25 dicembre: Natale di guerra

Natale e guerra:
Kherson dopo un bombardamento russo. Di Dsns.gov.ua, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=142846268

Natale e guerra: un ossimoro. Eppure, si compiono in Ucraina 670 giorni di guerra, in Israele 80. E le situazioni non accennano a riassestarsi.

Natale e guerra: l’implorazione del Papa

Così ha detto il Papa in piazza San Pietro per il messaggio di Natale e la benedizione Urbi et Orbi:

«Con gli occhi fissi sul Bambino Gesù imploro la pace per l’Ucraina. Rinnoviamo la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio…

Il mio pensiero va poi alla popolazione della martoriata Siria, come pure a quella dello Yemen ancora in sofferenza. Penso al caro popolo libanese e prego perché possa ritrovare presto stabilità politica e sociale. Si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian. La favoriscano la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità. Non dimentichiamo le tensioni e i conflitti che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come anche il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura».

Zelensky: un’altra dimensione di Natale

Di tutt’altra idea il presidente Zelensky, che ha volto il pensiero al Natale, ma in che modo?

«Questo Natale ha uno stato d’animo diverso, un contesto diverso, un gusto diverso; oggi tutti gli ucraini sono insieme. Celebriamo il Natale tutti insieme. Nella stessa data, come una grande famiglia, come una nazione, come un Paese unito».

Da quest’anno infatti la Chiesa ortodossa ucraina è passata ufficialmente alla data del 25 dicembre per celebrare la festività natalizia, mentre in precedenza si era assimilata alla Chiesa russa nel celebrarlo il 7 gennaio. Zelensky ha proseguito:

«I nostri doni, valori e tradizioni sono cambiati. Oggi non si tratta tanto di come decorare le nostre case, ma piuttosto di come proteggerle e ripulirle, spazzando via il nemico. Ci rallegriamo di vedere la prima stella nel cielo della sera e di non vedervi missili e droni nemici». 

Ecco i motivi di gioia: «Vigilia di Natale ucraina in tempo di guerra: i nostri guerrieri hanno abbattuto non solo circa 30 droni Shahed e diversi missili, ma anche altri due aerei russi. I terroristi russi hanno perso cinque aerei in una settimana. Questo Natale crea l’atmosfera giusta per l’intero anno a venire: l’atmosfera delle nostre capacità. Capacità di negoziazione con i partner. Capacità di rafforzare il nostro scudo aereo. Capacità di difendere la nostra patria dai terroristi russi. Più forte sarà la nostra difesa aerea, meno demoni russi saranno nei nostri cieli e sulla nostra terra». No comment.

Natale e guerra in medioriente, oltre 20.000 vittime civili

Natale a Gaza. Fonte Immagine: Fars Media Corporation, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=139163186

In Palestina, le vittime civili hanno ormai superato quota 20.000, in gran parte donne e bambini. A seguito dei bombardamenti di ieri nei campi di Al-Maghazi e Al-Bureij, sono 209 i feriti e 131 i morti arrivati finora all’ospedale di Al-Aqsa, supportato dai team di Medici Senza Frontiere (MSF). Circa la metà di loro erano donne e bambini. E’ quanto afferma Medici Senza Frontiere in una nota, sottolineando la necessità di «un cessate il fuoco immediato e duraturo per evitare altri morti e feriti, per garantire la fornitura di aiuti umanitari senza ostacoli e per aumentare il supporto medico».

Il premier Benjamin Netanyahu, che ha visitato di nuovo la Striscia di Gaza, ha invece affermato alle truppe: «Ho da dirvi due cose: la prima è che dobbiamo fare di tutto per proteggere la vostra sicurezza e le vostre vite. La seconda è che non ci fermiamo. Chiunque parli di questo, non è così. Andrà avanti fino alla fine. Finché non li finiamo. Niente di meno».

A parte il frastuono dei bombardamenti, sulla Terra Santa è da tempo calato il silenzio. Non solo perché mancano i pellegrini, ma anche perché una cappa di tristezza grava su quella terra e sulle sue città: Nazareth, Gerusalemme, Beltemme…. 

Il Papa: la strage degli innocenti

«Ecco la notizia che cambia il corso della storia! Oggi a Betlemme tra le tenebre della terra si è accesa questa fiamma inestinguibile, oggi sulle oscurità del mondo prevale la luce di Dio, “che illumina ogni uomo”. Nella Scrittura, al Principe della pace si oppone il principe di questo mondo che, seminando morte, agisce contro il Signore, amante della vita. Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti. Quante stragi di innocenti nel mondo nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre.

No alla guerra

Dire sì al Principe della pace significa dire No alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire No alla guerra bisogna dire No alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?

Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre. Isaia, che profetizzava il Principe della pace, ha scritto di un giorno in cui “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione”; di un giorno in cui gli uomini “non impareranno più l’arte della guerra”, ma “spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci”. Con l’aiuto di Dio, diamoci da fare perché quel giorno si avvicini!».