mandato il suo Verbo a farsi uomo ed a farsi trafiggere per l’umanità, con questo compagno di viaggio la nostra speranza, per tutti gli esseri umani che vivono, soffrono e muoiono senza sapere perché, è piena di immortalità.