Finalmente è stata fatta giustizia a questa grande santa che ha risposto con l’ascolto e con la cura amorevole all’amicizia di Gesù: Maria di Betania. Le Chiese ortodosse, che hanno sempre distinto le due donne (Maria Maddalena e Maria di Betania), ricordano Maria di Betania il 18 marzo e Maria Maddalena il 22 luglio. Invece nella Chiesa occidentale la sua memoria era stata oscurata per secoli e secoli da quella della Maddalena, con cui Maria di Betania veniva confusa. Solo nell’edizione del Martirologio Romano promulgata da Giovanni Paolo II i tre santi fratelli, Lazzaro, Marta e Maria erano ricordati insieme il 29 luglio. Ma fino al 2020, nel Calendario Romano Generale, il 29 luglio figurava come memoria della sola Marta.
Nel 2021 Papa Francesco ha decretato che nel Calendario Romano Generale la memoria liturgica presente il 29 luglio venisse ridenominata “Santi Marta, Maria e Lazzaro”. Finalmente! È veramente bella questa festa di famiglia in cui tre fratelli figurano insieme come grandi santi…
La parte che Maria ha nei vangeli (la parte migliore, che non le sarà tolta)
In Luca
Marta e Maria (Luca 10,38-42)
«Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio; e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua.
Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola.
Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: “Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria.
Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta”».
Alcune osservazioni
È forse questo l’episodio più noto, che vede per protagoniste due sorelle, Marta e Maria. Tradizionalmente, Marta è stata assunta come modello di vita attiva, Maria di vita contemplativa. Direi invece che il modello rappresentato da Maria è ancora più forte, addirittura dirompente: Maria, che siede in ascolto ai piedi del Maestro, ha l’atteggiamento del discepolo (così facevano anche i discepoli dei rabbini), ed è ancor più significativo (ma perfettamente coerente con le scelte lucane) che il modello del discepolo sia una donna.
Si pensi che i rabbini non dovevano sprecare tempo ad insegnare ad una donna – che non aveva l’obbligo di studiare la Legge -, perché quel tempo sarebbe sottratto ad un discepolo uomo su cui gravava invece tale obbligo. Che qui il discepolato sia rappresentato da Maria costituisce una vera rottura con la cultura e con gli schemi religiosi dell’epoca.
Non c’è contrapposizione
Inoltre, la contrapposizione in realtà non esiste. Marta non viene rimproverata perché si dà da fare, ma perché si lascia distrarre dal suo “fare”. Il verbo usato, περισπáω perispao, alla forma passiva, indica un tirare intorno, uno strappare via, e metaforicamente un rivolgere altrove, distrarre, rimuovere. Marta per servire Gesù (diakonia: cosa buona, dunque) si lascia distogliere dalla parola di Gesù stesso, e questo non può essere. Gesù la riprende amichevolmente (il doppio appellativo è un benevolo richiamo che non rappresenta un rigetto, ma un gentile appello che stabilisce un rapporto con la persona) non per la sua attività ma per il suo attivismo: si dà pensiero di troppe cose, si crea problemi, si preoccupa, si distrae. Per servire la Parola, non presta attenzione alla Parola, non si lascia formare, la esegue in modo distratto, centrato su di sé…
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 103, 1-2.6)
Le parole di nostro Signore Gesù Cristo ci vogliono ricordare che esiste un unico traguardo al quale tendiamo, quando ci affatichiamo nelle svariate occupazioni di questo mondo. Vi tendiamo mentre siamo pellegrini e non ancora stabili; in cammino e non ancora nella patria; nel desiderio e non ancora nell’appagamento. Ma dobbiamo tendervi senza svogliatezza e senza intermissione, per poter giungere finalmente un giorno alla meta.
Marta e Maria erano due sorelle, non solo sul piano della natura, ma anche in quello della religione; tutte e due onoravano Dio, tutte e due servivano il Signore presente nella carne in perfetta armonia di sentimenti. Marta lo accolse come si sogliono accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il Salvatore come inferma, il Creatore come creatura; lo accolse per nutrirlo nel suo corpo mentre lei doveva nutrirsi con lo Spirito. Il Signore infatti volle prendere la forma dello schiavo ed essere nutrito in questa forma dai servi, per degnazione non per condizione. Infatti anche questa fu una degnazione, cioè offrirsi per essere nutrito: aveva un corpo in cui sentiva fame e sete.
Così dunque il Signore fu accolto come ospite, egli che «venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 11-12). Ha adottato dei servi e li ha resi fratelli, ha riscattato dei prigionieri e li ha costituiti coeredi. Tuttavia nessuno di voi osi esclamare: «Felici coloro che hanno meritato di ricevere Cristo in casa propria!». Non rammaricarti, non recriminare perché sei nato in un tempo in cui non puoi vedere il Signore nella carne. Egli non ti ha privato di questo onore, perché ha assicurato: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Del resto tu, Marta, sia detto con tua buona pace, tu, già benedetta per il tuo encomiabile servizio, come ricompensa domandi il riposo. Ora sei immersa in molteplici faccende, vuoi ristorare dei corpi mortali, sia pure di persone sante. Ma dimmi: Quando sarai giunta a quella patria, troverai il pellegrino da accogliere come ospite? Troverai l’affamato cui spezzare il pane? L’assetato al quale porgere da bere? L’ammalato da visitare? Il litigioso da ricondurre alla pace? Il morto da seppellire?
Lassù non vi sarà posto per tutto questo. E allora che cosa vi sarà? Ciò che ha scelto Maria: là saremo nutriti, non nutriremo. Perciò sarà completo e perfetto ciò che qui Maria ha scelto: da quella ricca mensa raccoglieva le briciole della parola del Signore. E volete proprio sapere quello che vi sarà lassù? Il Signore stesso afferma dei suoi servi: «In verità vi dico, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (Lc 12, 37).
Papa Francesco (Angelus 21 luglio 2013)
«Entrambe offrono accoglienza al Signore di passaggio, ma lo fanno in modo diverso. Maria si pone (…) in ascolto, Marta invece si lascia assorbire dalle cose da preparare, ed è così occupata da rivolgersi a Gesù dicendo: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”».
L’amorevole rimprovero di Gesù – «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una … sola c’è bisogno» – evidenzia come la donna fosse troppo assorbita e preoccupata dalle cose da fare. Ma quelli di Marta e Maria non sono «due atteggiamenti contrapposti», anzi «non vanno mai separati, ma vissuti in profonda unità e armonia», tanto che «in un cristiano, le opere di servizio e di carità non sono mai staccate dalla fonte principale… l’ascolto della Parola del Signore, lo stare – come Maria – ai piedi di Gesù».
«Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, il fratello in difficoltà, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire sé stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso».
Nel vangelo di Giovanni
L’unzione di Betania
Giovanni 12 1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2 E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3 Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento.
4 Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: 5 «Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». 6 Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7 Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8 I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9 Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10 I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, 11 perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
Il racconto della passione inizia qui, nella località di Betania, che in ebraico può significare “casa dei poveri” (“Beth” indica la casa, “anawin” sono gli oppressi, gli impoveriti, che vivono l’abbandono fiducioso in Dio). E inizia con un banchetto, un evento di comunione fra amici. Gli amici si comportano da par loro: Marta serve, naturalmente (e diakonéo è il verbo che esprime la diakonia, il servizio ecclesiale, quindi di carità). Affinché nessuno prendesse il risorto Lazzaro per un fantasma, egli si era messo a tavola con gli altri, convivialmente.
Lazzaro è testimone vivente che Gesù è resurrezione e vita, e Maria… Maria, al suo solito, si dedica esclusivamente a Gesù. Questa volta, spreca 300 denari di nardo preziosissimo per onorare Gesù ungendogli i piedi. È evidente il rimando al gesto del Gesù giovanneo che la sera prima di patire laverà i piedi ai discepoli, anche lui durante un banchetto, anche lui compiendo un gesto eccessivo e provocatorio.
Vi dico subito che il gesto di Maria (e anche quello, successivo, di Gesù) non è un gesto di cortesia. Agli ospiti si forniva l’acqua per lavarsi i piedi, cosa che facevano da soli, perché neppure ad uno schiavo ebreo il padrone poteva ordinare di lavare i piedi a qualcuno. Poteva essere, invece, un gesto di amore e di intimità che la sposa poteva fare per lo sposo, i figli potevano fare per il padre. Amore e intimità.
Ma c’è un altro aspetto. Non si lavavano né si ungevano i piedi ai vivi: si lavavano e si ungevano ai morti in vista della sepoltura. Il gesto anticipatore di Maria, e poi quello anticipatore di Gesù, è profezia della passione e morte del Signore. Gesù, lavando i piedi ai discepoli, lui che è Maestro e Signore, non dà solo esempio di umiltà e di servizio reciproco: li associa quasi sacramentalmente alla sua Passione.
La resurrezione di Lazzaro (Giovanni 11)
Nell’economia del IV Vangelo, la resurrezione di Lazzaro è il settimo ed ultimo segno dato da Gesù nella sua manifestazione ai discepoli prima della Passione. Lazzaro risorgerà sulla parola del Cristo, ma intanto Gesù piange con Maria, che è uscita incontro a lui solo dopo che la sorella l’ha chiamata. Anche in questo episodio si rispecchia il diverso carattere delle due sorelle, ma anche la loro comune fede in Gesù. Marta, che nell’episodio lucano aveva avuto bisogno di essere richiamata da Gesù, adesso è lei che si preoccupa di chiamare la sorella, anticipando la parola stessa del Signore: la intuisce. Ne ha fatta di strada…
E Lazzaro risorge, ma per poi rimorire: infatti, a differenza del Cristo risorto che abbandona nel sepolcro gli indumenti funebri, segno che la morte non lo può più trattenere, Lazzaro esce dal sepolcro ancora avvolto dalle bende e coperto da un sudario: la morte ancora lo afferra nelle sue grinfie, e solo la parola di Gesù lo potrà liberare da questi vincoli mortali. Restituito agli affetti familiari, ne sarà, non sappiamo quando, nuovamente strappato, ma con una sicurezza nuova: che Gesù è la resurrezione e la vita.
Scherziamo un poco?
Mi permetto di scherzare adattando al gran caldo una vignetta di don Giovanni Berti, sacerdote della diocesi di Verona ed umorista, che riesce a cogliere situazioni più o meno buffe che possono nascere nella vita di Chiesa e fanno anche riflettere. Anche le pagine del Vangelo sono per lui e per le persone che lo leggono fonte di ispirazione, non per banalizzare il messaggio che contengono, ma al contrario per cogliere la potenza di gioia che è nascosta nella storia di Gesù…
È stato attaccato più volte da siti tradizionalisti con il pretesto che le vignette non sono reali e che sono blasfeme perché dicono cose non vere di Gesù (appunto, nelle vignette le situazioni sono surreali, altrimenti non sarebbero vignette). Attenzione, però, a quelli che non sanno ridere: Dio ha un grande senso dell’umorismo (la Bibbia ne è piena), mentre è il diavolo che non sa ridere, tutt’al più fa delle smorfie. E, per rincarare la dose, guardatevi anche l’interpretazione – non irriverente – di Paolo Villaggio / Fantozzi nella scena «È morto lo zio Lazzaro!» QUI. Se non siete d’accordo, non guardatela.