Porta il nome del condottiero Giosuè, figlio di Nun della tribù di Efraim, braccio destro di Mosè, il libro che descrive l’ingresso di Israele nella Terra di Canaan.
Una storia della salvezza
Lo scopo del libro di Giosuè è eminentemente religioso. L’agiografo vuole dimostrare che Dio è fedele e agisce per il suo popolo, in cambio Israele deve mantenersi fedele alla legge divina. Il tono epico serve a questo scopo, mentre vengono eliminati dal racconto i fattori umani che certamente hanno contribuito al verificarsi degli eventi.
La terra promessa è nei profeti l’immagine del futuro regno messianico. Giosuè diviene per i cristiani figura di Gesù che introduce il suo popolo nella terra promessa attraverso il Giordano (= il battesimo).
Entrata nella terra di Canaan
La presentazione della conquista unitaria e totale della terra promessa da parte di tutto Israele, offerta dal libro di Giosuè, è messa in dubbio a partire dallo stesso libro dei Giudici. Il libro dei Giudici infatti presenta gli ebrei insediati in piccole zone disperse fra le popolazioni cananee, e mostra le azioni di conquista come iniziative dei singoli gruppi e non di tutto il popolo.
Sono state avanzate varie ipotesi sullo svolgimento storico dell’ingresso di Israele nella terra di Canaan:
Ipotesi della conquista (scuola archeologica americana: Albrighth, Wright, Bright). Suppone una conquista rapida sotto la guida di Giosuè.
Ipotesi dell’insediamento (scuola letteraria tedesca: Alt, Noth). Suppone un insediamento lungo, graduale e pacifico.
Ipotesi mista (De Vaux). Prevede diverse modalità per le varie zone. Il Sud sarebbe stato occupato in modo pacifico dalla tribù di Giuda. La Transgiordania dal gruppo di Mosè, il centro, pacificamente, da Giosuè. Il nord sarebbe stato oggetto di insediamento, nei tempi più antichi, da gruppi mai stati in Egitto.
Ipotesi socio-religiosa (Mendenhall e Gottwald). Afferma che i contadini già stanziati nelle campagne e opponentisi all’aristocrazia cittadina appoggiarono il gruppo proveniente dall’Egitto, guidato da Giosuè, che proponeva la fede in JHWH, Liberatore degli oppressi.
Ipotesi dello spostamento interno (Finkelstein). Afferma che l’arrivo dei popoli del mare (filistei) avrebbe prodotto lo spostamento delle popolazioni dalla fascia costiera verso l’interno.
I dati archeologici e storici
L’archeologia conferma in generale che nel 1200 circa molte città cananee subirono una distruzione, e che la tecnica ebbe un brusco regresso, spiegabile con la conquista da parte di un popolo che si trovasse ad uno stadio inferiore di civiltà.
Il nucleo più importante della popolazione di Canaan era rappresentato da Cananei, Amorrei e Hittiti. La regione era sotto il dominio nominale dell’Egitto, ma era divisa in città-stato dotate di completa autonomia. Esse erano dotate ciascuna di un proprio esercito, con carri da guerra, e di mura fortificate. All’epoca di Giosuè la Palestina stava ancora vivendo l’ultima età del bronzo (1550-1200 a.C.): l’unico progresso notevole avutosi in questo periodo è la diffusione della scrittura, di cui i cananei conoscevano quattro sistemi diversi: il cuneiforme accadico, il geroglifico egiziano, il lineare e il cuneiforme di Ras Shamra, di cui abbiamo un’abbondante letteratura, la più consistente per quanto riguarda Siria e Palestina pre-israelitica (Ciclo di Baal e di Anat sua sposa-sorella, sul ciclo stagionale della vegetazione e della fertilità; Leggenda di Aqhat; Leggenda di Keret, ecc.).
La civiltà cananea era più progredita, e Israele ne adotterà la lingua, la poesia e alcuni usi e costumi e persino immagini religiose (Jhwh che cavalca le nubi come Baal; il tuono voce di Jhwh come di Baal) e forme cultuali (nomi dei sacerdoti e di molti sacrifici; architettura del tempio; musica sacra).
Il culto di Baal esercitò una forte attrattiva sugli israeliti (vedi l’influsso di Gezabele sul re Acab) e soprattutto la esercitarono le dee Asherat, Ashtarte e Anat, che venivano venerate con culti licenziosi sulle alture anche mediante la prostituzione sacra di ambo i sessi.