Il rapporto dell’uomo con la terra. Le premesse: modelli interpretativi della realtà

Modelli interpretativi della realtà

Riporto testualmente la relazione del prof. Alessandro Cocchi sul tema.

Parte prima: Modelli interpretativi della realtà

Il percorso che vi propongo è un percorso che all’inizio vi sembrerà un po’ accidentato, un percorso che prima di arrivare a un approdo passerà per varie parti del mondo e per varie considerazioni anche di carattere filosofico e antropologico per poi “atterrare” e tornare sugli argomenti che sono l’oggetto fondamentale di questo incontro e che hanno a che fare con l’esperienza spirituale dell’uomo.

Il rapporto mediato con la realtà

Partirei da una considerazione iniziale che si riferisce al nostro rapporto con la realtà. Noi siamo abituati a vedere il nostro rapporto con la realtà – io sto guardando voi, voi state guardando me -come un rapporto immediato. Se guardiamo un documentario in televisione e vediamo delle giraffe e degli elefanti, sappiamo che con essi non abbiamo un rapporto immediato. È un rapporto filtrato dal mezzo televisivo, e tra il mezzo televisivo e noi c’è anche il regista, chi ha fatto le riprese e così via. Mentre invece se noi guardiamo il mare che è di fronte a noi abbiamo un rapporto immediato col mare…

Ebbene, vorrei cercare di convincervi che questo non è vero. Noi non abbiamo mai un rapporto immediato con la realtà. Immediato vuol dire senza mediazione, senza niente nel mezzo; invece tra noi e la realtà c’è sempre qualcosa, c’è sempre un filtro: c’è sempre un modello interpretativo della realtà.

Il neonato non decifra immediatamente la realtà che ha intorno: piano piano apprende le parole che gli insegniamo e attraverso le parole apprende la realtà (si vede che sono diventato nonno da poco, eh?). I bambini apprendono le parole: ma quanta importanza hanno le parole? Già nella Genesi l’uomo è chiamato a dare un nome a tutte le cose. Cosa vuol dire dare un nome a tutte le cose? Nella cultura ebraica dare un nome aveva un significato pregnante, cioè quello di dare un destino alle cose. Quindi i bambini che apprendono delle parole apprendono degli strumenti di interpretazione della realtà: attribuiscono valore alle cose attraverso le parole.

Tutte le volte che noi guardiamo il mondo, guardiamo la realtà, la riusciamo a interpretare solo se abbiamo degli strumenti di decodifica di ciò che guardiamo. Davanti a sistemi complessi è sempre più necessario elaborare dei sistemi di interpretazione, cioè dei modelli interpretativi della realtà.

Modelli interpretativi della realtà

Dove le persone in genere vedono solo un “bosco”, un agronomo vede una coltivazione di alberi di chiodi di garofano. Di Dani Albakia, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=52293158

In realtà, questo è tanto più vero quanto più è complesso l’oggetto della nostra osservazione. Vi faccio un esempio. Se noi andiamo tutti insieme a guardare un paesaggio pensiamo di vedere tutti la stessa cosa, ma non è così. Nella mia esperienza anche professionale la cosa più divertente che ho sperimentato è stata guardare insieme il paesaggio con altri professionisti, con altri esperti. Mi accorsi di questo tantissimi anni fa quando viaggiando nel sud Italia stavo lavorando alla costituzione del parco naturale parco naturale del Pollino al confine tra Basilicata e Calabria. Mi trovai a condividere il viaggio in macchina con un botanico, un geologo e un architetto paesaggista e ciascuno leggeva il paesaggio in maniera diversa. Lo leggeva attraverso il filtro, cioè attraverso il modello interpretativo della propria disciplina e io imparai tantissimo: riuscii a vedere ciò che altrimenti non avrei visto.

Pochi anni fa mi è successo di andare in Africa a Zanzibar con persone che in Africa non c’erano mai state. Io in Africa ci vado dal 1978, quindi ne ho vista tanta, nord sud est e ovest, mentre queste persone non erano mai state in Africa. Vedevano tutto verde, perché Zanzibar è comunque un arcipelago rigoglioso, e  dicevano: Certo che qui è tutto bosco. No, non è tutto bosco: vedi, quello è un albero del pepe, quello è un albero dei chiodi di garofano, quello era un Jack Fruit… Erano alberi da frutto e sotto c’erano cespugli. No, non erano cespugli: quella è manioca… Quindi per loro era tutto bosco, tutto cespuglio, per me erano campi coltivati. Anzi, guardando il paesaggio leggevo anche che tipo di economia si stava sostenendo attraverso quelle coltivazioni.

Ciascuno di noi è dotato di strumenti di interpretazione della realtà, strumenti di lettura della realtà che fanno parte della nostra cultura. La cultura è questo, sostanzialmente: uno strumento, un filtro per leggere la realtà e rapportarsi alla realtà.

Rapporto “culturale” con la realtà

Pensate voi al nostro sguardo sulla società: se noi guardiamo alla società, struttura complessa per definizione, possiamo avere diversi strumenti interpretativi e di analisi. I sociologi, i filosofi si sono esercitati a elaborare strumenti diversissimi di interpretazione della realtà e quindi io leggo la realtà e la lettura della società è sempre avvenuta attraverso un modello di interpretazione della società. Semplificando al massimo, si può interpretarla da destra o da sinistra, si può interpretarla per esempio attingendo al modello marxista o piuttosto attingendo a un modello di stampo più liberale, ed evidentemente il risultato di questa analisi varia moltissimo.

Perché questa lunga premessa? Perché anche il nostro rapporto con la natura in realtà non è un rapporto immediato, è un rapporto in qualche modo culturale: è un rapporto condizionato da modelli interpretativi della natura e cercherò di dimostrarvi perché.

Certamente, nelle società rurali, nelle società più legate alla natura il rapporto è molto diverso da quello che abbiamo noi. Noi ci siamo allontanati dalla natura, ci siamo affrancati anche dalla soggezione nei confronti della natura: ne cominciamo ad aver paura adesso che la natura in qualche modo si ribella, ma il nostro rapporto con la natura è sostanzialmente un rapporto di contrapposizione.