Il Vangelo dell’Infanzia ha lasciato Gesù a Nazareth, a crescere nella famiglia del falegname; sulla successiva trentina di anni non ci dirà di più. Adesso, col capitolo 3, si apre una seconda parte del Vangelo secondo Matteo, quella della Vita pubblica, che inizia con il battesimo di Gesù e che ci condurrà infine al Racconto della Passione, Morte e Resurrezione (capitoli 26-28). La tradizione di Matteo dedica molto spazio all’insegnamento di Gesù, articolando tutta questa parte su cinque grandi discorsi intervallati da sezioni narrative. Perché?
Il Vangelo quadriforme
Se quello secondo Luca è il Vangelo dei pagani, il primo Vangelo, quello secondo Matteo, è il Vangelo degli ebrei. Scritti con intenti diversi per comunità diverse, insieme ai Vangeli secondo Marco e secondo Giovanni, ci danno una figura a tutto tondo, presentata da angolazioni diverse, di un Gesù che non è parziale con alcuno, ma si fa tutto a tutti: giudeo con i giudei, senza legge con coloro che sono senza la Legge, forte con i forti, debole con i deboli (cfr. 1Cor 9,19-23)…
L’ottica dei quattro vangeli è diversa, modellata sulle diverse sensibilità e problematiche delle diverse comunità.
- In Marco Gesù è il Figlio di Dio potente in parole ed in opere,
- in Giovanni il Re divino disceso dal seno del Padre.
- In Luca Gesù è il Figlio di Dio salvatore misericordioso;
- in Matteo, pure, Gesù è il Misericordioso, il Figlio del Padre delle misericordie, che venendo a donare la nuova Legge compie l’antica; di più, non è solo il nuovo Mosè che dà la Legge al nuovo popolo di Dio, Egli stesso è la Legge, il Sabato di Dio venuto sulla terra per donare gioia e ristoro agli uomini, il Regno dei Cieli nella sua persona.
Il Vangelo secondo Matteo: caratteristiche
Rivolto ai cristiani provenienti dall’ebraismo, quindi ad un tipo di comunità vissuta solo nel primo secolo dell’era cristiana, il Vangelo secondo Matteo ne assume le percezioni e le tematiche, e tuttavia è perfettamente leggibile anche da noi, cui è offerto al di là dei millenni e dei luoghi nei suoi valori eterni.
Caratteristica del Vangelo secondo Matteo è di essere indirizzato ai cristiani provenienti dal giudaismo, quindi interessati:
- Al rapporto di Gesù con la legge di Mosè, poco familiare ai pagani;
- Al compimento delle antiche Scritture in Gesù di Nazareth.
Ciò determina la stessa struttura del Vangelo, che ha lo stesso piano cronologico e geografico di Marco ma viene arricchito da molti loghia = detti di Gesù, distribuiti in cinque discorsi in cui si articola lo scritto: il Vangelo di Matteo diviene così un Pentateuco cristiano, il compimento in Cristo dell’antica Torah. La legge di Cristo porta a pienezza la legge di Mosè perfezionandola.
La preparazione al ministero (Cap. 3-4)
Come in Marco e Luca, la preparazione al ministero pubblico di Gesù, anche in Matteo, è costituita da un trittico:
predicazione del Battista / battesimo di Gesù / tentazioni nel deserto.
Queste narrazioni trovano un parallelo nel libro dell’Esodo: il passaggio dell’acqua, il deserto, le tentazioni; poi, con il discorso della montagna (Mt 5-7), il dono della legge. Rileggendo il materiale tradizionale, Matteo “rivisita” il cammino nel deserto di Israele che diviene popolo di Dio.
Giovanni Battista (Mt 3,1-12)
«In quei giorni» (ebraismo per indicare il futuro di Dio) appare il Battista a predicare la conversione. L’approssimarsi del Regno di Dio esige il pentimento: il Regno viene da Dio e non dalle capacità umane, ma richiede la risposta umana alle sue radicali esigenze.
Giovanni è il profeta la cui voce invita a preparare la via del Signore (Is 40,3): il Battista, che del profeta indossa l’abito (mantello di pelo e cintura di pelle) e del deserto mangia il cibo.
Le parole del Battista sono dure e infuocate, e minacciose verso chi non porta frutto. Non basta un singolo atto religioso, come il battesimo, o l’appartenenza al popolo di Dio, a garantire la salvezza, ma occorrono frutti di coerenza di una conversione sincera. La grazia viene da Dio, ma ogni uomo ha nelle sue mani la chiave della propria vita, quella «conversione» che è la risposta a Dio che ci viene incontro. In ebraico «tornare indietro», in greco «cambiare mente», convertirsi significa aprire la porta al Signore e lasciarlo entrare, perché niente egli fa contro la nostra volontà: l’Onnipotente abdica alla sua forza per rispettare la libertà di scelta. Gli basta un piccolo sì…
Ma la vera salvezza sta, dice il Battista, in uno che viene dopo di lui ma che è tanto superiore a lui e che porterà fuoco e Spirito Santo sulla terra.
Il Battesimo di Gesù (Mt 3,13-17)
La predicazione di Giovanni ebbe una grande risonanza, ne parla anche lo storico Giuseppe Flavio, e lasciò seguaci che lo ritenevano il Messia. L’imbarazzo dovuto al fatto che era stato Giovanni a battezzare Gesù e non viceversa viene risolto da Matteo con il dialogo in cui Gesù spiega che si deve «compiere ogni giustizia», ovvero la volontà di Dio, che è salvezza, manifestata nelle Scritture. Appartiene al piano salvifico divino che il Figlio si associ tanto intimamente ai peccatori da divenire in tutto e per tutto uno di loro ed assumerne la sorte fallimentare: tanto significa il mettersi in fila con essi.
Il significato del battesimo
Il battesimo di Giovanni, corrispondente allo sprofondare nelle acque (della morte) ed a riemergerne (per la vita), ripete l’esperienza di Israele che attraversa le acque per «salire» alla terra promessa. Al tempo stesso, prefigura la morte e la resurrezione del Cristo e in lui del cristiano: lo scendere negli abissi della morte, come ben rappresenta l’icona, per risorgere attirando con sé tutta l’umanità. Non è forse un caso che la zona del battesimo si trovi nella Valle del Giordano, dove si registra, insieme al Mar Morto, la massima depressione terrestre, il luogo più profondo della superficie terrestre…
Il valore del battesimo di Giovanni è solo simbolico, perché non si tratta ancora del sacramento, segno efficace che conferisce realmente la grazia che rappresenta, ma si limita ad esprimere una volontà personale di conversione.
Il senso trinitario
Il battesimo cristiano, vera morte al peccato e vera rinascita in Cristo, è prefigurato da quello di Giovanni, e la scena è prettamente di valenza trinitaria (la voce del Padre, il Figlio diletto, la discesa dello Spirito) che forma inclusione racchiudendo tutto il Primo Vangelo insieme alla finale di Mt 28,19: «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La vicenda del Cristo è totalmente inscritta nel segno della Santissima Trinità.
È facile per noi raffigurarci il Figlio nella sua natura umana, e il Padre per analogia, come un padre umano. Lo Spirito, impalpabile e invisibile per definizione, non ha figura. L’immagine della colomba serve ad evocare il movimento di discesa dall’alto dello Spirito di Dio, ma anche il suo aleggiare sulle acque, azione materna, all’atto della creazione (Gn 1,2).
Gesù non è mai senza lo Spirito Santo che è all’origine del suo concepimento, ma in questo momento della sua vita la sua discesa su di lui rappresenta l’evento della investitura messianica, come viene proclamato dalla Voce celeste.