Nei miei ricordi di bambina e ragazzina c’è una parola particolare che in un certo periodo dell’anno ricorreva spesso: la parola «Ceppo», quando il Natale stesso si chiamava Ceppo. Appartiene ormai al passato, a quel lessico familiare dell’infanzia che poi si modernizza e non si ripete più, specialmente oggi in questo villaggio globale in cui si usano sempre più spesso parole inglesi e vanno a sparire le vecchie parole toscane (nel mio caso; ma vale anche per le altre regioni). Ho titubanza io stessa, ad esempio, ad usare il termine Tocco, quando voglio dire le 13, perché penso che molti non mi capiscano; eppure, un tempo in Toscana non si diceva in altro modo (per i non toscani: le 13 si chiamano «Tocco» perché l’orologio – o le campane della chiesa – fanno un solo rintocco).
Ma torniamo al nostro ceppo: ho ancora negli orecchi la voce di mio zio Dino o della mia nonna che dicono «Per Ceppo…»… «Quando verrà Ceppo…». Perché in Toscana «Ceppo» è sinonimo di Natale?
Il ceppo di Natale
Il ceppo di Natale o ciocco natalizio è un’antica tradizione che risale almeno al secolo XII. È diffusa in diversi Paesi europei, come Scandinavia, Gran Bretagna, Italia, fino ai Balcani e alla penisola iberica. La Vigilia di Natale, il capofamiglia – con un rito di buon augurio – bruciava nel focolare un grosso ceppo, che poi veniva lasciato ardere anche nelle successive dodici notti fino all’Epifania. Le ceneri venivano conservate, con l’augurio che favorissero il raccolto, la fertilità delle donne e degli animali, la salute, e che proteggessero dai fulmini. Spesso venivano riutilizzate per accendere il ceppo dell’anno successivo.
In alcune lingue il termine con cui si indica il ceppo viene ad indicare la Vigilia di Natale (come in lituano kalėdos, o in croato badnjak); in Toscana indica il Natale.
Dalla tradizione del ceppo deriva anche quella del dolce chiamato tronchetto di Natale, molto diffuso nei Paesi di lingua francese che lo chiamano – come il ceppo – bûche de Noël.
Origine della tradizione
Si tratta quasi certamente di un’usanza di origine precristiana, quando il ceppo bruciando rappresentava la luce solare che avrebbe garantito calore alla famiglia per tutto l’anno a venire.
Alcuni studiosi vi ravvisano tracce dell’accensione annuale del focolare sacro, centro della vita familiare e dimora degli spiriti degli antenati.
Nell’interpretazione cristiana, il ceppo serviva simbolicamente a riscaldare il Bambino Gesù.
L’usanza del ceppo di Natale è attestata per la prima volta in Germania nel 1184. Di là pare che si sia diffusa in Scandinavia, nelle Alpi, nella penisola balcanica e nella penisola iberica; poi in Inghilterra, dove è attestata per la prima volta nel XVII secolo (ne parla il poeta Robert Herrick). Infine, l’usanza fu importata negli Stati Uniti e in Canada.
La tradizione del ceppo in Toscana
A proposito dell’usanza del Ceppo in Toscana, sintetizzo un articolo intitolato L’Atlante Lessicale Toscano e le tradizioni popolari di Gabriella Giacomelli (1999). L’indagine fu effettuata con inchieste svolte in 224 centri della Toscana dal 1973 al 1984. Sono passati 40-50 anni. Probabilmente, se le stesse inchieste fossero svolte adesso, molti termini sarebbero ormai caduti nel dimenticatoio.
Dalle risposte degli intervistati risultava allora che, tranne che in Lunigiana, il riferimento della parola Ceppo al tempo natalizio esisteva ovunque in Toscana. Questo, anche se variava il significato del termine, spaziando dalla Notte di Natale all’intero arco natalizio (come a Orsigna, Pistoia), al giorno di S. Silvestro (Greve, Firenze), oppure, addirittura, al giorno di Capodanno (Pomonte nell’isola d’Elba). A Celle sul Rigo (Grosseto), ceppo di pasqua significa «Epifania»; a Marciana, nell’Elba, si chiama ceppo di befana; in diverse località ceppino è il giorno di S. Stefano.
La funzione del ceppo
Il ceppo doveva bruciare per tutta la notte (a S. Pellegrino in Alpe, nelle montagne lucchesi, per tre giorni): per riscaldare il piccolo Gesù, come a Chiusi della Verna; o perché la Madonna potesse far asciugare i pannolini, come a Fauglia (Pisa), e a Borgo alla Collina e Castel Focognano in Casentino. È in provincia di Arezzo che l’usanza del ciocco natalizio sembra essersi conservata meglio. Fino a non molti decenni fa a Caprese Michelangelo e a Pieve Santo Stefano se ne conservavano le ceneri per proteggere i campi dagli insetti o dai fulmini. Inoltre nella zona aretina aveva la funzione di accontentare i desideri dei piccoli i quali trovavano i regali frugando tra la cenere o battendo il tronco.
Il Ceppo come dono
A Marciana (isola d’Elba), la questua natalizia di adulti che chiedevano il ceppo si collegava alle Befanate. È possibile che da tali questue si sia sviluppato il significato di Ceppo come «regalo di Natale»? Le strenne (strenae) però erano già in uso presso i Latini e probabilmente sono quelle ad essersi perpetuate nella tradizione dei regali natalizi.
Il significato di Ceppo come regalo di Natale è compatto nel lucchese, meno nel pisano-livornese e nel fiorentino. Nell’ovest della Toscana si fa più raramente riferimento al ceppo. Col valore di dono natalizio il termine è spesso usato per il regalo che il fidanzato in quel giorno faceva alla fidanzata e che lei ricambiava per l’Epifania (chi ’un inceppa, ’un imbefana, come recita un proverbio toscano). In altri casi va ad indicare il dono del contadino al padrone a fine d’anno (Quercegrossa, Siena), o la mancia natalizia (quindi l’inverso) in zona lucchese-pistoiese, oppure un regalo dei fornitori ai clienti, all’Elba (La Pila) e a Porto S. Stefano, sull’Argentario. Nell’aretino invece significa «regalo per i bambini». A Sasso d’Ombrone (Grosseto), al contrario, sono i bambini che offrono un ceppo di legno a una persona importante.
Ceppo = Festa di Natale in Toscana
La Toscana è l’unica regione in Italia, anzi in Europa, a definire il 25 dicembre con il termine relativo al ciocco natalizio. Infatti solo in Toscana il Ceppo viene a indicare anche la festa (o in alcuni casi il periodo della festa).
Probabilmente la spiegazione è semplice: ceppo è abbreviazione di Festa del ceppo o Pasqua di (del) ceppo. Era infatti il ceppo che distingueva questa dalle altre «pasque» dell’anno, come la Pasqua d’ova e la Pasqua di rose.
Fonte: https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/la-tradizione-del-ceppo-in-toscana/1030
Nella filastrocca tradizionale dei Santi di dicembre, in prossimità dei Natale si recita:
«Il 21, San Tommè, la Chiesa canta
e il venticinque vien la Pasqua Santa».
Ogni festa è una Pasqua del Signore; ed il ceppo è ciò che contraddistingue tradizionalmente la Pasqua che è il Natale, così come una pioggia di petali di rose contraddistingueva la Pentecoste o «Pasqua di Rose».