Israele Hamas: nono giorno di conflitto

Nono giorno di conflitto
Marc Chagal, Esodo 1966. https://wikioo.org/it/paintings.php?refarticle=8XYH7L&titlepainting=esodo&artistname=Marc+Chagall

Nono giorno di conflitto. Le Forze di difesa israeliane stanno conducendo raid su vasta scala su obiettivi terroristici appartenenti ad Hamas nella Striscia di Gaza. Il bilancio dei morti per questi attacchi è intanto di 2.329, mentre i feriti sono 9.714. Più di 1.300 palazzi sono stati ridotti a macerie. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli affari umanitari ha affermato che 5.540 appartamenti sono stati distrutti, mentre quasi altri 3.750 sono stati così danneggiati da essere inabitabili.

Stando a quanto afferma Hamas, nei raid israeliani sono stati uccisi nelle ultime 24 ore anche 9 ostaggi rapiti in Israele, tra cui 4 stranieri. 

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L’esodo

Secondo il ministero dell’Interno di Gaza, è di almeno 70 morti e 200 feriti il bilancio del bombardamento di Israele sugli sfollati che con auto e camion si spostavano verso il sud di Gaza lungo l’arteria stradale di Salah al-Din.

La Cnn ha geolocalizzato e autenticato cinque video della scena di una grande esplosione lungo un percorso di evacuazione per i civili a sud di Gaza City. I video mostrano molti corpi, soprattutto di donne e bambini, in una scena di distruzione; alcuni si trovano su un rimorchio a pianale probabilmente utilizzato per trasportare persone. Alcuni sono bambini tra i 2 e i 5 anni. Anche la Bbc e il Guardian mostrano la scena.

Israele nega aver colpito il convoglio di civili in fuga da Gaza

Un portavoce dell’esercito israeliano, il tenente colonnello Peter Lerner, ha smentito di aver colpito venerdì il convoglio di civili palestinesi che tentavano di fuggire lungo Salah-al-Din Road, una delle arterie principali dell’enclave, in quel momento affollata di auto e di persone che cercavano di abbandonare il Nord di Gaza. «Al momento non sono a conoscenza di alcun attacco delle Forze di difesa israeliane in quel punto, ma aggiorneremo i dati con il passare delle ore». Le forze di difesa israeliane stanno esaminando le circostanze, ma «Hamas sta seminando trappole esplosive sulle strade» e «dobbiamo essere cauti nel giudicare prima di conoscere i fatti».

Dai filmati esaminati dall’esercito risulta che l’esplosione è venuta da sotto, come se ci fosse stato un ordigno esplosivo. Hamas non ha commentato le accuse secondo cui il convoglio è stato colpito da un ordigno esplosivo a terra e non da un attacco aereo israeliano.

La situazione sanitaria

Due ospedali nel nord della Striscia di Gaza hanno annunciato che non evacueranno i pazienti verso sud, come richiesto da Israele, mentre continuano i bombardamenti. Secondo l’organizzazione Medici per i Diritti Umani-Israele, si tratta dell’ospedale El-Uda e della struttura pediatrica Kamal Adwan. In quest’ultima ci sono 150 pazienti, tra cui bambini e donne incinte, e decine di persone ferite negli attacchi aerei israeliani, che non possono essere trasferite nel sud di Gaza per mancanza di istituzioni mediche dove ricoverarle. 

Medici senza frontiere ha inizialmente denunciato la situazione, condannando il continuo spargimento di sangue indiscriminato e gli attacchi all’assistenza sanitaria a Gaza. Israele aveva dato due ore di tempo per evacuare l’ospedale di Al Awda. In un secondo tempo Msf ha comunicato: «Nel momento in cui scriviamo l’ospedale di Al Awda è ancora in piedi. Dopo aver trascorso parte della notte in strada, con le bombe che cadevano nelle immediate vicinanze, ci risulta che parte del personale medico e tutti i pazienti siano stati in grado di spostarsi».

Ghassan Abu Sitta, chirurgo dell’ospedale di Shifa a Gaza, riferisce: «L’ospedale di Shifa è pieno di famiglie sfollate. Ci sono persone che dormono sui pavimenti, ovunque, anche all’interno dell’ospedale. L’affollamento porterà a un’epidemia, alla diffusione di malattie infettive. I medici hanno portato le loro famiglie in ospedale per sicurezza».

Notte all’addiaccio per gli sfollati

Notte trascorsa all’addiaccio per molti dei palestinesi che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni nel Nord della striscia di Gaza per raggiungere la zona a sud del Wadi Gaza. Sono ormai stracolme le strutture dell’Unrwa, l’ente dell’Onu per i rifugiati. Non essendoci all’interno più nemmeno posto per sedersi, molti hanno dormito sui marciapiedi: su materassi portati da casa, su carretti trainati da asini. Da Gaza City prosegue l’arrivo di nuovi sfollati, anche a piedi, per l’esaurimento della benzina.

L’assedio: un appello

L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) comunica che più di due milioni di persone sono a rischio a Gaza a causa della mancanza d’acqua: «è diventata una questione di vita o di morte. È un dovere: il carburante deve essere consegnato ora a Gaza per rendere l’acqua disponibile per 2 milioni di persone».

Secondo Philippe Lazzarini, commissario generale dell’agenzia dell’Onu, «l’acqua potabile sta finendo a Gaza, dopo che gli impianti idrici e le reti idriche pubbliche hanno smesso di funzionare. Le persone sono ora costrette a utilizzare l’acqua sporca dei pozzi, aumentando il rischio di malattie. Dobbiamo trasportare carburante a Gaza adesso. Il carburante è l’unico modo perché le persone abbiano acqua potabile sicura. In caso contrario, le persone inizieranno a morire di grave disidratazione, tra cui bambini piccoli, anziani e donne. L’acqua è ormai l’ultima ancora di salvezza rimasta. Faccio appello affinché l’assedio agli aiuti umanitari venga revocato adesso».

L’appello urgente arriva dopo che il governo israeliano ha tagliato l’acqua, il cibo e il carburante all’enclave assediata. Gaza è sotto un blackout elettrico da mercoledì, che ha ripercussioni sulla fornitura di acqua.

Una buona notizia è arrivata due giorni dopo: Israele ha ripreso la fornitura di acqua nella zona meridionale della Striscia di Gaza. Lo riportano i media israeliani, citando forti pressioni Usa in merito negli ultimi due giorni.

Gaza, i cristiani rifugiati nella parrocchia

Suor Nabila Saleh, preside della scuola delle Rosary’s Sisters, la più grande della Striscia, ha detto al Sir: «Abbiamo lasciato la scuola e siamo venute a stare nella parrocchia della Sacra Famiglia. Qui forse siamo più al sicuro. Tutti i cristiani di Gaza praticamente hanno trovato rifugio qui».

La decisione di abbandonare la scuola è arrivata subito dopo che Israele ha lanciato l’ultimatum agli abitanti di Gaza City di lasciare la città entro 24 ore. «Noi non siamo cani da bastonare! Abbiamo anche noi i nostri diritti, non solo sulla carta. Dov’è la comunità internazionale? I diritti valgono solo per gli altri e non per noi che siamo rinchiusi qui dentro? Non è giustizia! Non c’è umanità, non c’è rispetto. La gente di Gaza non ha nulla, dove potrà mai andare e avere un rifugio? Prego il Santo Padre che faccia sentire la sua voce. Qui siamo alla disperazione totale. Abbiamo paura e più che gridare non possiamo. Ma c’è qualcuno che ci ascolta?».

Alcuni degli sfollati ospitati nella scuola si sono spostati invece verso il valico di Rafah ancora chiuso, molti sono rimasti. Al momento ci sono circa 500 ospiti nei locali della parrocchia cattolica della Sacra Famiglia. Ma la gente arriva sempre in maggior numero perché le famiglie non sanno cosa fare.

La telefonata del Papa

E papa Francesco ha risposto. Suor Nabila racconta al Sir (Servizio Informazione Religiosa):

«Pochi minuti fa qui in parrocchia abbiamo ricevuto la telefonata di Papa Francesco. Ha chiamato padre Yusuf che mi ha dato il suo telefono perché parlassi direttamente con il Pontefice visto che lui non parla bene l’italiano. Il Papa ci ha assicurato che siamo nelle sue preghiere e che conosce la sofferenza che stiamo patendo.

Il Santo Padre ha voluto sapere quante persone sono ospitate dentro le strutture parrocchiali, ce ne sono circa 500, tra malati, famiglie, bambini, disabili, persone che hanno perso la casa e ogni avere. Il Papa ha voluto impartire la sua benedizione a tutti in parrocchia. Io e padre Yusuf lo abbiamo ringraziato a nome di tutta la comunità e abbiamo detto che offriamo le nostre sofferenze per la fine della guerra, per la pace, per la Chiesa e anche per il Sinodo. Purtroppo qui è già sera, molti sono già dentro le strutture per riposare. Padre Yusuf darà la bella notizia domani mattina durante la Messa perché tutti sappiano».

Ma c’è anche un’altra bella notizia: il battesimo di un bambino. «Questa mattina abbiamo battezzato un bambino. Gli è stato dato il nome di Gabriele, l’angelo delle buone notizie, il messaggero di Dio. Quasi un annuncio della vicinanza del Papa annunciata dalla sua stessa viva voce. Ma aspettiamo con fede anche l’annuncio della fine della violenza e della guerra». A pranzo, cibo vario tra cui pane e datteri, ricevuto da una associazione del Kuwait. «La Provvidenza ci sostiene».

Nella stessa giornata, la parrocchia ha ricevuto la visita fraterna di p. Silas, parroco ortodosso di Gaza, che a padre Yusuf ha portato il saluto del vescovo greco-ortodosso di Gaza, mons. Alexios. Dalla parrocchia latina sottolineano: «Una visita che dimostra come nei momenti di prova c’è unità e collaborazione tra tutti i cristiani della Striscia di Gaza. Preghiamo per la Pace e per tutti gli abitanti della Striscia, cristiani e musulmani, e per tutti gli abitanti della regione».

Fonte notizia: https://www.agensir.it/quotidiano/2023/10/15/papa-francesco-poco-fa-la-telefonata-alla-parrocchia-di-gaza/

Operatore Caritas a Gaza: «Noi non ce ne andremo mai»

Goerge Anton, direttore amministrativo di Caritas a Gaza, dichiara in una intervista al portale «Interris»: «Noi rimaniamo nella chiesa e non ce ne andremo mai. Sia che sopravviviamo, sia che moriamo, resteremo. Questa terra è nostra. Siamo cattolici, ma siamo anche palestinesi e soffriamo di questa situazione. Non abbiamo più materassi e coperte. Comincia a farsi sentire la mancanza di acqua, di cibo e di carburante e abbiamo iniziato a razionarne l’uso». Una situazione in peggioramento. Nella sua attività con Caritas, Anton seguiva, fino all’inizio dell’assedio, progetti in zone molto povere, dove mancano risorse e servizi essenziali, come a Rafah dove è presente un solo piccolo ospedale e dove in diversi posti manca l’acqua potabile, obbligando la gente a percorrere chilometri per andare a comprarla. «Dio non ci lascerà mai soli», confida l’operatore della Caritas. 

Il parroco di Gaza: «Dove andremo?»

Il parroco della piccola comunità cattolica di Gaza City, un argentino, padre Gabriel Romanelli, prova a lanciare un disperato appello parlando col Sir: a trasferirsi verso sud dovrebbe essere «oltre un milione di persone che dovrebbero mettersi in marcia e abbandonare tutto. Anche i nostri cristiani. Tutte le strutture ecclesiali sono a Gaza City. Mi riferisco ai locali parrocchiali, alla chiesa, alle nostre scuole, a quella delle suore del Rosario, al Centro san Tommaso d’Aquino, alla Caritas, alla chiesa degli ortodossi. Come facciamo a sgomberare, dove porteremo tutta la nostra gente? Dove porteremo i malati, i disabili, gli anziani, i bambini. Al sud non c’è niente. La gente sta pregando, è disperata».

«A Gaza – spiega – sono stati uccisi già 770 bambini dai bombardamenti. La nostra parrocchia è nella parte Nord della città, dove vivono più di un milione e centomila abitanti. La gente non vuole e non può andarsene, sono tutte famiglie molto numerose, con bambini e anziani; è difficile farle andare via. Le nostre strutture sono strapiene, in parrocchia ci sono 500 persone rifugiate, molti sono bambini di cui 54 disabili e questo è un problema ulteriore. Le sorelle di Madre Teresa e del Verbo Incarnato si stanno dando un gran da fare. Il mio vice, Youssuf, sta facendo un lavoro molto importante con gli anziani della parrocchia che hanno bisogno di tutto e soprattutto di respirare in questi giorni così drammatici…

Noi cristiani di Gaza, cattolici e greco-ortodossi, desideriamo solo una cosa, la pace per tutti, per Israele e per la Palestina, che si possa finalmente vivere senza la paura che da un momento all’altro possa scoppiare una nuova guerra. E l’unico passo che si può fare per una pace reale è /lo stop ai bombardamenti da una parte e dall’altra».

In costante collegamento

Non è a Gaza, padre Romanelli: lo scoppio della guerra lo ha sorpreso a Betlemme, il luogo della Natività da cui non riesce a partire, ma si mantiene in costante collegamento con la sua gente. La comunità cristiana di Gaza, appena 1.017 fedeli su 2 milioni e 300mila abitanti della Striscia, è raccolta negli edifici della  parrocchia della Sacra Famiglia e in quella attigua della comunità greco-ortodossa dove le suore del Rosario cercano di dare protezione a tutti coloro che la chiedono. Da Betlemme padre Romanelli ha ricevuto diverse telefonate di papa Francesco, che si sta adoperando in ogni modo possibile per ottenere uno stop dei bombardamenti.

Vittime dei bombardamenti

Alla sera del settimo giorno di guerra, il bilancio dei morti palestinesi nelle ultime ore è di almeno 324 palestinesi. Tra i morti a Gaza per i bombardamenti israeliani nelle ultime 24 ore ci sono 126 bambini e 88 donne, mentre i feriti sono stati 1.018. 

In totale, secondo il ministero della Sanità, almeno 1.799 palestinesi sono stati uccisi a Gaza dagli attacchi israeliani. Tra i morti ci sono 583 bambini e 351 donne. Da sabato sono rimasti feriti altri 6.388 palestinesi.

Scontri in Cisgiordania

È invece salito a 14 il numero dei palestinesi uccisi negli scontri con le forze di sicurezza israeliane. Manifestazioni e violenti scontri con l’esercito hanno avuto luogo in diverse località, Hebron, Nablus, Betlemme e Tul Karm. Il ministero della Sanità palestinese ha annunciato che il numero di persone uccise negli scontri è salito a 14: quattro a Tul Karm, due a Issawiya, due a Hebron, una a Tamon a nord di Nablus, una a Nablus e una a Gerico.

Ottavo giorno

Il trasporto di un bambino ferito in ospedale nella Striscia di Gaza. Di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=138775647

Ottavo giorno:  sono oltre 1.400 i morti in Israele per l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre. Lo ha fatto sapere l’ufficio del primo ministro citato dai media internazionali. Tra questi – orrore nell’orrore – figura una sopravvissuta cecoslovacca alla Shoah del campo di Terezin, Gina Smiatich, uccisa lo scorso 7 ottobre nell’attacco di Hamas ai kibbutz di frontiera con Gaza. Secondo la testimonianza del nipote, l’anziana signora, 90 anni, è stata uccisa dai miliziani di Hamas nel suo salotto e il suo corpo è stato trovato dall’esercito fuori della sua abitazione nel kibbutz di Kissufim, ad un passo da Gaza. Una cosa simile è accaduta l’anno scorso in Ucraina, dove ebrei ucraini scampati alla Shoah sono stati uccisi dai bombardamenti russi.

A Gaza

Si registrano ormai a Gaza le uccisioni di 2.215 persone, tra cui 724 bambini, e il ferimento di altre 8.714. I dati sono forniti dal ministero della Sanità nell’enclave gestita da Hamas. Nella sola giornata di ieri sono stati 256 i residenti a Gaza rimasti uccisi, 1788 i feriti. Tra loro anche 20 bambini.

Colpito a Gaza l’ospedale anglicano, 4 feriti

L’arcivescovo anglicano di Gerusalemme, Hosam Naoum, comunica: «Il nostro ospedale Arab Ahli a Gaza è stato colpito dagli attacchi israeliani… due piani sono stati danneggiati e 4 persone sono rimaste ferite. La sala ecografie e mammografie è stata danneggiata. Continuiamo a pregare per la pace e la fine della guerra in Terra Santa». 

L’esercito israeliano indica le strade per muoversi verso sud

Le forze di difesa israeliane hanno indicato alla popolazione palestinese residente nel nord di Gaza due direzioni lungo cui muoversi verso sud tra le 10 e le 16 di sabato 14 ora locale. A chi vive a Gaza City è stato consigliato di muovere verso sud da Beit Hanoun a Khan Yunis, chi risiede vicino alla costa e ad ovest di Olive potrà muoversi lungo le strade di Daldul e Al-Sana in direzione di Salah Al-Din e Al-Bahr. 

Sono seicentomila i palestinesi che hanno abbandonato negli ultimi giorni le loro case nel nord della Striscia e a Gaza City, oltrepassando il Wadi Gaza, per mettersi al riparo dai combattimenti.

Richiesta dell’apertura del valico di Rafah

Le fazioni palestinesi a Gaza, compreso il ministero della sanità di Hamas, hanno fatto appello al presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi di agire con urgenza per aprire il valico di Rafah in modo da evacuare feriti e fornire aiuto umanitario. Senza una immediata fornitura di attrezzature e generatori, migliaia di pazienti sono in pericolo.

Oggi il segretario di stato Usa Antony , che si era recato al Cairo, ha affermato che il valico di frontiera di Rafah sarà aperto per gli aiuti umanitari nella Striscia, come chiedeva l’Egitto per sbloccare l’uscita di circa 500 americani.

Intervista all’ambasciatore di Israele in Italia Alon Bar

In un’intervista a Qn l’ambasciatore di Israele in Italia Alon Bar ha affermato: «Dobbiamo rimuovere la minaccia costituita da Hamas a Gaza. Non possiamo aspettare fino al prossimo attacco. Le ragioni che per molti anni ci hanno trattenuto da fare una azione simile non esistono più dopo l’uccisione di 1.300 israeliani. Questa crisi non finirà se non dopo che saranno distrutte le capacità militari e il controllo politico di Hamas a Gaza». Hamas «usa i civili palestinesi come scudi umani, noi diamo la possibilità ai palestinesi di uscire dalla zona degli scontri, mi auguro vivamente che Hamas non glielo impedisca, per questo abbiamo avvisato la popolazione, anche se abbiamo visto che quei terroristi non si preoccupano della vita dei civili. Ma di certo poi attaccheremo, cercando di coinvolgere il minor numero possibile di civili palestinesi, ma faremo quel che dobbiamo».

Reazioni internazionali

Nono giorno di conflitto
Foto @U.S. Naval Forces Europe-Africa/U.S. 6th Fleet https://aresdifesa.it/nuovi-movimenti-aeronavali-statunitensi-tra-mediterraneo-orientale-e-medio-oriente/

Gli Stati Uniti hanno chiesto a Israele di rinviare la sua offensiva di terra fino alla creazione di un corridoio umanitario, come riferisce il Jerusalem Post. Secondo il rapporto «non è chiaro quale sia stata la risposta israeliana alla richiesta».

L’Unicef, mediante una nota del direttore generale Catherine Russell, dichiara:

«La situazione è catastrofica, con bombardamenti incessanti e un aumento massiccio degli sfollati, bambini e famiglie. Non ci sono luoghi sicuri. Un cessate il fuoco immediato e l’accesso umanitario sono le priorità assolute per consentire ai bambini e alle famiglie di Gaza di ricevere gli aiuti tanto necessari. Abbiamo bisogno di una pausa umanitaria immediata per garantire un accesso sicuro e senza ostacoli ai bambini bisognosi, indipendentemente da chi siano o da dove si trovino.

Ci sono regole di guerra. I bambini di Gaza hanno bisogno di un supporto salvavita e ogni minuto è importante. Un bambino è un bambino. I bambini di tutto il mondo devono essere protetti in ogni momento e non devono mai subire attacchi. Ribadiamo l’appello del Segretario generale delle Nazioni Unite a revocare l’ordine a più di un milione di civili palestinesi di lasciare il nord di Gaza e a prendere tutte le misure possibili per garantire la loro sicurezza e protezione. Ogni bambino non merita di meno». 

L’Iran da parte sua ha inviato un messaggio a Israele precisando che non vuole un’ulteriore escalation nella guerra tra Hamas e Israele, ma che dovrà intervenire se l’operazione israeliana nella Striscia di Gaza continuerà. Il messaggio dell’Iran è stato inviato a Israele attraverso l’Onu.

Caccia e navi Usa arrivati in Medio Oriente

Gli aerei da combattimento F-15 Strike Eagle statunitensi sono arrivati in Medio Oriente, nell’impegno degli Usa per rafforzare la propria posizione e migliorare le operazioni aeree in tutta la regione in seguito agli attacchi di Hamas contro Israele. «L’esercito americano è impegnato a garantire la sicurezza e la protezione durature in tutto il Medio Oriente», ha affermato il tenente generale dell’aeronautica americana Alexus G. Grynkewich. «Con mezzi di combattimento avanzati e integrandoci con le forze congiunte e di coalizione, stiamo rafforzando le nostre partnership e rafforzando la sicurezza nella regione». 

Il Pentagono ha deliberato una nuova serie di consistenti movimenti aeronavali tra Mediterraneo Orientale e Medio Oriente tesi a rafforzare il dispositivo militare statunitense presente in quella area.

Tra l’isola di Cipro ed Israele sta operando il Carrier Strike Group 12 imperniato sulla portaerei Gerarld R. Ford, l’incrociatore USS Normandy (CG 60) classe Ticonderoga e quattro cacciatorpediniere.

Alla volta del Mediterraneo è salpata inoltre dalla base navale di Norfolk il CarrSG 2 Eisenhower, formato dalla portaerei CVN 69 Eisenhower, dall’incrociatore Philippine Sea (CG 58) e dai cacciatorpediniere USS Gravely (DDG 107) e USS Mason (DDG 87).

Il Gruppo anfibio dell’US Navy composto dalla USS Bataan (LHD-5) e dalla USS Carter Hall (LSD-50), che trasporta circa 3.000 Marines, ha sospeso le esercitazioni in corso nelle acque del Kuwait al fine di «prepararsi per nuovi compiti a seguito di eventi emergenti».

L’aeronautica militare statunitense, da parte sua, ha disposto l’invio del 354th Fighter Squadron montato su caccia bombardieri A-10 nell’area del Levante per rinforzare il dispositivo statunitense. Questi velivoli si aggiungono agli A-10 del 75th Fighter Squadron già presenti nella regione.

Nono giorno di conflitto

Esplosione di un missile su Gaza. Di Humberto Patrick – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=138682511

Nono giorno di conflitto. Dopo una pausa di numerose ore sono ripresi in mattinata i lanci di razzi dalla Striscia, diretti in particolare sulle comunità israeliane al confine con Gaza, ma anche su località come Tel Aviv. Da parte israeliana sono stati centinaia gli attacchi sull’enclave palestinese diretti in particolare contro centri di comando, siti di lancio di razzi e posti di osservazione a Zaytun, Khan Younis e ad ovest di Jabaliya. Colpiti anche centri di comando della Jihad islamica. 

Ostaggi

L’esercito israeliano ha reso noto che il numero di ostaggi israeliani confermati nelle mani di Hamas a Gaza è di 155. E sale a 29 il numero dei cittadini americani uccisi negli attacchi di Hamas in Israele: lo ha riferito un portavoce del dipartimento di stato Usa, aggiungendo che risultano anche 15 cittadini statunitensi e un residente permanente legale dispersi. «Stiamo  lavorando 24 ore su 24 per determinare dove si trovano», ha assicurato, ricordando la collaborazione con il governo israeliano «su ogni aspetto della crisi degli ostaggi,  inclusa la condivisione di informazioni di intelligence». 

Circa 1.500 ebrei ortodossi, di norma esentati dalla leva, e di età superiore all’età di esenzione dalla coscrizione militare (26 anni) hanno chiesto di unirsi al servizio di riserva dell’esercito dall’inizio del conflitto. Le domande saranno ora valutate dalle forze armate.

Gaza

Il ministero della Sanità dell’Anp ha riferito che il numero dei morti nei raid israeliani dal 7 ottobre a Gaza è salito a 2.670, mentre i feriti sono 9.600. In particolare, nella Striscia sono state uccise 2.329 persone, la maggior parte dei quali bambini e donne, mentre il numero dei feriti ha raggiunto 9.042. Oltre 1.000 persone risultano disperse sotto le macerie degli edifici distrutti dai raid israeliani a Gaza.

Hamas ha fatto sapere che 13 ostaggi sono rimasti uccisi sotto i bombardamenti israeliani, e che tra di loro ci sono anche stranieri (senza specificare la nazionalità).

L’ONU da parte sua comunica che 14 membri del personale che opera a favore dei rifugiati palestinesi sono rimasti uccisi nei bombardamenti di Gaza. Le vittime erano insegnanti, ingegneri, guardie, psicologi, un ingegnere e un ginecologo. Le strutture Onu, con la maggior parte dei 13mila dipendenti di Gaza, sono state trasferite nel sud della Striscia.

In Cisgiordania, il numero dei morti è salito a 55, dopo la morte ieri del sedicenne Muhammad Rifaat Adwan, mentre il numero dei feriti è salito a oltre 1.200″.

L’Onu ha stimato che nella prima settimana di guerra a Gaza ci siano un milione di sfollati.

L’Unione europea: «Israele segua il diritto internazionale»

In una dichiarazione congiunta i ventisette Paesi dell’Unione europea hanno affermato: «L’Unione europea condanna con la massima fermezza Hamas e i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutto Israele e deplora profondamente la perdita di vite umane. Non esiste alcuna giustificazione per il terrorismo. Sottolineiamo con forza il diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto umanitario e internazionale di fronte a tali attacchi violenti e indiscriminati. Ribadiamo l’importanza di garantire la protezione di tutti i civili in ogni momento in linea con il diritto internazionale umanitario».

L’Oms

«L’OMS – avverte l’Organizzazione Mondiale della Sanità – condanna fermamente i ripetuti ordini israeliani di evacuare 22 ospedali che curano più di 2.000 pazienti nel nord di Gaza». Lo spostamento di 2.000 pazienti nel sud di Gaza, «dove le strutture sanitarie sono già al massimo delle loro capacità e non sono in grado di assorbire un aumento considerevole del numero di pazienti, potrebbe equivalere a una condanna a morte».

Nono giorno di conflitto: le garanzie da parte di Israele

Il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), tenente colonnello Jonathan Conricus, ha dichiarato alla CNN    che Israele avvierà operazioni militari significative solo dopo che i civili avranno lasciato Gaza. «La cosa importante su cui concentrarsi è che inizieremo operazioni militari significative solo quando vedremo che i civili avranno lasciato l’area. È davvero importante che la gente a Gaza sappia che siamo stati molto, molto generosi con il tempo. Abbiamo dato ampio preavviso, più di 25 ore». 

Papa Francesco: «Basta sangue innocente in Israele e Palestina»

Il Papa ha detto all’Angelus: «Continuo a seguire con tanto dolore quanto accade in Israele e in Palestina. Ripenso ai tanti, in particolare ai piccoli e agli anziani. Rinnovo l’appello per la liberazione degli ostaggi e chiedo con forza che i bambini, i malati, gli anziani, le donne e tutti i civili non siano vittime del conflitto. Si rispetti il diritto umanitario, soprattutto a Gaza dove è urgente e necessario garantire corridoi umanitari e soccorrere tutta la popolazione. Già sono morti moltissimi, per favore non si versi altro sangue innocente nè in Terra Santa né in Ucraina o in qualsiasi altro luogo. Basta! Le guerre sono sempre una sconfitta, sempre». 

Israele chiede al Vaticano la condanna esplicita di Hamas

Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, in un colloquio telefonico con il segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede, Paul Gallagher, si è espresso sull’atteggiamento della Santa Sede nei riguardi del conflitto. Israele «si aspetta che il Vaticano emetta una condanna chiara e inequivocabile delle azioni terroristiche omicide dei terroristi di Hamas che hanno colpito donne, bambini e anziani per il solo fatto che sono ebrei e israeliani. È inconcepibile che si esprima preoccupazione in primo luogo per i cittadini di Gaza quando Israele seppellisce 1.300 persone uccise».

Israele bombarda postazioni Hezbollah in Libano

Si stanno intensificando gli scontri tra Israele e Hezbollah al confine con il Libano. Il gruppo paramilitare sciita libanese ha rivendicato il lancio del missile che ha causato almeno un morto tra le file dell’esercito israeliano, e ha spiegato che si tratta della risposta alla morte di un giornalista e di due civili negli attacchi dello Stato ebraico, nel Sud del Libano. Un portavoce dell’esercito israeliano ha confermato l’attacco a Shtula, dove alcuni colpi sono stati diretti contro una postazione militare, e ha aggiunto che le forze dello Stato ebraico stanno rispondendo verso i punti di origine dei proiettili. Secondo i servizi di emergenza Magen David Adom in Israele, è morto un uomo di circa 40 anni e sono stati evacuati tre feriti al Galilee Medical Center di Nahariya: due uomini di circa 40 anni in condizioni moderate e un in uno stato non preoccupante.

L’Esercito israeliano (Idf) sta bombardando postazioni di Hezbollah in Libano dopo l’abbattimento di due velivoli non identificati su Haifa partiti dalla terra dei cedri.  Tuttavia, Israele non ha alcun interesse ad aprire un nuovo fronte di guerra al confine nord con il Libano: se Hezbollah eviterà il coinvolgimento diretto, lo Stato ebraico rispetterà la situazione lungo il confine così come è oggi. Lo ha affermato il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant.