Il prologo del Cantico dei Cantici (1,1-4) attribuisce il testo a Salomone e mette subito in scena l’Innamorata che esprime il suo desiderio del Diletto.
1 1Cantico dei cantici, che è di Salomone.
2Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
3Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
4Attirami dietro a te, corriamo!
M’introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!
L’amore del Re
Nella rilettura redazionale, il titolo regale, il Re (Melek), richiama il Re d’Israele, il vero Re, Jhwh; così come l’appellativo Dôd (consonanti Dwd), l’Amato, corrisponde al nome del re David (stesse consonanti: Dwd). Anche il termine usato per indicare le tenerezze dell’amore, Dodîm, è il plurale di Dôd. In Isaia 5,1, il Diletto è chiaramente il Signore.
Inoltre, il tema del profumo (Shemen) per l’assonanza dei termini richiama lo Shem = NOME [di Dio]. Il vocabolo che designa le stanze interne (chedher) indica anche il Santo dei Santi.
È evidente come sotto il lessico dell’amore umano si possa leggere l’amore divino.
«Nigra sum sed formosa…». Il testo (1,5-8)
La prima unità compositiva è costituita da un dialogo fra l’Amata e il Diletto, sottolineato dall’intervento del coro delle fanciulle. La prima a parlare è Lei, con la sua affermazione di scusa: «Nera io sono ma bella…» («Nigra sum sed formosa»).
L’Amata
15Bruna sono ma bella,
o figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar,
come i padiglioni di Salma.
6Non state a guardare che sono bruna,
poiché mi ha abbronzato il sole.
I figli di mia madre si sono sdegnati con me:
mi hanno messo a guardia delle vigne;
la mia vigna, la mia, non l’ho custodita.
7Dimmi, o amore dell’anima mia,
dove vai a pascolare il gregge,
dove lo fai riposare al meriggio,
perché io non sia come vagabonda
dietro i greggi dei tuoi compagni.
Il coro
8Se non lo sai, o bellissima tra le donne,
segui le orme del gregge
e mena a pascolare le tue caprette
presso le dimore dei pastori.
Prima unità compositiva: «Nigra sum sed formosa…»
Questo brano presenta la ragazza e la sua ricerca del Diletto: ella è bruna ma bella, è solo abbronzata dal sole, e non ha custodito la sua vigna come i suoi fratelli le avevano imposto di fare. La vigna, nella poesia semitica, è anche eufemismo per indicare il corpo femminile…
La protesta di bellezza da parte dell’Innamorata è del tutto realistica ed ha un motivo ben chiaro: nell’antichità, fino almeno al Medioevo, nei canoni della bellezza femminile rientrava obbligatoriamente la chiarezza della pelle. Probabilmente, si trattava di uno status symbol: le donne del popolo, specialmente le contadine e le nomadi, dovevano star fuori al sole per lavorare la terra o badare al gregge, mentre erano le donne abbienti a potersi permettere di rimane in casa mantenendo candida la propria pelle.
Il particolare è realistico. Si può vedere tuttavia nello scurimento della donna, e nella mancata custodia della propria vigna (cfr. Is 5,1-5), anche lo scadimento morale e religioso di Israele e le sofferenze dell’esilio.
Tuttavia, la donna cerca con sincerità il suo Amato:
«Dimmi, o tu che il mio cuore ama,
dove pasci il gregge?».
Anche l’immagine del pastore-Dio è cara alla Bibbia e la troviamo nei Salmi, in Geremia e in Ezechiele. L’azione del Diletto, di pascolare il gregge, è la stessa azione divina nei confronti di Israele. Siamo nuovamente in presenza di una duplice possibilità di lettura, letterale ed allegorica. Israele ha perso il suo Pastore, dove lo potrà ritrovare?