Stanno facendo scalpore due scoperte mediatiche di questi giorni: la censura su Mary Poppins e… l’accusa di razzismo alla pittura di Michelangelo. Che cosa possono mai avere in comune un film per famiglie che ha vinto cinque Oscar e un capolavoro cinquecentesco?
Mary Poppins e la Cappella Sistina
Ecco che cosa hanno in comune: sono politicamente scorretti! Sono razzisti! Mary Poppins perché per ben due volte usa il termine offensivo dal punto di vista razziale “Ottentotti”, e Michelangelo perché nel XVI secolo ha raffigurato un Dio bianco e maschio! Che scandalo! Ma andiamo per ordine.
Pochi giorni fa, il musical per famiglie Mary Poppins è stato degradato in Gran Bretagna, da film per tutti a film sconsigliato ai minori di 8 anni e adatto ai minori di 12 anni solo se accompagnati da una persona adulta. In occasione del 60° anniversario dell’uscita del celebre film Disney, i produttori ne hanno promosso un nuovo passaggio nelle sale, ma per far questo in Gran Bretagna si deve transitare dalla censura del British Board of Film Classification (BBFC).
Rivedendo il film, pertanto, si è riscontrato in esso un linguaggio discriminatorio: l’uso del termine “hottentots”, “ottentotti”. Questo termine è considerato dispregiativo in quanto tratta i popoli Khoi e San dell’Africa meridionale come “balbuzienti”, nel senso di ignoranti e sempliciotti. Su questo termine torneremo, perché fra poco sulle nostre coste fioriranno i Fichi degli Ottentotti: meno male che noi qui li chiamiamo Bacicci. Un inciso: dovremmo anche epurare il nostro linguaggio dall’aggettivo barbaro, in quanto significa anch’esso balbuziente. E magari eliminare il nome proprio di persona Barbara, che vuol dire, etimologicamente, altrettanto. Un insulto.
Il caso Mary Poppins
Perché è stata tollerata finora questa offesa gratuita in un film che ha vinto cinque Oscar? Ma perché Mary Poppins è ambientato nella Londra del 1910, e ne adotta il linguaggio. Oltre tutto, la parola incriminata è pronunciata due volte ma da un solo personaggio, l’ammiraglio Boom, anziano veterano affetto da problemi di memoria e di rapporto con la realtà, che pensa di essere ancora al comando di una nave.
Ecco la scena incriminata:
Boom usa la parola “ottentotti” nei confronti degli spazzacamini che hanno i volti anneriti dalla fuliggine e che scambia quindi per nemici africani da combattere a colpi di cannone. È un personaggio comico, il suo linguaggio è buffonesco, ed è chiaramente da non prendere sul serio, data la sua alienazione dalla realtà.
Tuttavia, la British Board of Film Classification ha dichiarato:
«Sebbene Mary Poppins si collochi in un contesto storico, l’uso di un linguaggio discriminatorio non viene condannato e questo va al di là delle nostre linee guida per il tipo di linguaggio accettabile in una classificazione U (ossia per tutti)».
Per essere accettabile, insomma (così traduco io), sarebbe stato necessario che qualcuno si inserisse nel film a sgridare impietosamente l’ammiraglio razzista. Altrimenti, un bambino di sette anni, dopo aver visto il film, potrebbe andare in giro apostrofando con l’appellativo «Ottentotto!» ogni persona non bianca che vede…
È grave, da parte della Commissione, ammettere che esista nel film un contesto storico ma sorvolarlo completamente per dare spazio solo al sentire contemporaneo. Un caso eclatante, negli Stati Uniti, è quello del capolavoro letterario, finora ritenuto adattissimo come lettura di scuola media, Il buio oltre la siepe, che io stessa scelsi un anno come lettura per la seconda classe, accusato adesso di trasmettere stereotipi offensivi. Ma l’intero romanzo è una critica agli stereotipi razzisti… riportandoli così come erano vissuti all’epoca in cui l’autrice era bambina, e con una chiara condanna.
Mi permetto di aggiungere che la crociata moralizzatrice di cancellazione della cultura, con ostracismi e riscritture, è proprio l’esatto contrario di quella dignità di ogni persona che a parole si vorrebbe promuovere, perché censura la realtà storica e la sua espressione promuovendo invece quella caccia alle streghe che censurando si vorrebbe condannare. Si tratta di un pensiero totalitario che si vuole imporre a tutto e a tutti. Un pensiero, tra l’altro, incapace di ridere. Non vi ricorda il venerabile Jorge de Il Nome della Rosa?
Dio e Adamo bianchi, che scandalo!
Ma non basta. Non si censurano più solo il linguaggio e le opere d’arte del periodo coloniale. Si va indietro nel tempo, e si contesta la Cappella Sistina!
Robin DiAngelo, autrice del libro White Fragility, docente alla Washington University, qualifica «suprematista bianca» la Creazione dell’uomo di Michelangelo. Lo fa, oltre tutto, ripetutamente sbagliando a identificare Adamo come Davide: «Dio è bianco, Davide è bianco e gli angeli sono bianchi: questa è la perfetta convergenza della supremazia bianca e del patriarcato». Il capolavoro di Michelangelo diviene così la «Cappella Sistina razzista». E non dimentichiamo il patriarcato! Naturalmente, non le passa minimamente per la testa che un capolavoro realizzato nel Cinquecento italiano non poteva avere una interpretazione di stampo razziale e maschilista. Ci manca solo questo, adesso: che da qualche università venga suggerito di riverniciare in toni scuri l’opera di Michelangelo. Qualcuno sarebbe capace di farlo.
L’idea, a dir la verità, non sarebbe neppure nuova, anzi qualcuno aveva già fatto qualcosa del genere: per ovviare allo scandalo creato dalle nudità michelangiolesche, Pio IV aveva ordinato a Daniele da Volterra di coprire i nudi del Giudizio Universale. Ciò valse al pittore il soprannome di Braghettone, anche se bisogna riconoscere che la sua operazione impedì che l’opera di Michelangelo fosse totalmente distrutta.
Da parecchio tempo condanniamo l’opera censoria – e ne ridiamo – che snatura la versione originale dei capolavori: e adesso ci stiamo tornando, pur con una ideologia di segno opposto?