Madre Teresa di Calcutta, santa (5 settembre)

Madre Teresa nel 1986. Di Túrelio, CC BY-SA 2.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2246938

Madre Teresa di Calcutta: un personaggio, nostro contemporaneo, noto in tutto il mondo.

«Continueremo a chiamarla Madre». Così papa Francesco espresse i sentimenti di tutti nell’omelia della S. Messa della canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta: «Santa», ma sempre «Madre» per noi tutti. Dal 2016 è dichiarata santa. Tuttavia, come in altri casi di santi odierni, viene da chiamarla familiarmente, come la chiamavamo in vita, Madre Teresa, anziché Santa Teresa di Calcutta. Proprio per questa familiarità, per questa appartenenza al nostro tempo, è così difficile parlarne: troppe cose ci sarebbero da dire. Era alta poco più di un metro e mezzo, e per l’età si era incurvata molto, eppure spiritualmente questa piccola donna era un gigante.

La vita

Anjeza Gonxhe Bojaxhiu (26 agosto 1910 – 5 settembre 1997), in religione Madre Teresa: di origine albanese, entrò giovanissima nell’ordine delle Suore di Loreto, e nel 1929 venne inviata in India, dove fu assegnata all’insegnamento. Insegnava a Calcutta in un collegio di lusso per fanciulle benestanti, difeso all’esterno da un efficiente muro di cinta che proteggeva docenti ed alunne dal mondo di povertà che si trovava fuori, in uno degli slum più abietti della megalopoli indiana.

Teresa, chiusa fra quelle pareti, non conosceva questa faccia dell’India. La svolta avvenne il 10 settembre 1946, mentre era in treno diretta a Darjeeling per gli esercizi spirituali. Prese coscienza della condizione dei poveri ed avvertì una sorta di seconda vocazione. Una frase le martellò la testa per tutto il viaggio, il grido di Gesù in croce: «Ho sete!». Fu questa per lei la rivelazione di dover lasciare il convento per andare a servire Gesù nei più poveri dei poveri.

Colpita profondamente dalle misere condizioni della popolazione di Calcutta, il 18 agosto 1948, con l’autorizzazione della Santa Sede, Teresa lasciò la sua congregazione per fondarne una nuova. Compì un periodo di tre mesi di formazione presso le Suore medico missionarie per apprendere le tecniche infermieristiche. Il 19 marzo 1949 si unì a lei la prima compagna. La fondazione delle Missionarie della Carità, a servizio dei più poveri fra i poveri, venne eretta in congregazione religiosa di diritto diocesano dall’arcivescovo di Calcutta nel 1950. Ricevette l’approvazione pontificia il 1º febbraio 1965.

Gli inizi

In quegli anni Madre Teresa fece costruire dapprima la Casa Kalighat per i morenti (o Nirmal Hriday, Casa dei «Puri di cuore») che offriva ai malati incurabili rifiutati dagli ospedali un posto dove morire con dignità secondo i riti della propria fede. Le suore allestirono l’istituto in un ex ostello di pellegrini della dea Kalì, messo a disposizione dal Comune.

Di lì a poco nacquero anche una struttura per i bambini abbandonati e il grande lebbrosario Shanti Nagar («Città della pace»). Il governo donò il terreno, mentre i primi lotti furono pagati indirettamente da Paolo VI che in visita a Bombay rimase stupefatto dell’opera di Madre Teresa e le donò la cabriolet fornitagli per i suoi spostamenti. Subito Madre Teresa mise all’asta la vettura, investendo il ricavato della vendita nella nuova struttura assistenziale.

Una fama mondiale

In quei primi anni l’opera di Madre Teresa rimase confinata nei bassifondi di Calcutta. Ma nel 1969 il giornalista britannico Malcom Muggeridge girò il documentario Qualcosa di bello per Dio sull’attività delle missionarie.  Ripreso in pessime condizioni di luce, il materiale fu giudicato a priori inutilizzabile, ma in sede di montaggio si rivelò sorprendentemente nitido. Alcuni della troupe ne attribuirono il merito ad un nuovo tipo di pellicola della Kodak, ma Muggeridge, che più tardi si sarebbe convertito al cattolicesimo, parlò apertamente di miracolo.

Il filmato fece il giro del mondo e la fama dell’opera di Madre Teresa crebbe. Le iniziali dodici Missionarie della Carità diventarono migliaia, e dal tronco primitivo della congregazione nacquero un ramo maschile, uno contemplativo e due associazioni di collaboratori laici, diffondendosi su quattro continenti con orfanotrofi, strutture di assistenza ai malati di Aids, centri per i senzatetto, i profughi, gli alluvionati.

Madre Teresa fu presente nel 1982 durante l’assedio di Beirut, in Libano, dove costrinse israeliani e palestinesi a un cessate-il-fuoco che salvò la vita ai piccoli pazienti di un ospedale che si trovava in prima linea. Prestò la sua opera dopo lo scoppio della centrale nucleare di  Chernobyl, poi nell’Etiopia afflitta dalla carestia, tra i terremotati dell’Armenia…

L’aneddotica

A Madre Teresa sono stati attribuiti aneddoti e frasi che la santa, magari, non si è neppure sognata di aver detto. Commentava: «La gente che scrive su di me sa sul mio conto più di quanto ne sappia io stessa». Quindi, attenti a quello che trovate su internet, perché la Madre, come dicono le sue suore, in realtà ha scritto pochissimo; perciò prendete tutto con beneficio di inventario, a meno che non lo troviate su di un libro che porta il suo nome come autrice. Io qui do un saggio di quanto pare aver detto.

Alcune persone andarono a trovarla a Calcutta e, prima di partire, la pregarono: «Ci dica qualcosa che ci aiuti a vivere meglio» . Ella rispose:
«Sorridete gli uni agli altri; sorridete a vostra moglie, a vostro marito, ai vostri figli, sorridetevi a vicenda; poco importa chi sia quello a cui sorridete; questo vi aiuterà a vivere meglio e a crescere nell’amore reciproco».
Allora uno di quelli le domandò: «Scusi, lei è sposata?».
«Sì – rispose -, e qualche volta trovo difficile sorridere a Lui».

Una volta un giornalista americano vedendo Madre Teresa che accudiva un lebbroso disse: «Non farei quel lavoro neppure per un milione di dollari!». E lei rispose: «Neppure io…».

Il Nobel

Nel 1979 Madre Teresa vinse, per la sua opera umanitaria, il premio Nobel per la pace. Il video QUI.

Un’avvertenza: la preghiera citata nel video, attribuita a San Francesco, in realtà è un’orazione che si è legata al nome del santo assistiate solo perché stampata per la prima volta nel 1912 sul retro di un’immaginetta del santo.

La notte oscura dell’anima

Madre Teresa ha avuto una vita difficile per il suo ininterrotto impegno a favore dei poveri. Ma ha anche provato l’esperienza dell’aridità spirituale fino all’incredulità, come attestato dalle sue lettere, pubblicate postume. In una di queste lettere scriveva di non sentire «la presenza di Dio né nel suo cuore né nell’Eucaristia». Al suo direttore spirituale confidava:

«Gesù ha un amore molto speciale per te. Ma per me, il silenzio e il vuoto è così grande che io Lo cerco e non Lo trovo, provo ad ascoltarLo e non Lo sento».

Giunse ad affermare: «Nella mia anima sperimento proprio quella terribile sofferenza dell’assenza di Dio, che Dio non mi voglia, che Dio non sia Dio, che Dio non esista veramente».

Questo stato accompagnò la seconda metà della sua vita, ma così lo visse Madre Teresa: «Ho cominciato ad amare le mie tenebre perché credo che siano una parte, una piccola parte delle tenebre di Gesù e della Sua pena sulla terra».

Madre Teresa muore il 5 settembre 1997 e le vengono tributati i funerali di stato, onore che era stato riservato prima di allora a Gandhi e a Nehru.

Il 19 ottobre 2003 è stata proclamata beata da papa Giovanni Paolo II e canonizzata il 4 settembre 2016 da papa Francesco.

Le polemiche

Addolora vedere come sul conto di una figura così bella e trasparente di abnegazione e di santità si siano riversate critiche riguardanti presunti doppi fini di Madre Teresa e delle sue suore. Sono state accusate, senza prova alcuna, di manipolazione dei malati per convertirli al cristianesimo; di gestione fraudolenta delle offerte (delle quali neppure un centesimo andava a Madre Teresa o alle religiose); di uso di trattamenti medici scadenti; fino a culminare nell’accusa mossa dal giornalista britannico Christopher Hitchens: «Madre Teresa era meno interessata ad aiutare i poveri di quanto lo era nello sfruttare quella situazione di immenso squallore per diffondere il suo credo da fondamentalista cattolica».

Ovviamente, nelle condizioni disperate in cui Madre Teresa agiva, il suo carisma particolare non era quello di gestire ospedali ma quello di donare condizioni dignitose ed amore a coloro che senza di lei avrebbero potuto solo morire per strada. Ma è assolutamente falso che abbia rifiutato o trascurato le cure mediche per le persone curabili o le cure palliative per i malati terminali. 

Sotto accusa, naturalmente, anche la sua condanna dell’aborto, della contraccezione e del divorzio, oltre alla visione cristiano-cattolica, definita dogmatica, della vita. Del tutto paradossale l’accusa di alcuni critici secondo cui la commissione vaticana che ne stava valutando la santità per la canonizzazione non aveva adeguatamente considerato la sua ferma posizione contro l’aborto, la contraccezione e il divorzio:  ovviamente il suo rigore, in quella sede, era uno dei punti a suo favore e non a suo svantaggio.

Tra le affermazioni di Christopher Hitchens, quella secondo cui Madre Teresa avrebbe donato il suo cuore alla grande Albania. Con questo commento: «una causa a cui un tempo sorridevano Papa Pio IX e il suo amico Benito Mussolini». Certo, una fonte molto attendibile quella secondo cui Pio IX era amico di Benito Mussolini. Pio IX era morto nel 1878, e Mussolini era nato solo nel 1883. Ma perché preoccuparsi di queste minuzie, quando è tanto più comodo inventarsi tutto?

Di fronte alle assurdità dette di Madre Teresa, ed anche alle assurdità che possono essere dette di chiunque, ed anche di noi, Madre Teresa aveva questa buona ricetta:

«Se qualcuno ti critica, prima chiediti, è giusto? E se ha ragione, scusati e cambia, e il problema è risolto. Se non ha ragione, chiarisci e correggi, ma se non funziona, prendi con entrambe le mani le accuse ingiuste e offrile a Gesù unitamente alla sua sofferenza, perché è stato calunniato da tutte le parti».

Vi propongo la miniserie Rai con Olivia Hussey sulla vita di Madre Teresa: QUI.

Le fondazioni di Madre Teresa

«I thirst» (ho sete), è scritto sul crocifisso della Casa Madre e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. Questa frase, il grido dolente di Gesù sulla croce che le era riecheggiato nel cuore la sera della sua «seconda chiamata», costituisce la chiave della spiritualità di Mare Teresa e di quanti l’hanno seguita.

La Madonna è detta la prima Missionaria della Carità a motivo della sua visita a Elisabetta, per la sua carità nel servizio all’anziana cugina bisognosa di aiuto. In aggiunta ai tre usuali voti di povertà, castità e obbedienza, ogni Missionaria della Carità ne fa un quarto di «dedito e gratuito servizio ai più poveri tra i poveri», riconoscendo in Maria l’icona del servizio reso di tutto cuore, della più autentica carità.

I Missionari della Carità (perché alla congregazione femminile se ne sono aggiunte altre) sono composti da quattro congregazioni religiose:

  • Missionarie della carità, congregazione femminile che comprende il ramo attivo (fondato nel 1950) e il ramo contemplativo (fondato nel 1976);
  • Fratelli missionari della carità di vita attiva, fondati nel 1963;
  • Fratelli missionari della carità di vita contemplativa, fondati nel 1979;
  • Padri missionari della carità, fondati nel 1984.

Rientrano inoltre tra i missionari anche due movimenti ispirati al carisma di Madre Teresa:

  • Laici missionari della carità, per  laici sia celibi che coniugati, che operano in 50 paesi del mondo;
  • Movimento Corpus Christi, per  sacerdoti, fondato nel 1991.

Oggi le congregazioni di Madre Teresa sono presenti in tutti e cinque i  continenti e si dedicano alle più necessarie forme di assistenza: tossicodipendenti, poveri, alcolisti, malati di Aids, lebbra, malaria, orfani, anziani soli, infermi.

Le missionarie ed i missionari furono oggetto di critiche da parte del  clero  indù preoccupato per un possibile proselitismo e da parte degli occidentali che li accusavano di mero assistenzialismo.

Le Missionarie della Carità

Le Missionarie della carità vestono un sari bianco, cioè l’abito tipico delle donne indiane. Il bianco, al contrario che nei popoli occidentali, è in Oriente il colore del lutto. Il sari delle suore di Calcutta è l’abito delle vedove più povere, a cui Madre Teresa aggiunse delle strisce azzurre. Il colore azzurro fu scelto in omaggio alla Vergine Maria; sulla spalla sinistra dell’abito è cucita una piccola croce. Hanno comunità in numerosi paesi d’Europa, Africa, Asia, Oceania e Americhe. Al 31 dicembre 2008 contavano 5.194 religiose in 762 case.

I rami maschili

I Padri Missionari della Carità indossano pantaloni e camicia di colore grigio, e una piccola croce metallica sulla spalla sinistra. I Fratelli di vita contemplativa indossano una tunica grigia, e portano anch’essi una piccola croce cucita sulla spalla sinistra. I Fratelli di vita attiva, invece, non hanno un abito particolare, e si riconoscono soltanto per la piccola croce che portano anch’essi sulla spalla sinistra. Nel 2010 erano 377 i fratelli attivi che servivano in 68 case in 21 paesi. 

Madre Teresa nella diocesi di Massa Marittima – Piombino

All’isola carceraria di Pianosa (1986)

Il 17 maggio 1986 Madre Teresa visita Pianosa per incontrare i detenuti.

A Massa Marittima (1991)

Nel 1991, sempre nel mese di maggio, Madre Teresa torna in diocesi, invitata dal vescovo mons. Angelo Comastri. Prima viene accolta a Massa Marittima.

A Portoferraio (1991)

Si reca poi all’isola d’Elba. Ma la memoria della diocesi non è limitata al ricordo di queste occasioni di vari anni fa. È una memoria viva: visitando la diocesi, Madre Teresa comunicò al vescovo Comastri la sua intenzione di fondare in Piombino una comunità di vita contemplativa. Tale comunità è stata fondata nella chiesina del Desco e ogni giorno prega indefessamente per tutti.

Le suore di vita contemplativa

Foto di Marco Novara

Le suore contemplative, fatta eccezione di due ore in cui si dedicano al servizio delle persone sole e malate, sostengono le altre suore con la preghiera; a questo ramo appartengono le suore presenti a Piombino nella chiesetta del Desco. In una intervista da me curata per il settimanale «Toscana Oggi» (11 maggio 2014) le suore di Piombino raccontavano:

«La nostra congregazione è nata per estendere il Regno del Cuore Immacolato di Maria fra i poveri, come chiesto dalla Vergine a Fatima. Ed è proprio in una Sua festa, l’11 febbraio 1992, che è nata la nostra prima fondazione contemplativa in Europa. Era il dono di Madre Teresa al Vescovo Comastri che desiderava avere nella Diocesi questo tipo di spiritualità.

Fin dall’inizio abbiamo sperimentato la generosità degli abitanti di Piombino che ancora oggi si prodigano per le varie necessità. La santità delle famiglie e dei sacerdoti, nonché il sostegno spirituale alle nostre consorelle attive, sono le consegne che ci ha dato la nostra cara Madre. Come Missionarie della Carità Contemplative ci prendiamo principalmente cura delle necessità spirituali dei più poveri dei poveri, senza trascurare i loro bisogni materiali. Quello che le nostre sorelle del ramo attivo fanno ai poveri per mezzo dell’azione, noi lo facciamo per mezzo della preghiera, della contemplazione, del sacrificio e della proclamazione della Parola di Dio.

La nostra presenza diretta e personale tra i più poveri dei poveri è limitata a due o tre ore al giorno durante le quali condividiamo la nostra esperienza di fede e di preghiera con le persone che il Signore ci fa incontrare, in prevalenza sono anziane e sole. La nostra madre aveva ben compreso che la più grande povertà del nostro tempo è la solitudine. Dopo una vita, spesso vissuta lontano da Dio, il «tramonto» è il momento più prezioso per aprirsi al Suo amore e alla Sua misericordia.

Anche la malattia può favorire una crescita nella fede e, con il sostegno della preghiera e una parola di speranza, il peso della croce diventa più sopportabile. L’incontro in ospedale si trasforma spesso in una «porta aperta» nelle famiglie. Ricordando una famosa frase di Madre Teresa: “ciò che facciamo è solo una goccia, ma se quella goccia mancasse il mare avrebbe una goccia in meno”».