Madre Elisabetta Maria Hesselblad, nata nel 1870, era la Madre Superiora del Monastero dell’Ordine del Salvatore di Santa Brigida in Piazza Farnese a Roma:una personalità carismatica.
Nata in una famiglia di fede luterana, Elisabetta si era convertita al cattolicesimo a 32 anni. Si era poi ammalata di un morbo giudicato incurabile e nel 1904 aveva espresso il desiderio di trascorrere i suoi ultimi giorni nella casa romana dove aveva abitato la sua connazionale santa Brigida. Il papa Pio X glielo concesse e le permise di vestire l’abito brigidino ritirandosi fra le monache carmelitane che a quell’epoca abitavano nel palazzo. Invece Elisabetta guarì e fondò una nuova congregazione, le suore dell’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida. Morì nel 1957 e fu canonizzata nel 2016 da papa Francesco.
Madre Elisabetta e gli ebrei
In quel monastero da lei fondato, Madre Elisabetta Hesselblad offrì rifugio a tredici membri delle famiglie Piperno – Sed, tra le più note della comunità ebraica romana, dal dicembre 1943 fino al 4 giugno 1944, quando Roma fu liberata.
Dopo l’occupazione tedesca dell’Italia, l’8 settembre 1943, la famiglia Piperno – Sed, tredici persone in tutto, avevano lasciato la capitale e si trovavano nelle campagne senesi. Erano assenti da Roma il 16 ottobre 1943 quando i tedeschi rastrellarono gli ebrei per deportarli ad Auschwitz.
Tuttavia, dopo diverse settimane di assenza, decisero di tornare a Roma, sperando di trovarvi un posto dove nascondersi. Qualcuno consigliò loro il Monastero del Salvatore di Santa Brigida in Piazza Farnese. Le suore li accolsero, e li accettarono con ancora maggior affetto, cura e rispetto quando conobbero le loro identità di ebrei ricercati. I primi membri della famiglia vi si trasferirono il 5 dicembre, gli altri pochi giorni dopo. Madre Elisabetta Maria Hesselblad corse grandi rischi nel salvarli e nell’aiutare altre persone in stato di bisogno. Oltre alle due famiglie ebraiche, nascose anche un artista e un ufficiale di Marina, ed altri, per un totale di 20 persone. Usava i suoi contatti per avere più cibo, vestiti e altre cose necessarie.
Gli ebrei rimasero stupiti quando madre Elisabetta disse loro che avrebbero dovuto seguire le proprie tradizioni religiose. Uno di loro, Piero Piperno, commentò in una intervista concessa ad Aleteia:
«Madre Elisabetta esortava tutto il gruppo a continuare le pratiche religiose ed a rispettare Dio secondo la nostra fede. Ricordo il grande rispetto che ella ha avuto nei nostri riguardi in questo contesto senza mai volerci influenzare per lasciare la nostra fede né farci pesare che ci trovavamo in un ambiente di religione cattolica. Era difficile che a quel tempo un rappresentante della Chiesa si esprimesse in questo modo. Sempre sorgono dei profeti e madre Elisabetta lo fu, anticipando ciò che sarebbe venuto. Ci ha salvato la vita ma soprattutto, in quei tempi oscuri, ha ridato dignità alla nostra religione».
Madre Elisabetta Hesselblad invitava i suoi ospiti ebrei a recitare le loro preghiere e a mantenere i costumi propri del loro popolo ed autorizzò persino il funzionamento di una sinagoga temporanea dentro il convento. Non si servì mai della sua posizione per esercitare pressioni e cercare la conversione dei suoi ospiti. Del resto, fa parte del carisma della Congregazione l’impegno ecumenico e il dialogo ebraico-cristiano.
Casa di Vita
Madre Elisabetta sapeva bene che sia lei che le religiose della comunità che aveva fondato rischiavano la vita, nel caso in cui le SS tedesche avessero scoperto che proteggevano degli ebrei. Madre Maria Elisabetta Hesselblad e madre Riccarda Beauchamp Hambrough, l’altra monaca che era al corrente dell’identità dei Piperno – Sed, nel momento peggiore innalzarono sul convento la bandiera di Svezia, Paese neutrale. Questo non impedì i tentativi di incursione.
Una volta Madre Elisabetta rifiutò di far entrare un ufficiale tedesco che voleva ispezionare il convento. Questi ribatté che doveva eseguire gli ordini ricevuti. La superiora delle Brigidine gli rispose che come lui doveva far rispettare gli ordini militari, così lei aveva l’obbligo di mettere in pratica le sue leggi, cioè quelle del Vangelo, come se fosse un generale (testimonianza di suor Stanislaa Lucareska, il 10-9-1997 a Irene Fornari, riportata nella sua tesi di laurea). Anche un ufficiale tedesco deve aver tremato di fronte a una Madre Generale svedese che dichiarava di dover eseguire gli ordini del Vangelo!
La fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida è stata riconosciuta «Giusta tra le Nazioni» dallo Yad Vashem di Gerusalemme nel 2004. Il 15 gennaio 2015 la Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg ha dichiarato il suo convento «Casa di Vita». In quell’occasione, la madre generale Tecla Famiglietti disse ai testimoni sopravvissuti di quell’epoca, per farli sentire a proprio agio: «Questa è la tua casa». «Questa era la mia casa», rispose Piero Piperno, ripensando ai suoi 15 anni, l’età in cui fu accolto in essa.
Madre Elisabetta è stata canonizzata nel 2016.