Sono passati 318 giorni di conflitto ed ecco un secondo Natale, questa volta ortodosso, di guerra in Ucraina: infatti, le Chiese ortodosse slave utilizzano ancora liturgicamente il vecchio calendario giuliano, in cui il 25 dicembre – solennità del Natale – viene a coincidere con il 7 gennaio del calendario gregoriano (1582) utilizzato da tutto l’Occidente ed anche dalla Chiesa greca.
Un Natale, tante date
Russia, Serbia, Macedonia del Nord e Georgia, ma anche la Chiesa ortodossa di Gerusalemme e quella etiope si rifanno al vecchio calendario. Ci sono inoltre Chiese che festeggiano il Natale il 6, giorno dell’Epifania; ad esempio gli armeni, che celebrano la nascita di Gesù il giorno dell’Epifania secondo il calendario gregoriano; ma gli armeni ortodossi di Gerusalemme utilizzano il calendario giuliano, per cui festeggiano la Natività il 19 gennaio.
In Ucraina nel 2022, per la prima volta, la Chiesa ortodossa ucraina ha autorizzato le chiese che lo desiderano a celebrare una messa natalizia il 25 dicembre. A rafforzare il distacco dalla vecchia tradizione sono state certamente anche le prese di posizione di Kirill a favore della guerra contro l’Ucraina, con la promessa del paradiso per i caduti.
Cessate il fuoco?
Il presidente russo, Vladimir Putin aveva proposto all’Ucraina un cessate il fuoco lungo tutta la linea del fronte in Ucraina dalle 12 del 6 gennaio alla mezzanotte del 7 gennaio, in coincidenza con le celebrazioni della Veglia e del Natale per gli ortodossi. Era stato il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, a lanciare un appello per una tregua natalizia in modo che gli ortodossi potessero assistere alle funzioni della vigilia di Natale e del giorno della Natività di Cristo: «Inchinandoci davanti all’umile maestà del miracolo dell’Incarnazione e glorificando il Salvatore venuto al mondo, non possiamo fare a meno di preoccuparci delle continue vicende militari che offuscano la celebrazione del santo Natale, perché, come nota l’apostolo, se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui».
La risposta di Kiev
Kiev non ha accettato la proposta bollandola come una trappola propagandistica. Ecco le parole del consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak: «La Chiesa ortodossa russa non è un’autorità per l’ortodossia globale. La Chiesa ortodossa Russa auspica il genocidio degli ucraini, incita all’omicidio di massa e insiste su una ancor maggiore militarizzazione della Russia. Quindi, la dichiarazione della Chiesa ortodossa russa sulla “tregua di Natale” è una cinica trappola ed un elemento di propaganda». Ed ancora: «La Russia deve ritirarsi dai territori occupati, solo allora avrà una “tregua temporanea”. Tenetevi la vostra ipocrisia. L’Ucraina non attacca territori stranieri e non uccide civili. Come fa la Federazione russa. L’Ucraina distrugge solo appartenenti alle forze di occupazione sul proprio territorio».
E Volodymyr Zelensky: «Le autorità russe vogliono usare il Natale come copertura per fermare l’avanzata dei nostri ragazzi nel Donbass, anche solo per un po’, e portare attrezzature, munizioni e mobilitarsi più vicino alle nostre posizioni. Questo porterà solo un altro aumento del numero delle vittime. Tutti nel mondo sanno come il Cremlino usa le pause della guerra per continuare la guerra con rinnovato vigore».
Il ministero della Difesa russo ha ugualmente dato istruzioni alle truppe per introdurre un regime di cessate il fuoco lungo l’intera linea di contatto tra le parti in Ucraina per 36 ore dalle 12 di domani alle 24 del 7 gennaio. A mezzogiorno, ora di Mosca (le 10 in Italia), del giorno 6 gennaio è entrato ufficialmente in vigore il cessate il fuoco natalizio, previsto fino alla mezzanotte (le 22 italiane) dell’indomani.
Risultato del cessate il fuoco unilaterale
Il cessate il fuoco proclamato unilateralmente dalla Russia in occasione del Natale ortodosso non ha fermato i combattimenti in Ucraina, che secondo l’intelligence del ministero della Difesa britannico sono proseguiti come da routine, soprattutto nell’area contesa attorno alla città di Kremina, nella regione di Lugansk.
A parte le vittime dei giorni precedenti (regione di Kherson bombardata per 80 volte in 24 ore, con sei vittime fra cui un dodicenne e un ventenne, una nella regione di Donetsk, due in quella di Zaporizhzhia), dopo l’entrata in vigore della tregua natalizia le forze russe hanno colpito due volte la città di Kramatorsk nell’est dell’Ucraina, senza che vi fossero vittime. Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha detto che le truppe di Mosca rispettano il cessate il fuoco proclamato unilateralmente da Mosca, mentre gli ucraini «continuano i bombardamenti di artiglieria su aree popolate e sulle posizioni delle forze russe».
Da parte ucraina, sappiamo che durante la tregua le forze russe hanno ucciso due civili nella regione del Donetsk e uno in quella di Kharkiv. Inoltre, secondo il governatore ucraino del Luhansk, le forze russe hanno aperto il fuoco 14 volte sulla città nelle prime tre ore del cessate il fuoco unilaterale annunciato da Putin, ed hanno anche provato a fare irruzione in uno dei villaggi liberati della regione.
In sostanza, gli ucraini hanno celebrato il Natale ortodosso sotto le bombe, e a mezzanotte la tregua unilaterale decisa dalla Russia è terminata, senza che le ostilità si fossero mai interrotte.
Kirill e Putin
Il patriarca Kirill ha dichiarato che ucraini e russi sono un unico popolo e che la Chiesa sta facendo di tutto per impedire loro di diventare nemici. Kirill ha parlato di «una nazione nata dalla fonte battesimale di Kiev», che è diventata «una nazione molto grande dal Mar Bianco al Mar Nero», mentre la Chiesa ortodossa era ed è la forza che unisce questa nazione. Per il patriarca si sta facendo di tutto in Ucraina per rendere la Russia un nemico agli occhi degli ucraini, mentre la Chiesa ortodossa russa deve fare di tutto affinché ucraini e russi non diventino nemici.
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha partecipato da solo alla messa di mezzanotte del Natale ortodosso nella cattedrale dell’Annunciazione all’interno del Cremlino. Fa pena vederlo solo soletto e inespressivo in una cerimonia così importante per la cristianità. La sua solitudine fa pena ma è anche emblematica: è una solitudine che diviene, piuttosto, isolamento – un isolamento di cui si potrebbe fare anche una lettura politica.
È la prima volta in tanti anni che il presidente russo assiste alla messa di Natale da solo al Cremlino. Il video QUI.