Il Martirologio Romano registra al 22 febbraio, giorno della sua nascita al cielo, la memoria di Santa Margherita da Cortona, ricordata invece nel Calendario serafico il 16 maggio, giorno della sua canonizzazione.
Il Martirologio la menziona con queste parole: « A Cortona in Toscana, santa Margherita, che, fortemente scossa dalla morte del suo amante, lavò con una salutare vita di penitenza le macchie della sua giovinezza e, accolta nel Terz’Ordine di san Francesco, si ritirò nella mirabile contemplazione delle realtà celesti, ricolmata da Dio con superiori carismi». Questa, in sintesi, la vita di una persona che si fece santa nella preghiera e nelle opere di carità fraterna partendo da premesse travagliate. Una santa per certi aspetti molto moderna, nostra contemporanea.
Una vita familiare tormentata e la convivenza
Margherita era nata a Laviano nel 1247 ed era rimasta presto, a otto anni, orfana di madre. Maltrattata dalla matrigna, dura e anaffettiva, a 17 anni lasciò la casa paterna per seguire un giovane che le aveva fatto una promessa di nozze e visse con lui more uxorio (oggi si direbbe «andò a convivere») in un castello fra Umbria e Toscana. Questo giovane, che la tradizione chiama Arsenio, era ricco e nobile e probabilmente per questo non si volle mai unire con lei in matrimonio, benché da lei avesse anche avuto un figlio.
La santa e il cagnolino
Nel 1273 Arsenio, coinvolto nelle faide tra guelfi e ghibellini, fu ucciso durante una battuta di caccia. I suoi cani tornarono da soli al castello.
Uno di questi, però, cercò Margherita e iniziò a guaire, quasi supplicandola di seguirlo; secondo la tradizione, anzi, la afferrò per un lembo della veste e la condusse nel bosco di Petrignano dove giaceva il corpo del suo padrone. Per questo, nell’iconografia, Santa Margherita è sempre raffigurata insieme ad un cagnolino, che conducendola nello scenario che sembrava rappresentare la fine di tutto il suo mondo le indicò una strada nuova.
Preghiera e carità
Ripudiata dalla famiglia del compagno ed anche dalla propria, Margherita cercò un nuovo senso alla propria esistenza consigliandosi con i frati minori di Cortona; educò il figlio per poi affidarlo alle cure dei francescani di Arezzo presso i quali, in seguito, il ragazzo si fece frate; scelse di divenire terziaria francescana e si dedicò esclusivamente alla preghiera e alle opere di carità.
Né per questo, pur vivendo in solitudine, si isolò dal mondo: dapprima si impegnò come levatrice, poi dette vita ad una congregazione di terziarie, le Poverelle (oggi si chiamerebbero «volontarie»), rivelando anche spirito e capacità di organizzazione; nel 1278 fondò l’ospedale della Misericordia, coinvolgendo le famiglie nobili della zona, e formò una confraternita di dame che volevano dedicarsi alla cura dei poveri e dei malati, promuovendo persino l’assistenza gratuita a domicilio.
Fu anche partecipe della vita civica: donna dotata di grandi virtù mistiche ma anche di coraggio e di discernimento, fu ricercata per il suo consiglio ed ebbe modo di ricomporre le grandi tensioni dell’epoca, quelle fra guelfi e ghibellini, e tra Cortona e il vescovo di Arezzo.
Margherita da Cortona e il suo culto
Morì il 22 febbraio 1297 ed il suo corpo è conservato a Cortona, nella basilica sorta in suo onore all’indomani della sua morte.
Per una lettura di approfondimento: QUI.
Nel 1950 le è stato dedicato un film di Mario Bonnard, Margherita da Cortona; fra gli interpreti Maria Frau, Isa Pola, Mario Pisu e Tino Buazzelli. Il film completo QUI (con sottotitoli in spagnolo)…
Ma la storia di Santa Margherita da Cortona e del cagnolino non finisce qui.
Il cane di Santa Margherita e (San) don Orione
La figura del cane ha ispirato non solo l’iconografia della santa, che infatti è riconoscibile proprio per questo suo accompagnatore, ma anche un certo tipo di letteratura.
«Che mai vuol dir quel cagnolin gentile,
Margherita, ch’è tua delizia e cura?
ve’ che in suon mesto ei geme ad uom simile
e dà segni di duolo e di paura.
Sebben sia privo d’uman senso e stile,
pur come meglio puote ei t’assicura
(e freme e latra e par che prieghi umìle)
di qualche strana e più trista ventura.
E ben n’hai il cor al suo apparir presago,
il cor che palpitar ti senti in petto:
e tetra ti funesta orrida imago.
Poi che tornar chi del tuo amor è obietto
non vedi col fedel cagnolo e vago,
fiendonti l’alma rea tema e sospetto»
(Riportato da «Toscana Oggi», edizione di Arezzo, 10 maggio 2007).
(San) don Orione
Inoltre, a distanza di quasi sette secoli, il cane della santa avrebbe fatto una misteriosa ricomparsa, collegando tra loro due santi, Santa Margherita e don Orione.
A Cortona, la chiesa di San Benedetto con i suoi annessi era stata donata dalla vedova dell’ultimo proprietario, Giuseppe Salvetti, a don Luigi Orione e alla sua «Piccola opera della Divina Provvidenza». Secondo la testimonianza della medesima signora, don Orione, in una sua visita a Cortona negli anni Trenta, era arrivato a tarda notte alla stazione di Camucia, e non riusciva a raccapezzarsi per trovare la strada da fare. Si rivolse allora a Santa Margherita – fra santi ci si intende – e improvvisamente si trovò davanti un cagnolino. Si risolse a seguirlo e questo lo condusse alla casa in cui si attendeva la sua presenza. Giunto qui, il cane si sedette come in attesa di qualcosa. Don Orione tracciò sul cane il segno della croce ed esso repentinamente scomparve.
San Giovanni Bosco e il Grigio
Leggende, aneddoti? o c’è veramente un rapporto speciale fra la santità umana e gli animali? Sicuramente don Bosco, il santo sacerdote piemontese che si prendeva tanta cura dei giovani, ha avuto anche un rapporto di amicizia con i cani, ma particolarmente con un grosso pastore tedesco che chiamava Grigio, e che nei suoi riguardi si era assunto il compito di angelo custode. Lo salvò più di una volta…
Storia del Grigio
Il Grigio era apparso nella vita di don Bosco una sera del 1852, in un momento di grande pericolo: don Bosco stava per essere vittima di una imboscata, quando a difenderlo dall’aggressore si lanciò un grosso cane. Il delinquente fuggì, mentre Don Bosco accarezzava con gratitudine il suo nuovo amico. Il cane mostrò la sua gioia e lo accompagnò fino all’oratorio; poi scomparve.
Don Bosco stava svolgendo per i ragazzi di strada un’opera rivoluzionaria, sottraendoli all’abbandono e allo sfruttamento del lavoro minorile col dare loro una casa, un’educazione e un lavoro adatto alle loro possibilità. Quest’opera gli valse una grande ostilità da parte di certi ambienti, e più volte si cercò di attentare alla sua vita: fu sempre il Grigio a trarlo dall’impiccio. In una notte del novembre 1854, due uomini lo aggredirono e lo avvilupparono in un mantello. A quel punto comparve il Grigio, che gettò a terra uno degli uomini e saltò alla gola dell’altro. Gli aggressori, terrorizzati, pregarono don Bosco di trattenere il cane, così il santo richiamò l’animale, e si mise in salvo. Un’altra volta, un’intera banda aveva circondato il sacerdote, quando il Grigio lo raggiunse e girandogli intorno mostrava i denti ai delinquenti ringhiando. Questi, terrorizzati, ad uno ad uno si ritirarono.
Quando l’animale mise piede per la prima volta nell’oratorio, alcuni giovani, spaventati, cercarono di cacciarlo, ma vi rinunciarono quando seppero che era il cane di don Bosco. Nessuno lo vide mai mangiare o bere, benché i ragazzi gli avessero spesso offerto dei pezzi di carne.
Un aneddoto e un quadro
Una sera, la madre di don Bosco cercò di persuadere il figlio a rimanere in casa, ma don Bosco era deciso a uscire. Dove non riuscì la madre, riuscì il Grigio: sdraiato davanti alla porta, rifiutò di accompagnare il Santo ma anche di spostarsi e di lasciarsi scavalcare. Mamma Margherita commentò: «Se non vuoi ascoltare me, ascolta almeno il cane, che ha più ragione di te». Davanti alla tenacia del cane, don Bosco si rassegnò. Per fortuna; perché dopo mezz’ora venne un vicino a supplicarlo di non uscire, avendo saputo che si preparava una nuova aggressione con l’intenzione di assassinarlo. A Valdocco, rione di Torino, nella vecchia casa di don Bosco, un grande quadro raffigura il Grigio in atto di bloccare il santo, mentre Mamma Margherita, indicando il cane, chiede al figlio di ascoltarlo.
Un cane o un angelo?
Don Bosco raccontava: «L’ultima volta che vidi il Grigio fu nel 1866, quando andavo da Murialdo a Moncucco, a casa di Luigi Moglia, un mio amico… In quel momento il Grigio giurise correndo nella mia direzione, con grandi manifestazioni di allegria, e mi accompagnò per il tratto di strada che ancora dovevo percorrere, circa tre chilometri. Giunto a casa dell’amico, conversai con tutta la famiglia e andammo a cenare, rimanendo il mio compagno a riposare in un angolo della sala. Terminato il pasto, l’amico disse: – Andiamo a dar da mangiare al tuo cane». Il cane, però, era misteriosamente sparito.
Un aneddoto lo fa ricomparire nel 1883, quando il sacerdote si era smarrito, ed il cane lo accompagnò sulla strada giusta, fin sulla soglia della casa. Quando gli si facevano domande sull’animale che si era autonominato suo custode e protettore, Don Bosco rispondeva: «Dire che era un angelo farebbe ridere. Ma non si può dire che fosse un cane come gli altri».
Anche alcune salesiane dissero di essere state protette dal Grigio, nel 1893 mentre due di loro tornavano da Assisi a Cannara, nel 1930 a Barranquilla, in Colombia, e tra il 1898 e il 1900 in Francia, alla Navarre, mentre alcune suore si recavano nel bosco per la raccolta delle castagne. Cane o angelo in veste canina, dunque?