Lettura continua della Bibbia. Salmo 51: Miserere mei Deus

Miserere mei
Il pentimento di Davide. Salterio di Parigi (BnF MS Grec 139), folio 136v . Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=807739

La prima parte del Salmo 51 (vv. 3-11: Miserere mei Deus) è dominata dai temi del peccato e del perdono.

Salmo 51. Parte prima (vv. 3-11): Miserere mei Deus

Abbiamo già parlato delle tre definizioni del peccato (peccato, fallimento = chatta’; colpa, ribellione = pesha‛; trasgressione = ‘awon) e delle tre azioni divine di perdono (machah = cancellare; kabas = lavare; tahar = mondare). Ad esse corrispondono tre attributi di Dio, che si trovano anche nella professione di fede di Es 34:

* chanan = miserere, nel senso fondamentale di piegarsi benignamente verso il suddito, far grazia (Dio è Channun = pietoso). Compare 78 volte nella Bibbia, di cui 30 nel Salterio; tradotto nei LXX con il verbo eleeîn = avere misericordia e con il sostantivo charis = grazia

* chesed = fedeltà amorosa, benevolenza. Compare 245 volte nella Bibbia, di cui 127 volte nei Salmi

* rechem (plur. rachamìm = viscere materne – Is 49,15:

«Si dimentica forse una donna del suo bambino,

così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?

Anche se queste donne si dimenticassero,

io invece non ti dimenticherò mai».

«Come un padre ha amore (racham) per i suoi figli,

così JHWH ha amore (racham) per quanti credono in Lui» (Sal 103,13).

Miserere Deus: Dio è il Misericordioso

Dio è Rachum = Misericordioso. Nel Talmud “II Misericordioso” è quasi un attributo fisso di Dio, come fosse il suo “cognomen”. Nel villaggio siriano di Macula a nord di Damasco il nome (aramaico) di Dio è espresso con la stessa radice RCHM. Nella preghiera islamica Dio è Rachman Rachim =  “Misericorde Misericordioso”.

La rigenerazione dal peccato inizierà proprio nel seno materno (rachamim) di Dio (v. 3b).

La confessione del peccato

La confessione del peccato è il momento forte della conversione: l’autocoscienza del peccatore che si apre a Dio  (vv. 5-8). Ogni peccato contro l’uomo è peccato contro Dio, «davanti ai tuoi occhi».

Il difficile collegamento tra 6a e 6b («ho peccato… perché [lema‘an] tu sei giusto») deve essere reso con valore finale: «perché tu sia giusto nella tua sentenza». L’orante riconosce la sua colpa e si affida al giudizio divino, che sa essere giusto, ma misericordioso. A differenza di quella degli uomini, la Giustizia di Dio è salvezza.

La seconda confessione  del peccato è ancora più radicale:  l’uomo intero è segnato dal peccato, è concepito in esso.

La vita è segnata fin dalle sue origini dal peccato:

  • non per il peccato della madre
  • né per il peccato originale, in questo contesto
  • né per una peccaminosità dell’atto sessuale
  • ma per la radicalità della propria situazione di peccatore: non c’è momento della vita in cui egli non abbia avuto bisogno della grazia di Dio.

Il salmista ha bisogno di grazia perché (ki) il peccato è una forza presente che continua a influenzare la sua vita (v. 5b).

Ciò non getta affatto una luce negativa sulla procreazione, ma esprime in modo vivace come il peccato si annidi nei recessi più intimi dell’essere umano; e tuttavia Dio entra con il suo  ’emet nel profondo del suo essere, nella sua coscienza (tuchot), e gli fa conoscere (jada‛) la sapienza (chokmah).