Viaggio nella Bibbia. Il ministero profetico di Samuele

I filistei restituiscono l’arca ad Israele. Di Internet Archive Book Images – https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=43908262

Inizia il ministero profetico di Samuele.

1 Samuele 319 «Samuele acquistò autorità poiché il Signore era con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. 20 Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore. 21 In seguito il Signore si mostrò altre volte a Samuele, dopo che si era rivelato a Samuele in Silo, e la parola di Samuele giunse a tutto Israele come parola del Signore».

Samuele bambino si sente rivolgere dal Signore quella parola che Egli non rivolgeva più agli uomini dal cuore chiuso. Così Samuele, profeta e giudice, inizia un ministero non agevole in un tempo molto buio.

Gli inizi del ministero

Gli inizi non sono dei più facili. I filistei attaccano Israele e si impadroniscono dell’arca dell’alleanza; i due figli di Eli cadono e il vecchio sacerdote, appresa la loro morte e soprattutto la perdita dell’arca, si abbatte a terra per il dolore e muore (capitolo 4).

A questo punto la vicenda si fa tragicomica perché i filistei constatano che la statua del loro dio Dagon si abbatte regolarmente davanti all’arca del Signore, non solo, ma in qualsiasi città questa venga trasportata la conseguenza è che il popolo viene colpito da bubboni. Il flagello cesserà solo dopo che i filistei avranno restituito l’arca ad Israele con la giunta di un’ammenda di 5 bubboni d’oro e 5 topi d’oro a memoria del loro castigo (capitoli 5-6). Parlo di ironia, perché la parola techor, qui resa con bubbone, potrebbe essere anche tradotta con emorroide… In tal caso i topi di cui si parla non sono i ratti portatori della peste (del resto, all’epoca questo nesso non era conosciuto), ma piuttosto, come suggerisce il v. 5, topi di campagna che distruggono il raccolto.

Tuttavia, anche Israele rivolge all’arca uno sguardo idolatrico o superstizioso attribuendole un potere magico invece di rendere grazie al Signore. Sarà punito per questo. La vittoria gli arriderà solo quando Samuele avrà convinto il popolo a purificarsi dagli oggetti idolatrici.

Dio guida la storia attraverso la storia

Egli non è semplicemente un giudice riconosciuto da alcune tribù, come i suoi predecessori, ma con la sua attività è vincolo di unità per tutto Israele.

«Samuele fu giudice in Israele per tutta la sua vita. Ogni anno egli partiva, facendo il giro fra Betel, Galgala e Masfa, compiendo il suo ufficio di giudice in tutti quei luoghi. Poi se ne tornava a Rama, dov’era la sua casa e lì continuava il suo ufficio di giudice d’Israele. A Rama egli aveva pure costruito un altare al Signore» (1 Sm 7,15 ss.).

Samuele è l’uomo che riporta la fede di Israele alla primitiva purezza. Con lui comincia una rinascita religiosa che sarà promossa soprattutto da Davide. Ma nella sua storia si manifesta anche il profondo rispetto che Dio ha di fronte al mistero della libertà umana. L’istituzione della monarchia, pur nascondendo la sfiducia del popolo nella salvezza che può venire solo da Dio, è permessa dal Signore come strumento di mediazione richiesto dalle circostanze storiche. Solo uno stato unito ormai appare abbastanza forte da far fronte ai nemici esterni. Samuele tenta di opporsi al progetto, vedendovi un tradimento nei confronti di Dio, unico re di Israele ma finisce per assecondarlo riconoscendo in esso la volontà divina.

A differenza della vicenda di Eli, nel caso dei figli di Samuele, giudici ingiusti perché corrotti per venalità, Dio non interviene direttamente per deporli. È il popolo a ribellarsi contro l’insostenibile situazione: per la prima volta nella Bibbia la storia umana è protagonista di un cambiamento. Non si tratta qui più di vicende provvidenziali, come quelle che condussero Giuseppe in Egitto, né di ambizioni individuali come quella che mosse Abimelech (Gdc 9). Qui c’è l’intenzione del popolo di trasformare Israele in un popolo come gli altri («stabilisci quindi per noi un re che ci governi [SHAFAT = “governare” o “giudicare”], come avviene per tutti i popoli» (1 Sm 8,5): si ripete, in un certo senso, il peccato del vitello d’oro.

La monarchia

Dice Dio a Samuele:

«Hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi. Come si sono comportati dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così intendono fare a te. Ascolta pure la loro richiesta, però annunzia loro chiaramente le pretese del re che regnerà su di loro» (1 Sm 8,7 ss.).

In queste parole si distinguono due diversi livelli di argomentazione antimonarchica,

  • uno teologico (solo Dio è re di Israele, e i governanti ne sono solo i rappresentanti carismatici)
  • e l’altro politico: i diritti del monarca schiacciano il popolo, lo depredano, lo fanno schiavo. In definitiva, questa descrizione richiama la situazione del popolo in Egitto. «Allora griderete a causa del re che avete voluto eleggere, ma il signore non vi ascolterà» (8,18). In Egitto, nella terra di Canaan al tempo dei giudici, Dio ascolta le grida del popolo: ma quando Israele cerca di assumersi il potere oppressore del monarca, Dio tace.

In questa ricerca di sicurezza umana, il popolo vuole il suo protagonismo, attraverso il re che uscirà alla sua testa e combatterà le sue battaglie, non come i condottieri e i giudici, che combattevano le battaglie di Dio. Vuole secolarizzare la sua vita. Questo sarà fonte di altre sofferenze.