
Mitopoiesi. Per Tolkien e Lewis, il mito è come una premessa all’accoglimento della realtà dell’Incarnazione, un buon sogno che predispone l’umanità ad accettare che il Verbo si farà carne, Dio si farà uomo, il mito diverrà storia. Per questo entrambi danno una grande importanza alla mitopoiesi, cioè alla produzione del mito. Dio è Creatore; l’uomo, in quanto immagine di Dio, è sub-creatore. Dio crea la realtà, l’uomo crea il mito come ombra della realtà. La fantasia, in questa ottica, non è un’evasione dalla realtà, una diserzione, ma una diversa visione del mondo reale. Non è una fuga nel disimpegno ma è uno strumento di rilettura della realtà in vista dell’impegno personale e sociale… Si può dare una fedele rappresentazione della realtà umana anche esprimendola mediante un linguaggio fantastico, così come si possono asserire menzogne usando un linguaggio realistico.
Evasione ma non diserzione
Questa è anche la differenza che Tolkien fa tra Evasione e Diserzione (J.R.R. Tolkien, Il Medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano 2004, 218-219). Non si tratta di una fuga dalla realtà verso un paradiso artificiale, ma, al contrario, di una ri-appropriazione della realtà, anzi di una «intensificazione del rapporto esistente tra l’uomo e il mondo circostante che non viene visto solo come oggetto ma come “segno”» (A. Monda, L’Anello e la Croce, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008, 38).
L’evasione nel Mondo fantastico, creato dal mito, serve proprio a tornare con spirito nuovo nel Mondo reale, creato da Dio. Lo strumento principale per la creazione dei mondi secondari è la fantasia, che svolge una funzione sub-creatrice, essendo noi a immagine e somiglianza del Creatore (così afferma la teoria della mitopoiesi). Il mito, che non ha un contenuto realistico, parla però della realtà. Per Tolkien, il ritorno al mito rappresenta la soluzione alle grandi malattie spirituali del mondo, perché può parlare al cuore dell’uomo, alla sua parte più profonda, alla sua possibilità di apertura ai valori.
Come affermava Tolkien, «il Vangelo non ha abrogato le leggende, le ha santificate». Solo la disonestà mentale può essere infastidita dalla fantasia bollata come escapismo o fuga dalla realtà. Le dittature censurano la fantasia. Proprio una frase di Tolkien (alluso sotto l’espressione «un amico») viene citata da C.S. Lewis, riguardo all’accusa di escapismo o fuga dalla realtà, in una lettera al famoso scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke:
«Questi critici sono molto sensibili al minimo accenno di Evasione [Escape]. Ora quale categoria di uomini ci si attenderebbe che fosse più nervosa a proposito dell’Evasione? – I carcerieri» (22 settembre 1956, in Prima che faccia notte, BUR, Milano 2005, 101).
Fantasia sub-creatrice
Lo strumento principale per la creazione dei mondi secondari è la fantasia, che svolge una funzione sub-creatrice, essendo noi fatti a immagine e somiglianza del Creatore.
Nel suo saggio On Fairy Tales, Tolkien precisa che la Fantasia non è affatto opposta alla Ragione: «La Fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione […]. Al contrario, più acuta e chiara è la ragione e migliori fantasie produrrà».
La fantasia deve essere intesa non come fuga, ma come un ritorno alla realtà con uno sguardo diverso, rigenerato, sanato. Il lieto fine della fiaba e del mito viene ribattezzato da Tolkien con il termine «eucatastrofe»: «L’improvviso capovolgimento felice […] che fornisce una visione fuggevole della Gioia […] intensa come il dolore». La più alta eucatastrofe si ha col Vangelo: «La nascita di Cristo è l’eucatastrofe della storia dell’Uomo. La Resurrezione è l’eucatastrofe della storia dell’Incarnazione».
(Continua)