Nove mesi di guerra…
Un incidente che poteva costare caro al mondo
Una notizia di spicco di questi giorni riguarda un incidente che ha rischiato di dare una nuova spinta all’umanità in direzione della guerra globale mettendo la Nato in stato di allerta. Dei missili hanno colpito un villaggio dell’est della Polonia, provocando due vittime in un’azienda agricola a Przewodow, appartenente a una società italo-polacca. Le due vittime, due uomini di 50 e 60 anni, erano dipendenti dell’azienda Agricom, una società che opera sul luogo dagli anni Novanta e gestisce 800 ettari di di terre nere, coltivate soprattutto a grano e mais.
La prima notizia proveniente dalla Polonia ha fatto sapere che «un missile fatto in Russia è caduto, uccidendo due cittadini polacchi». Nella zona dell’incidente sono stati trovati, inizialmente, frammenti di un solo missile, S-300, di produzione sovietica.
Per qualche ora si è temuto il peggio. La notizia di quanto successo si è diffusa mentre i leader mondiali si trovavano al G20. Fondamentale il ruolo di Biden e dell’intelligence americana nell’evitare che la situazione degenerasse.
La reazione di Mosca e della Nato
Mosca ha negato l’attacco e ha parlato invece di provocazione (da parte ucraina) per acutizzare l’escalation. Il ministero della Difesa ha dichiarato che le immagini, mostrate da media polacchi, dei rottami dei presunti missili russi caduti sul territorio polacco non hanno nulla a che vedere con armamenti russi.
La Nato è entrata in stato di massima allerta, dato che la Polonia è uno stato membro dal 1999. La clausola di difesa collettiva contenuta nel Trattato istitutivo dell’Alleanza recita: «Le Parti convengono che un attacco armato contro uno o più di loro in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutte le parti». L’attacco ad uno Stato Nato legittima qualsiasi azione necessaria, «ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale». Il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha dichiarato immediatamente che gli Stati Uniti avrebbero difeso «ogni centimetro di territorio Nato», come prevede l’articolo 5.
Fortunatamente, la prudenza ha prevalso e la situazione si è stabilizzata.
Ipotesi
Fonti polacche hanno ipotizzato che avrebbe potuto trattarsi non di un errore di lancio da parte dei russi ma di un missile abbattuto dalla contraerea ucraina. Questa ipotesi è stata fatta propria dal presidente americano Joe Biden ai leader alleati nella riunione di emergenza G7-Nato convocato a Bali dove era in corso il G20. Il missile che ha ucciso due persone in Polonia sarebbe partito dall’Ucraina, anche se era di fabbricazione russa.
Il Cremlino ha sottolineato positivamente «la reazione misurata» degli Usa alle notizie sulla caduta di missili in Polonia.
Anche il capo dell’Ufficio di politica internazionale della presidenza della Polonia, Jakub Kumoch, ha chiarito: «Oggi ci sono molte prove che uno dei missili che avrebbe dovuto abbattere il missile russo non ha colpito il bersaglio, il sistema di autodistruzione non ha funzionato e questo missile, sfortunatamente, ha portato alla tragedia».
Mykolaiv e Kherson
Nell’ultima settimana, le forze di difesa ucraine hanno liberato 179 insediamenti sulla riva destra del fiume Dnepr, in un’area totale di oltre 4,5 mila chilometri quadrati che comprende le regioni di Mykolaiv e Kherson. Sono in corso misure di stabilizzazione, compresi gli sforzi di sminamento. La situazione umanitaria a Kherson è grave, mancano acqua, medicine e pane perché senza elettricità non si possono usare i forni. Prima di ritirarsi dalla città, l’esercito russo ha distrutto tutte le infrastrutture.
A Kherson una nonna abbraccia il nipote soldato: il video QUI.
Impianti nucleari
Il consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) chiede alla Russia di ritirare i suoi militari e altro personale russo dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia, abbandonare le sue «pretese infondate» sulla proprietà dell’impianto e cessare qualsiasi attività negli impianti nucleari ucraini. La maggioranza del consiglio, che comprende 35 paesi, ha sostenuto la risoluzione.
Afferma inoltre che l’Aiea non ha trovato segni di attività nucleare non dichiarata o materiali relativi allo sviluppo di dispositivi di dispersione delle radiazioni (le cosiddette “bombe sporche”) in Ucraina. La risoluzione esprime inoltre profonda preoccupazione per la pressione sul personale ucraino della centrale di Zaporizhzhia, nonché per le ripetute interruzioni dell’approvvigionamento energetico esterno dovute ai bombardamenti.
Gli esperti dell’Aiea che si trovano nella centrale nucleare ucraina riferiscono che anche oggi sono almeno una decina le potenti esplosioni registrate nella zona di Zaporizhzhia, dovute a presunti bombardamenti. «Alcuni edifici, sistemi e attrezzature del sito sono stati danneggiati, ma finora nessuno cruciale per la sicurezza nucleare».
«Chiunque sia responsabile, deve smettere immediatamente, stanno giocando con il fuoco», ha dichiarato il capo dell’Agenzia atomica internazionale, Rafael Grossi. Russia ed Ucraina si accusano reciprocamente.
Nove mesi di guerra: il grido della Terra
L’arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk riporta l’allarme degli ecologisti: in Ucraina soffrono non solo le persone, soffre tutta la terra. «Circa il 30% dell’Ucraina è oggi minato. Si tratta di quasi 2 mila di chilometri quadrati. A quanto pare, ci vorranno molti anni per ripulire la terra ucraina dagli esplosivi, anche dopo la fine della guerra».
«Sono stati bruciati 23 mila ettari di foreste – afferma inoltre -; la cosa più dolorosa è la scomparsa delle specie rare di animali e uccelli. Secondo i nostri attivisti ambientali, 83 specie di animali e 120 specie di uccelli, riportate nel Libro rosso, sono a rischio di estinzione. Pertanto, soffrono non solo le persone, soffre tutta la terra ucraina. Tutti gli esseri viventi soffrono a causa di questa terribile guerra, una guerra che porta la morte a tutto ciò a cui il Signore Dio ha dato la vita. Dunque, diciamo che questa guerra è un grande crimine contro il Signore Dio, Datore di vita e Salvatore».
Emergenza energetica
La prima neve di stagione è caduta sull’Ucraina, stretta ormai dal freddo, mentre mancano in molte parti del Paese l’elettricità e il riscaldamento, a causa dei raid russi contro le infrastrutture energetiche.
Il presidente Zelensky ha affermato che 10 milioni di ucraini sono senza energia elettrica dopo la nuova ondata di attacchi missilistici da parte della Russia che ha causato anche la morte di almeno nove persone. Un impianto di produzione di gas e una fabbrica di missili a Dnipro sono stati tra gli ultimi obiettivi. Le interruzioni di corrente colpiscono principalmente Kiev, la città occidentale di Vinnytsia, la città portuale di Odessa, e Sumy nel nord-est.
Necessità di sfollamento
A Kherson, appena liberata, ma senza corrente elettrica, acqua e riscaldamento, è iniziata l’evacuazione dei civili che hanno subito danni alle loro case o troppo anziani e malati per affrontare il freddo inverno. La vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk ha sottolineato che non si tratta di un’evacuazione obbligatoria ma di un riparo temporaneo: «L’evacuazione verso i distretti occidentali consiste nel fatto che lo Stato si assume la responsabilità del trasporto, le persone devono essere portate nel luogo in cui trascorreranno l’inverno. Verranno forniti case, cure, tutto ciò che serve».
Come segnala il capo della Chiesa greco – cattolica ucraina e arcivescovo maggiore di Kiev, monsignor Sviatoslav Shevchuk, «Ancora una volta stiamo assistendo a una nuova ondata di sfollati interni. Questa ondata è causata, appunto, dall’abbassamento delle temperature e dalle limitate possibilità di fornitura elettrica o di riscaldamento nelle case della nostra gente. Oggi, secondo i dati ufficiali, in Ucraina sono registrati 6,5 milioni di sfollati interni. Noi facciamo di tutto per accoglierli, apriamo loro i nostri cuori, le nostre case, li riscaldiamo, li nutriamo: facciamo di tutto per servire le persone che si sono trovate nella situazione difficile durante la guerra».
Secondo il capo della più grande azienda energetica privata dell’Ucraina, Dtek, i cittadini dovrebbero prendere in considerazione l’idea di lasciare il Paese per tre o quattro mesi, allo scopo di ridurre la domanda sulla rete elettrica del Paese: «Se si consuma di meno, poi gli ospedali con i militari feriti avranno l’alimentazione garantita». Il sistema, ad ogni attacco russo, diventa sempre meno affidabile.