
Ai margini di una festa ormai radicata, mi richiamo innanzitutto alla concezione biblica dell’uomo e della donna: «Maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò ’adam» (Genesi 5,2). L’antropologia biblica è molto chiara su questo: il maschile e il femminile sono abbracciati entrambi sotto un unico Progetto ’Adam in cui le differenze sono riconosciute e benedette nella loro dignità e parità di sostanza. Se si sviluppa nella storia un rapporto iniquo di sopraffazione – sottomissione, la causa è vista esclusivamente nel peccato dell’uomo.
Diamo allora uno sguardo ai termini comunemente usati nella nostra cultura per esprimere il maschile e il femminile: perché le parole che utilizziamo la dicono lunga su ciò che tendiamo a pensare.
«Maschio e femmina li creò… e li chiamò ’adam».
In greco
In greco abbiamo una importante distinzione, assente in italiano, fra Anér (gen. Andrós) e Anthropos. Che cosa significa?
Anér-andrós deriva dalla radice NeR / uomo: nasce da una semplice constatazione, quindi. Anér è l’uomo maschio. Ma l’interessante è l’altro termine, che designa l’essere umano in generale, ánthropos: siamo tutti ánthropoi.
Anthropos infatti ha la stessa radice di anér: ovvero, l’uomo maschio è il vero uomo. Mi piacerebbe di più che fosse vera l’ipotesi molto suggestiva secondo cui ánthropos deriverebbe da anó / su + athréo / guardo + ops / occhio = colui che guarda in su, in latino suspiciens. L’essere umano (maschio e femmina) è l’essere chiamato a guardare in alto.
In greco «maschio» = árren (gen. árrenos) significa forte. La stessa radice dà in greco Héros / eroe. In greco «femmina» è invece Théleia / colei che allatta.
Gyné– (gen. gynaikós), in greco donna, e anche moglie, deriva dalla radice GAN / generare, produrre (insieme a gennáo / partorisco, gíghnomai / nasco), da cui l’italiano gente (una curiosità: ne deriva anche l’inglese Queen / regina).
Ecco così delineata una profonda divisione fra l’ambito e la personalità maschile e quella femminile. Nella cultura greca da cui in buona parte deriva la nostra civiltà, il vero essere umano è l’uomo maschio, il forte. La donna è un essere imperfetto che partorisce e allatta i figli. Effettivamente, nella cultura greca la moglie non era neppure oggetto di vero amore da parte dell’uomo nobile, era solo funzionale a mettere al mondo eredi.
«Maschio e femmina li creò… e li chiamò ’adam».
In latino / italiano
La lingua italiana deve molto al latino, di cui è diretta discendente. Vediamo come è la situazione da noi.
Il latino, come il greco e l’ebraico, distingue fra un termine che designa l’uomo maschio e un termine che abbraccia tutta l’umanità: rispettivamente, vir e homo.
In italiano il sostantivo vir non si è conservato, ma è ugualmente presente. L’aggettivo italiano virile deriva infatti dal latino Vir il quale viene da Vis che significa forza, da cui virtus ma anche violenza. Questo fa riflettere…
Maschio e Marito provengono dalla stessa radice MAN- o MA- con il significato etimologico di pensare (da cui mente). Il maschio è la mente della famiglia.
Femmina invece deriva dalla radice DHA col significato di succhiare, allattare, essere feconda.
Moglie viene da Mùlgeo / mungere o Mollis / delicato. Quindi, a scelta: la moglie è colei che aveva il compito di mungere per la sua famiglia le bestie di casa, oppure la persona più delicata della famiglia…
Uxor, moglie in latino, deriva forse dalla radice EUK / imparare, abituarsi + SOR – desinenza femminile (la donna cui si è abituati).
Le donne si riscattano però in italiano con il termine, appunto, di Donna. Donna proviene dal latino Domina = Signora, femminile di Dominus = colui che domina: la radice è DA- / legare (da cui domus). Questo termine nasce però nell’uso medievale di chiamare Domina, Mea Domina (= Madonna) le aristocratiche. In latino invece, più terra terra, Donna è Mulier, colei che munge o che è delicata.
In italiano / latino, dunque, l’uomo maschio è la mente dalla famiglia, il forte, mentre la donna è la creatura delicata, adibita ai compiti di casa oltre che a mettere al mondo e accudire la prole. Una persona da famiglia.
I genitori
Cosa ci diranno, a questo punto, i nomi indicati per designare i genitori?
Padre: la radice è PA- / proteggere, nutrire (da cui pastore, pascere, pane).
Madre dalla radice MA- / misurare, disporre, produrre; da cui mano, materia, mensa, mese, metro, modo, morale.
Il padre è colui che dà il pane, la madre è colei che lo amministra. Interessante.
Homo
Entrambi sono racchiusi sotto il vocabolo Homo, Uomo in italiano, che in latino designa l’essere umano in generale, mentre in italiano va a significare anche il maschio della specie umana.
Homo viene dalla radice BHU = essere, generare, crescere. Secondo Varrone deriva da Humus / terra, che fa crescere le cose. È bene ricordare questa origine comune.
«Maschio e femmina li creò… e li chiamò ’adam».
In ebraico
L’ebraico «maschio» = Zakar ha il significato di colui che ricorda, che pensa. In ebraico «maschio della specie umana» è ’Ish / colui che è forte. In ebraico ogni uomo però si riconosce nella comune Umanità = ’Adam, da ’adamah / terra.
Invece «femmina» è Neqevah, colei che accoglie («perforata»). I termini marito / moglie non esistono: per esprime il concetto si ricorre a ’Ish / ’Isshah.
L’ebraico «donna» = ’Isshah etimologicamente significa colei che è debole (da cui anche il nome ’enosh riferito all’uomo come «il mortale»). Per assonanza, tuttavia, appare come il femminile di ’Ish. In ebraico ogni donna si riconosce nel comune ’ADAM = Umanità.
I due termini maschile femminile si riconoscono infatti, biblicamente, nell’unico concetto di ’adam / umanità che li accomuna tutti. La religione biblica, infatti, è la religione dell’Unità: un solo Dio, una sola umanità, e non più realtà umane di diversa qualità e dignità.
Quadro generale
Se ne desume generalmente un quadro antropologico in cui l’uomo maschio (pieno, attivo) è l’essere umano per eccellenza: l’essere che pensa, ricorda, è forte, genera, custodisce, protegge, nutre. L’uomo (maschio) pensa, agisce, custodisce, tramanda. L’uomo femmina (vuota, debole) è l’essere che accoglie, produce figli, li allatta, dispone le cose in famiglia. La donna fornisce il buon terreno all’attività del maschio.
La storia, fino a tempi recenti, è andata in questa direzione. Nel mondo occidentale, figure femminili attive nella società ce ne sono state, ma, se si escludono le regnanti che avevano un vasto campo di azione, le troviamo praticamente solo nella vita religiosa: badesse che hanno fondato monasteri anche maschili e li hanno diretti, monache che sono state grandi persone di cultura e hanno scritto testi importanti, sante che sono state punti di riferimento forti per gli uomini del loro tempo. Si pensi anche solo a Ildegarda di Bingen, Brigida di Svezia, Caterina da Siena, Teresa d’Avila…